Un’oasi nel Mendrisiotto

Valle della Motta – Il Parco tra Coldrerio e Novazzano è una preziosa nicchia naturale
/ 24.07.2017
di Elia Stampanoni, testo e foto

La Valle della Motta nell’immaginario di molti ticinesi è ancora sinonimo di discarica, di puzze e di rifiuti. Ma non è così e basta una breve sosta per accorgersi di quanto questo fazzoletto di terra possa stupire. L’omonimo parco deve però la sua nascita anche ai rifiuti, dato che quando nel 1988 si decise di trasformare una parte della Valle in discarica, furono necessarie delle misure di compensazione per dissodare l’area boschiva. Grazie a uno studio sulle particolarità naturalistiche della zona interessata si adottarono di conseguenza degli interventi mirati per la ricostituzione di ambienti nella rimanente area della Valle della Motta. Lo studio servì quale base per la realizzazione di un Piano di utilizzazione cantonale (PUC), lo strumento pianificatorio per definire le utilizzazioni e gli obiettivi di sviluppo del parco. Nel frattempo dal 2005 la discarica è ufficialmente chiusa, su di essa è stato ricreato un ambiente diversificato, in grado di favorire l’insediamento di specie indigene, il biogas prodotto  viene ancora captato, mentre il percolato è recuperato e depurato

Il Parco della Valle della Motta si estende oggi su 163 ettari in territorio di Coldrerio e Novazzano, diramandosi per alcuni chilometri verso Chiasso e dando origine a un paesaggio agricolo e forestale del tutto particolare. Uno scenario che si può scoprire con una passeggiata, accompagnati dal fiume Roncaglia che per diversi tratti corre accanto al sentiero didattico creato all’interno del parco. Una quindicina le tappe con relativi pannelli esplicativi proposti lungo i due chilometri del pianeggiante tracciato, dove altri punti d’interesse sono senz’altro lo stagno, la ex cava d’argilla, l’apiario didattico e soprattutto il mulino del Daniello, fulcro del parco.

La storia del Mulino del Daniello è descritta nella pubblicazione Il Mulino dei Galli. Momenti di vita quotidiana nella Valle della Motta e dintorni del XIX secolo, di Ivan Camponovo. Lo stesso autore accoglie scolaresche, gruppi e interessati per una visita guidata alle infrastrutture, restaurate a tuttora funzionanti. «Si tratta di due grandi ruote idrauliche azionate dal fiume Roncaglia che a loro volta mettono in moto macina e frantoio», spiega Ivan. Una volta utilizzato per produrre olio di noci e di lino, oggi il frantoio viene attivato a scopo didattico, mentre una delle tre macine esistenti permette ancora di produrre farina per polenta: «Sì, una classica miscela gialla e una miscela particolare con un terzo di grano saraceno. Una piccola produzione che contribuisce a ridare vita a un manufatto di grande valore che in passato era utilizzato soprattutto per ottenere farina da granoturco, frumento, segale o grano saraceno», racconta il mugnaio del Daniello.

Nel 1990 gli eredi Galli donarono al Comune di Coldrerio l’intera proprietà del mulino, comprendente i quattro ettari di terreno circostanti, lo stabile principale e la bigattiera, il locale attrezzato per l’allevamento dei bachi da seta, altra attività tipica del Mendrisiotto rurale. Donazione vincolata dalla richiesta di creare un’oasi a disposizione di tutta la popolazione, quindi integrata nel progetto parco che è oggi completato da una sala per conferenze o riunioni (ricavata negli spazi della bigattiera), da una cucina e da una zona picnic coperta. Nelle vicinanze del Mulino, rimasto attivo fino agli anni 50, troviamo pure lo stagno e le arnie didattiche, dove osservare le api tramite sportelli che permettono di vedere all’interno il loro affasciante mondo. Poco lontano la cava d’argilla è una testimonianza di un’attività che fornì fino al 1979 la materia prima per le fornaci di Balerna, dove si producevano apprezzati laterizi, quali mattoni, tegole, coppi o pianelle. 

Per molti anni un luogo poco frequentato e risparmiato dall’urbanizzazione, l’intera Valle della Motta è così stata riscoperta e valorizzata, diventando non solo un’area di svago, ma anche una nicchia naturale con diverse specie e ambienti sopravvissuti all’invasione dell’uomo. Il Parco, affidato alla Fondazione Luigi e Teresa Galli, è suddiviso in vari settori: si distinguono le zone di protezione della natura con i biotopi più importanti e più delicati, le zone agricole con prati, campi e vigneti, l’area forestale con i boschi di pianura e la zona per attrezzature d’interesse pubblico che si concentra nell’area circostante al Mulino del Daniello.

La creazione del Parco ha pure permesso il ripristino della rete di sentieri che collegano i diversi Comuni del Basso Mendrisiotto, tragitti che ben si adattano per una gita nella natura e a due passi dalla città. Come ogni parco naturale, anche questo si pone come obiettivi la conservazione della natura, abbinata alla promozione di attività ricreative e didattiche. Il parco intende dunque da un lato creare nuove strutture e ambienti favorevoli alla flora e alla fauna indigene, dall’altro vegliare affinché la sua fruizione avvenga nel rispetto della natura e dei suoi equilibri.