Vero o falso?

L’importanza di discernere fra le notizie che ci bombardano nei giorni di pandemia
/ 13.04.2020
di Maria Grazia Buletti

Le indicazioni che le autorità ci chiedono di seguire confermano la pericolosità di questo virus. Abbiamo scoperto termini come anticorpi, infettivologo, virologo, respiratori, picco, zoonosi e via dicendo, familiarizzando con mascherine, guanti e disinfettanti fino a oggi ad appannaggio dei presidi ospedalieri che pure abbiamo imparato a conoscere nel loro cuore operativo. Siamo sommersi di notizie da ogni dove. Monotematiche: il coronavirus ha catalizzato tutta la nostra attenzione.

Abbiamo capito la criticità della situazione. Ora ci chiediamo dove sia la soglia fra l’offerta di notizie accurate (credibili, trasparenti e accessibili a tutti) e il bombardamento continuo di quelle «notizie» sul virus che spesso provengono da fonti diverse da quelle ufficiali. Ciò crea inevitabilmente confusione e ansia fra la popolazione già più fragile a causa di questo difficile momento. Esiste un limite all’eccesso di informazione, non sempre filtrata a dovere, e non fa bene a nessuno.

«Come consumatori di notizie, dovremmo resistere all’ossessione di sapere quale sia l’ultimo caso, l’ultima notizia dell’ultima ora; i dati statistici di per sé non hanno senso se non con un’interpretazione nel tempo da parte di chi ne ha le competenze. Concentriamoci sull’informazione ufficiale, prestando attenzione al problema e mettendo in pratica scrupolosamente le poche efficaci e importanti indicazioni che ormai tutti conosciamo, ma abbiamo bisogno anche di altre cose», dice il dottor Christian Garzoni, infettivologo e direttore sanitario della Clinica Luganese di Moncucco oggi in prima linea nella lotta al Covid-19. Abbiamo bisogno di storie che non riguardino esclusivamente il coronavirus per il quale lo specialista ribadisce l’invito di cercare le informazioni «da fonti e commentatori oggettivi» perché: «Malgrado si possa passare ore a informarsi, le vere novità sono poche e sono note. Ignoriamo i commenti più o meno allarmisti, ipotetici, di improbabili scoperte di farmaci miracolosi ma ben lungi dall’essere disponibili». Sarà una lunga maratona: «Oggi tutti parlano di picco che in realtà è solo l’apice dell’aumento dei casi diagnosticati in un giorno. Lo abbiamo aspettato perché significa solo che quando i nuovi casi cominciano a diminuire, i contagi si abbassano e le persone ammalate pure», ammonisce Garzoni invitando a non abbassare la guardia: «Dopo la discesa dei casi, ci saranno delle aperture parziali e controllate, e ci aspettiamo nuove risalite. Il virus non potrà essere eradicato dalla terra, la specie umana dovrà perciò trovare delle strategie di convivenza. Nei mesi futuri prevediamo quindi delle fasi di apertura modulata e susseguenti fluttuazioni». Allora: «Il virus circolerà, le persone continueranno ad ammalarsi, ma il loro numero sarà tenuto basso grazie alle misure di chiusure che saranno valutate in questi giorni e adattate nel prosieguo».

Una riapertura generale non sarà quindi possibile a tempi brevi e le persone si ammaleranno ancora: «Però in modo che gli ospedali saranno in grado di curarle: durerà qualche mese e dovremo cominciare a riflettere sul dopo». Allora, potremo riprendere solo molto gradualmente le nostre abitudini, tenendo conto del cambiamento culturale importante che conseguirà: «Dovremo rivalutare le nostre distanze sociali: cambieranno dagli abituali 30 centimetri a un metro, staremo insieme in gruppi più piccoli di persone, non daremo la mano sempre a tutti, il saluto dei “tre bacini” dovrà essere accantonato», Garzoni porta ad esempio il Giappone: «Lì si ammalano di meno perché già tra amici tengono una grande distanza sociale». Con lui ci facciamo portavoce di alcune smentite su improbabili notizie e pregiudizi circolanti al momento, a cominciare dall’atteggiamento di alcuni giovani e giovani adulti che si sentono, pericolosamente a torto, immuni e un po’ spavaldi: «È vero che i giovani tendono ad ammalarsi di meno, ma in Cure intense abbiamo avuto al respiratore anche persone con meno di 30 anni. Invito i giovani a riflettere sull’assenza di rispetto che un loro atteggiamento sottovalutante produce: l’assenza di coscienza sociale è egoistica e anche i giovani non sono comunque immuni al cento per cento a questo virus».

A livello mondiale si dice che non c’è una produzione sufficiente di guanti e mascherine: «La distanza sociale è sufficiente per le persone sane. La coscienza sociale impone che la mascherina debba essere lasciata al personale sanitario e ai malati. Inoltre, quando una persona sana la indossa, tende a rispettare meno la distanza sociale, quando anche una persona in buona salute deve mettersi in condizione di non entrare in contatto con gli altri e in questi giorni di chiusura deve restare al suo domicilio».

Sulle credenze di grappa, succo d’arancia e bicarbonato come miracolosi rimedi antivirus: «Restano importanti gli universali principi di una vita sana, nessuna di queste misure ha dato prova particolare di efficacia né contro questo virus né contro quelli influenzali». Su voci più serie circa la ricerca e la sperimentazione su persone puntualizza: «Oggi non c’è alcun farmaco registrato e in vendita attivo contro questo virus. Alcuni farmaci hanno dato prova della loro efficacia in laboratorio, ci sono studi discordanti sulla reale efficacia di altri e l’unico ora usato nell’ambito di studi clinici o di cura compassionevole è di norma usato per le malattie autoimmuni». Anche su ciò lasciamo ai medici il timone della situazione. Garzoni sconfessa categoricamente voci e timori di un triage già in atto nei nostri ospedali: «Questa malattia può avere un altissimo grado di mortalità; nelle Direttive dell’Accademia svizzera delle scienze mediche si ribadisce che bisogna dare a tutti le eque chances di accesso alle cure, considerando anche la probabilità di guarigione. Esse non precludono a nessuno l’accesso alle cure, ma aiutano i medici a trovare per ciascuna persona il corretto tetto curativo massimo, evitando l’accanimento terapeutico».

Ci mancherebbe che, bisognosi di altre cure mediche o interventi non procrastinabili, non si possa accedere serenamente agli ospedali: «Ma certo che curiamo tutti! Ad esempio, sia a Locarno che Moncucco abbiamo annullato il programma operatorio elettivo, trasformando le sale in letti di cure intensive, salvo una sala operatoria a disposizione per gli interventi necessari che si svolgono in tutta sicurezza». Sulla sopravvivenza del virus sulle superfici lo stesso mantra: «Tutta teoria; vale la regola dell’igiene corretta e il frequente lavaggio delle mani. Rispettandole, sappiamo che in casa non c’è il virus e non dobbiamo compulsivamente disinfettare l’ambiente».

Seguiamo l’invito di Garzoni, affinché Homo homini virus: l’uomo non diventi il virus di se stesso.