Un’opportunità per tutti

Ha il sapore dell’utopia eppure il Progetto Alto Vedeggio è una soluzione concreta per recuperare il nostro territorio, come spiega l’architetto Marco Giussani
/ 19.06.2017
di Roberto Porta

Una pista di ghiaccio ad Ambrì. Uno stadio di calcio, con annesse torri amministrative, a Lugano. Un velodromo nel Locarnese. La copertura dell’autostrada ad Airolo, per una lunghezza di un chilometro all’uscita della galleria del San Gottardo. Di questi tempi il Ticino pullula di progetti architettonici di portata generazionale. Tra queste idee in fase di realizzazione ce n’è una che è rimasta al momento piuttosto lontana dai riflettori dei media e dell’opinione pubblica. Eppure questa visione denominata PAV – che sta per Progetto Alto Vedeggio – ha tutti i numeri per cambiare in meglio la vita di migliaia di persone, perlomeno di quelle che vivono nella regione immediatamente a sud del Monte Ceneri. 

Il PAV ha un obiettivo che a prima vista appare decisamente utopico, quasi irrealizzabile: coprire l’autostrada, seppur non completamente, da Rivera a Sigirino, dal Monte Ceneri al Motto di Taverne. Ideatore di questo progetto è l’architetto Marco Giussani, di Mezzovico. «La mia è stata una semplicemente intuizione, un modo di vedere le cose da una prospettiva diversa. Abbiamo dei problemi ma abbiamo anche delle opportunità, se si fa propria la volontà di coglierle». Il progetto PAV infatti è ben più di una semplice, si fa per dire, copertura dell’autostrada. Per realizzarla si prevede di utilizzare gli inerti ricavati da altri cantieri. Il materiale di scarto che in Ticino da anni ormai non si sa più dove mettere assumerebbe così una propria utilità, non sarebbe più un rompicapo ma una soluzione e nel caso del PAV una vera e propria opportunità. L’obiettivo di questo progetto è perlomeno duplice: accrescere la qualità della vita per la popolazione dell’Alto Vedeggio, che vedrebbe drasticamente ridotto l’inquinamento fonico che oggi l’assilla, e ridurre il fardello di inerti che al momento vengono ammassati alla bell’e meglio in colline artificiali lungo i fondovalle del canton Ticino. 

A questi scopi principali ne vanno aggiunti un paio d’altri. La copertura dell’autostrada permetterebbe di creare nuovi spazi verdi, da destinare all’agricoltura e al tempo libero dei cittadini. Cittadini che, dentro e fuori l’Alto Vedeggio, hanno finora risposto numerosi a sostegno del progetto. «Siamo partiti con un obiettivo – ricorda l’architetto Giussani – raggiungere in una raccolta firme spontanea quota 6081 sottoscrizioni, perché questo è il numero degli abitanti della regione e tanti sono gli alberi che intendiamo far crescere sopra la futura copertura. Le firme che abbiamo raccolto in poco più di quattro mesi hanno invece superato questa soglia. Siamo ora a 6500 e devo dire che praticamente ogni giorno c’è qualcuno che si annuncia a sostegno del progetto». 

Dopo essere stato presentato alla popolazione locale nel marzo del 2016 e alle autorità dei comuni interessati – Mezzovico e Monteceneri, che sostengono appieno il PAV – negli scorsi mesi il progetto è stato posto al vaglio anche delle autorità cantonali e di numerose associazioni, ambientaliste ed economiche. «Abbiamo scelto questa strategia comunicativa per far comprendere che il PAV appartiene a tutti, si tratta in sostanza di un’idea che va oltre le ideologie. PAV è un progetto capace di generare un’economia cosiddetta circolare, attraverso un processo virtuoso in cui il problema degli inerti si trasforma in una risorsa e in una opportunità per tutti». Con un consenso praticamente unanime: il progetto piace a tal punto che il Dipartimento del Territorio ha deciso di contribuire al finanziamento di un primo studio di fattibilità. 

«Studio che permetterà di entrare in una nuova fase di approfondimento in cui analizzeremo i diversi aspetti, tecnici, economici e pianificatori, di questo progetto. Per identificare ad esempio le aree precise in cui l’autostrada verrà effettivamente coperta. Non sarà possibile farlo lungo tutta l’autostrada visto che diversi comparti sono già stati edificati. In altre zone esiste invece una sorta di trincea naturale che rende meno complessa e praticamente “naturale” l’edificazione di una copertura».

Resta poi, ed è la domanda centrale di ogni progetto, da risolvere la questione del finanziamento. E non è una questione di poco conto visto che l’investimento stimato potrebbe essere di circa 300 milioni di franchi. «In Ticino non abbiamo queste risorse – ammette schietto l’architetto Giussani – ma il progetto è interessante proprio perché attraverso gli inerti, il cui costo è di circa 40-50 franchi al metro cubo, sarà possibile finanziare gran parte dell’opera». Invece di creare montagne inutili o di trasportare gli inerti oltre confine, pagando per questo, il materiale inerte potrebbe effettivamente trasformarsi in una vera e propria risorsa, garantendo appunto la copertura dell’autostrada e la riconquista di una parte del nostro magnifico territorio. «Lo studio di fattibilità ci dirà anche questo, indicherà fino a che punto potremo contare su questo autofinanziamento attraverso il quale si potrebbero ricavare gran parte delle risorse necessarie». 

Tra i problemi da risolvere ce n’è uno anche amministrativo: l’autostrada appartiene alla Confederazione e l’Ufficio federale delle strade, l’Ustra, mira alla realizzazione entro il 2022 di ripari fonici, alti fino a 4 metri e mezzo, per ridurre l’inquinamento fonico nella regione. Una soluzione però contestata, in sede legale, dal comune di Monteceneri. «I ripari fonici – aggiunge Giussani – rappresentano una soluzione parziale dal punto di vista dell’inquinamento fonico e dal punto di vista paesaggistico spesso un danno. PAV potrebbe risolvere tutti questi problemi, compreso quello degli inerti, permettendoci di recuperare anche una delle cose più preziose che possediamo: il nostro territorio».

E per finire un’ultima domanda che forse richiede doti da indovino: a quando la posa delle prima pietra? «Soltanto il fatto di parlarne è già una sorta di prima pietra, un modo diverso di pensare che speriamo possa farsi contagioso. Si tratta di non arrendersi davanti ai problemi e anzi di trasformare i problemi in vere e proprie opportunità, ponendo le basi affinché le prossime generazioni possano cogliere i frutti di questi progetti visionari. Credo che se lo studio di fattibilità darà i risultati sperati tra circa dieci anni potremo vedere i primi risultati». 

Un progetto, una visione, una filosofia. E una soluzione concreta, se tutte le variabili e le incognite di questa equazione architettonica riusciranno davvero a ridisegnare l’Alto Vedeggio e farsi esempio per la Svizzera intera.