La gentilezza è un insieme di qualità – tra cui empatia, altruismo e disponibilità verso l’altro – presenti in ognuno di noi, le quali, quando applicate, rendono più felici noi stessi e le persone che ci circondano. Ad essa è dedicato un movimento cui aderiscono Paesi di tutto il mondo, il World Kindness Movement, il quale ha proclamato una Giornata mondiale della gentilezza, che cade proprio il 13 novembre. Missione del Movimento Mondiale della Gentilezza, nato in Giappone nel 1997, è creare un mondo più gentile. Dallo scorso mese di settembre la ticinese Cristina Milani ne è presidente.
Con una laurea in psicologia e dei master in psicologia cognitiva comportamentale e in comunicazione, Cristina Milani dal 2001 è in GWH, una società di pianificazione strategica di brand. Vicepresidente della società, è stata co-fondatrice del magazine «Work Style» e si occupa delle sedi di Singapore e New York e della partnership con Great Place to Work Institute. Dal 2011 è inoltre presidente dell’organizzazione Gentletude Switzerland – indicata nel 2013 dal WKM come rappresentante ufficiale per la Svizzera – e Gentletude Onlus.
A quello che da qualche anno è diventato il suo «tema del cuore», Cristina Milani ha dedicato La Forza Nascosta della Gentilezza. Il potere dei piccoli gesti che fanno stare bene noi e gli altri. Un libro, edito da Sperling & Kupfer nel mese di ottobre, in cui spiega come declinare questa virtù nei rapporti personali, sul lavoro, verso di noi e l’ambiente. Bastano dei piccoli «esercizi di civiltà», potenzialmente in grado di innescare una rivoluzione morbida. Di queste tematiche abbiamo parlato con l’autrice.
Cristina Milani, per cominciare mi piacerebbe avere una sua definizione del termine «gentilezza».
Dalle ricerche che ho fatto per la stesura del libro, sono giunta alla conclusione che sarebbe riduttivo ricondurre il concetto alle buone maniere o alla buona educazione. «Gentilezza» non è però nemmeno solo l’amore e la compassione. È mostrare cura e rispetto verso ciò che veramente conta, e cioè trattarsi con amore, intrecciare relazioni serene e appaganti, coltivare l’empatia e il sorriso, rendere piacevole e accogliente il posto dove stiamo.
Come mai questo tema le sta a cuore al punto da scegliere di dedicare ad esso parte della sua attività?
Ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo per oltre vent’anni. Questo mi ha permesso di osservare come nel mio paese d’origine – espressione con la quale intendo l’Europa dal momento che ho abitato diversi anni a Milano e a Londra – progressivamente i rapporti interpersonali si raffreddassero, la gente diventasse sgarbata e le città sporche. Finché, con un gruppo di amici, abbiamo deciso di fare qualcosa invece di lamentarci, convinti che ciascuno possa apportare il proprio contributo al cambiamento.
Ed è nata così Gentletude, l’organizzazione senza scopo di lucro che si propone di diffondere la gentilezza come stile di vita; innanzitutto, perché ce n’è bisogno?
Soprattutto all’inizio la gente sorrideva quando alla domanda «cosa fai?» rispondevo «diffondo gentilezza». Questo perché la gentilezza tende ad essere banalizzata. Ma secondo me bisogna scavare al di sotto del semplice «buongiorno» o «buonasera». Si capisce così che essa sta alla base di tutto. Essere attenti, per esempio, a quello che succede attorno a noi vuol dire anche sviluppare una sensibilità rispetto al resto del mondo.
Concretamente in che modo l’organizzazione che presiede mira al raggiungimento del proprio obiettivo?
Offrendo ad imprese ed istituzioni pubbliche progetti per migliorare la qualità delle relazioni interpersonali, sviluppando progetti educativi rivolti a bambini, adolescenti e alle scuole, promuovendo indagini, organizzando conferenze e seminari e pubblicando una collana editoriale gratuita. Il riscontro ottenuto è buono; riceviamo infatti sempre più richieste di interventi, soprattutto seminari in aziende. E questo grazie al volontariato e alla voglia di partecipare a qualcosa in cui si crede.
