Quanto spazio ha bisogno la mobilità? Cioè quanto territorio si deve dedicare a strade, ferrovie, ciclopiste? La domanda non è oziosa, anche da noi gestire su un territorio circoscritto, soprattutto nelle città e negli agglomerati, i bisogni della residenza, degli impianti produttivi, delle infrastrutture di servizio, delle aree agricole, degli spazi ricreativi di prossimità e delle superfici per mantenere la biodiversità è divenuto un rompicapo. Emblematica è, ad esempio, la discussione sulle velocità: 20, 30 oppure 50 km/h da assegnare ai vari tratti della rete stradale. Essa in realtà riflette lo scontro tra i diversi utenti (abitanti, pedoni, ciclisti, automobilisti, utenti dei trasporti pubblici) per disporre di un proprio spazio vitale.
Ogni attività, mobilità compresa, e ogni funzione reclama un proprio spazio di pertinenza. A partire dal secondo dopoguerra la mobilità è cresciuta costantemente e accanto ai suoi indiscussi vantaggi sono emersi con il tempo gli effetti indesiderati. L’equazione «più mobilità uguale a più benessere», un tempo considerata una sacrosanta verità, non ha più dato risultati univoci. Per riconfermarne la validità si sono dedicate nuove risorse all’ampliamento delle infrastrutture e si è rinnovata la fiducia alla scienza, affidandosi a nuove tecnologie ritenute in grado di offrire soluzioni per soddisfare i nuovi bisogni ed eliminare gli inconvenienti. La maggiore efficienza e l’incremento demografico hanno tuttavia alimentato a loro volta nuovi bisogni. Oggi ci si interroga sul futuro della mobilità. Le merci viaggeranno sottoterra come ipotizza il progetto «Cargo sous terrain»? Le forniture saranno prese a carico da droni «tuttofare»? La guida automatica dei veicoli migliorerà la sicurezza del traffico e la capacità delle infrastrutture? I motori elettrici ci libereranno dalla minaccia climatica? Questi interrogativi non hanno ancora una risposta certa. L’economista francese Daniel Cohen nel suo libro Le monde est clos et le désir infini mostra che conciliare desiderio e limiti diventa sempre più difficile.
La rivista «GEO» ha dedicato al tema del futuro della mobilità un numero speciale («GEO», Schweizer Ausgabe 11/2020, Die mobile Zukunft) evidenziando come una delle sfide centrali del futuro prossimo sia data proprio dall’utilizzare al meglio lo scarso spazio e territorio disponibili. Come? Tra l’altro, definendo chiare priorità d’uso a favore dei mezzi di trasporto che offrono un miglior rapporto tra prestazione e consumo di spazio. Non tutti i mezzi sono da questo punto di vista uguali. È evidente che venti persone su un unico bus occupano meno spazio di venti persone su venti auto, ma il problema dello spazio quando si parla di mobilità è più complesso. Si deve tener conto di altre variabili come lo spazio di frenata: ad esempio con un cambiamento di velocità da 30 a 50 Km/h l’auto «consuma» più spazio perché la distanza da mantenere tra un veicolo e l’altro aumenta all’aumentare della velocità. In termini generali la capacità di una sezione stradale (cioè il numero di veicoli che la percorrono in un determinato tempo) aumenta se la velocità viene ridotta. Così la figura che ci accompagna oggi, rielaborata in base ai dati della rivista «GEO», mostra, in maniera semplificata, che l’automobile, sia in sosta sia a velocità di 30 oppure di 50 km/h, richiede molto più spazio in rapporto al numero di persone trasportate rispetto al bus oppure al tram, peraltro considerati con carichi relativamente bassi (dal 20% al 40%). In poche parole maggiore è il carico del bus/tram minore è lo spazio occupato.
Già oggi, e a maggior ragione nel futuro, questo sarà verosimilmente il grande vantaggio e la discriminante che faranno dei trasporti pubblici un elemento imprescindibile nella gestione dello spazio urbano.