Un’infanzia senza stress

Pro Juventute – La nuova campagna «Meno pressione. Più infanzia» difende il diritto dei bambini al gioco libero e mette in guardia dai pericoli di un carico eccessivo di impegni
/ 22.01.2018
di Alessandra Ostini Sutto

Bambini spensierati che giocano felici con i loro amici, dimenticando il tempo; ecco l’immagine che balza alla mente se sentiamo la parola «infanzia». Ma la realtà di molti bambini è ben diversa: ormai stress e ansia da prestazione hanno contagiato anche il loro mondo. Con ripercussioni sulla salute. Basti pensare che quasi un undicenne su tre soffre di disturbi del sonno. Conscia di questa situazione, Pro Juventute ha lanciato la campagna «Meno pressione. Più infanzia», che mira a rimettere i ragazzi al centro della loro crescita, sottolineando l’eccessivo carico a cui, a volte, sono sottoposti.

«Ultimamente mi sento stanchissima, mi mancano le forze. Settimana prossima mi attendono tre esami, dovrei studiare, ma non ce la faccio più» Così una ragazzina di dodici anni si descrive in un messaggio al numero 147 di Pro Juventute, cui si possono rivolgere figli e genitori, tutti i giorni, 24 ore su 24. Se in passato la maggior parte delle consulenze concerneva amore e sesso, oggi i temi più frequenti sono le crisi, l’ansia, i disturbi depressivi e i pensieri suicidi.

Gli studi che attestano quanto stress e pressione siano diffusi non mancano. Quello pubblicato nel 2015 da Juvenir mostra come in Svizzera circa la metà dei giovani tra i 15 e i 21 anni si senta spesso o molto spesso stressato o non all’altezza della situazione; mentre quasi tutti i giovani non stressati sono soddisfatti della propria vita, tra quelli stressati il 48% ha problemi di autostima, svogliatezza, sconforto o insonnia. Lo studio dell’OMS sulla salute degli scolari in Svizzera, riporta per esempio che il 15% degli undicenni si sente spesso nervoso, rispettivamente avvilito; dato che, per entrambi gli stati d’animo, nel 2002 si fermava all’11%. Sebbene i sintomi dello stress – come tristezza, mal di testa e mal di pancia – facciano parte dello sviluppo, il benessere dei soggetti toccati ne risente in particolare se diventano cronici o se si manifestano in contemporanea.

Tra le nuove fonti di stress figurano i media digitali. I ragazzi vivono la cosiddetta «Fear of missing out», la paura cioè di perdersi qualcosa se non sono connessi o non controllano regolarmente lo smartphone, che li porta a vivere in uno stato di costante irrequietezza.

Il 61% dei giovani attribuisce poi alla scuola il proprio stato di stress. E non solo alla pressione che deriva dai compiti a casa e dalla preparazione ai test. Rilevante è infatti pure l’aspetto sociale, dal momento che gran parte dei contatti dei ragazzi sono legati a questo contesto, il quale li porta a doversi inserire in un gruppo che non hanno scelto.

Essendo per loro natura molto percettivi, i bambini fanno spontaneamente propri i valori della società. Psichiatri dell’età infantile testimoniano come i giovani pazienti di oggi vogliano essere perfetti, anche senza spinte esterne. Hanno la percezione che la società, con i suoi ritmi, espellerà quelli che non riusciranno a tenere il passo. Questo meccanismo è un’ulteriore fonte di stress: l’80% dei giovani stressati dichiara che la pressione è autoimposta.

Oltre all’orientamento al rendimento, la nostra epoca si caratterizza per la molteplicità di opportunità che offre. Un bene, che comporta però un rovescio della medaglia: genera infatti la pressione di dover cogliere questo vantaggio per riuscire nella vita. «Spesso i genitori tendono a voler preparare i loro figli fin da piccoli alle esigenze della nostra società efficientista, di modo che abbiano accesso a tutte le opzioni», spiega Katja Wiesendanger, direttrice di Pro Juventute, «iniziano presto con l’inglese, la matematica, lo sport agonistico. Anche gli hobby devono soddisfare un obiettivo promettente e utile».

Sulla piattaforma della campagna si legge che i bambini i quali seguono dei programmi strutturati e imparano a leggere, scrivere e calcolare prima degli altri, avranno migliori risultati solo in un primo tempo, mentre a lungo termine il loro rendimento scolastico sarà inferiore. Perché «in questo modo il bambino non diventa più intelligente ma meno motivato. Se prescriviamo al bambino quello che deve fare, egli cercherà di soddisfare le nostre aspettative, però perderà la propria motivazione», sottolinea Urs Kiener, psicologo dell’età evolutiva presso Pro Juventute, in un articolo di Florian Blumer apparso sul «SonntagsBlick» nel mese di agosto. Oltre a ciò, caricando eccessivamente l’agenda dei più piccoli, si crea un accumulo di aspettative – da parte di genitori, scuola, associazioni sportive e per il tempo libero, entourage – che rischia di innescare il meccanismo dello stress. «Oggi molti bambini sono occupati per 60 ore la settimana, perché anche il loro tempo libero è super organizzato. Mediamente hanno a disposizione mezz’ora al giorno per il gioco libero all’aria aperta. Questo è davvero poco», commenta Kiener. Nel corso degli ultimi 15 anni il tempo per il gioco informale è diminuito circa del 30%. «La ricerca conferma che il gioco libero è fondamentale per lo sviluppo dei bambini. Per questo motivo, noi di Pro Juventute siamo convinti che oltre all’amore, ai nostri bambini dobbiamo fare un regalo: il tempo. Dobbiamo concedere loro tempo per riposarsi e muoversi, tempo per imparare a conoscere e ad approfondire i loro interessi. Sono della ferma convinzione che saranno meglio equipaggiati per il futuro se possono riprendersi il tempo per vivere la loro infanzia», afferma Katja Wiesendenger: «i bambini hanno un’innata motivazione all’apprendimento. Questa capacità va preservata. Poiché permette loro di acquisire autonomamente e in modo ludico competenze fondamentali».

Per crescere e svilupparsi in modo sano un bambino ha bisogno di affetto e protezione, un ambiente stimolante e la possibilità di sperimentare le sue capacità di autonomia e auto-efficacia. Ma proprio quando si tratta di decidere sul proprio tempo, a molti bambini viene negata la possibilità di autodeterminazione. Disponendo di poco tempo per se stessi e per fare le cose che amano, la loro capacità di gestire autonomamente i momenti liberi ha poi poca possibilità di esprimersi. E questo non è un bene, dal momento che – secondo gli specialisti della Fondazione – quei bambini che a casa possono usufruire di diverse possibilità di gioco, riusciranno a sviluppare migliori capacità cognitive e linguistiche, avere una competenza sociale più forte, mostrare più empatia, essere più creativi e più inclini all’autocontrollo.