Lei è stata recentemente eletta a Seul presidente del WKM; Intende apportare dei cambiamenti rispetto a chi l’ha preceduta?
Ne avevo già proposti alcuni quando ero vicepresidente. In primis portare la sede a Ginevra, «città della pace» e «patria» di numerose organizzazioni internazionali. Sicuramente influenzata e supportata dalla mia attività professionale, miro poi a dedicare tempo ed energia alla comunicazione e alla costruzione di un brand solido, in grado di avere un peso sulle decisioni da prendere in relazione a temi che concernono la nostra missione.
L’intervista esce proprio il 13 novembre, Giornata mondiale della gentilezza. Come viene celebrata?
L’idea del Movimento è di suscitare curiosità, in modo che le persone vadano a vedere i progetti in atto nei loro paesi e decidano loro stesse di fare qualcosa per rendere il mondo un posto migliore. Le attività, nello specifico, sono decise dalle singole organizzazioni. In Italia, dove Gentletude è presente come ONLUS, quest’anno collaboriamo con Avis (Associazione Volontari Italiani del sangue) per sottolineare l’importanza del dono, che è un atto di gentilezza. Donando qualcosa di così importante si diventa di fatto ambasciatori di gentilezza.
E in Svizzera?
Quest’anno proponiamo una bella iniziativa con la Società Commercianti del Mendrisiotto. Durante la Settimana mondiale della gentilezza, che culmina il 13 novembre, i commercianti hanno voluto sottolineare l’importanza della gentilezza nella loro attività. Questa qualità può anche dare un aiuto agli affari, nel senso che se accolgo il cliente con un sorriso e mostrandomi interessato ai suoi bisogni, molto probabilmente sarà più propenso a tornare per un acquisto futuro. Chi è entrato in uno dei negozi che hanno aderito all’iniziativa, ha ricevuto la spilla della gentilezza – che è il nostro emblema – e significa «Oggi sono gentile… più del solito». Come a dire che la gentilezza non è solo il 13 novembre.
In quale misura la qualità di cui stiamo parlando è innata?
Fino a un po’ di tempo fa si pensava che l’essere umano nascesse profondamente egoista. Diverse ricerche, tra cui l’ultima del professor Giacomo Rizzolati sui neuroni a specchio, hanno dimostrato che le qualità della gentilezza sono insite nel nostro DNA. Viene quindi da chiedersi come mai si incontrano spesso persone sgarbate.
Qual è la sua opinione a proposito?
A mio avviso un ruolo lo gioca la tecnologia, che velocizzando tutto ci porta a vivere in modo frenetico costantemente proiettati al domani. Spesso, per un malinteso senso di praticità, tendiamo a saltare quelli che definiamo, con un po’ di disprezzo, i «convenevoli», riducendo ogni rapporto ad un semplice scambio. Oltre a ciò, siamo ancora immersi nell’individualismo radicalizzato dalla nostra società, che è poi la base del capitalismo. Una modalità che crea dei comportamenti egoisti e menefreghisti. In un contesto come questo la gentilezza, che ha bisogno di tempi lenti, ha vita dura.
Come possiamo essere rieducati alla gentilezza?
Nel mio libro parlo di uno stile di vita basato sulla gentilezza. Si parte dal concetto che non si può andare verso gli altri se non si ha cura del proprio corpo e della propria mente. È necessario quindi un lavoro su di sé, non sempre facile in quanto in controtendenza rispetto alle modalità oggi dominanti. Capita di far fatica a non perdere la pazienza ma piuttosto a fermarsi e cercare di capire. Nel libro riporto alcuni suggerimenti che possono aiutare a stare in equilibrio. Una volta raggiunto questo traguardo, cura e attenzione vanno rivolte verso quello che ci circonda.