La notizia è fresca ed è di quelle che in un batter d’occhio fa il giro del cantone. Riferisce di un lupo, anzi una lupa, nota sul nostro territorio. «È morta F08, l’unica lupa-mamma ticinese», «È morta la lupa della cucciolata in valle Morobbia», «Muore di cimurro e di tumore l’unica mamma lupa ticinese», sono solo alcuni dei titoli dei media locali che hanno dato giusto risalto al comunicato dell’Ufficio caccia e pesca a proposito del ritrovamento della carcassa di una lupa, il mese di settembre, nella valle che solo qualche mese prima l’aveva vista dare alla luce l’ultima sua cucciolata.
«Si tratta di un evento assolutamente straordinario!», esclama l’esperta di grandi predatori Joanna Schönenberger da noi interpellata per sapere che ne potrebbe essere stato dei lupacchiotti rimasti orfani. Innanzitutto conferma l’eccezionalità del ritrovamento della carcassa di un lupo morto di morte naturale. Perciò, per una volta non si tratta di disquisire su sostenitori o detrattori della presenza del lupo nel nostro cantone. E non si focalizza sui presunti o accertati danni che avrebbe potuto apportare al bestiame locale: «Settembre segna il periodo della caccia che forse, con la maggiore presenza dei guardiacaccia sul territorio, ha potuto portare al ritrovamento avvenuto in valle Morobbia. Questo fatto raro documenta una morte naturale e non accidentale o antropogenica (non per mano dell’uomo) dell’animale».
L’eccezionalità dell’evento permette perciò di aggiungere tasselli di conoscenza sul lupo: «Ora sappiamo che anche le lupe possono andare incontro a un tumore mammario che le può portare a una morte naturale come è stato appurato per questo esemplare deceduto appunto per un tumore mammario e cimurro. Inoltre, questo ritrovamento ci permette di approfondire ulteriormente la dinamica della vita della specie: su come si sviluppa, come sopravvive e a cosa può andare incontro».
Sta di fatto che ci preme sapere della sorte dei cuccioli di questa lupa e riproponiamo la questione all’esperta che presume con cauto ottimismo che siano sopravvissuti. «Di norma i lupacchiotti nascono fra aprile e maggio». La presenza dei tre piccoli in questione è documentata: «La prima fotografia di tre cuccioli li colloca in valle a settembre, quando avevano all’incirca 4 o 5 mesi di vita». Questo è però il periodo in cui hanno perso la madre. Tuttavia ci viene detto che non dovrebbe essere stato un problema: «La lupa allatta i suoi piccoli all’incirca per 6/8 settimane; a 3 mesi essi escono con la mamma dalla tana in cui sono nati e vengono lasciati soli quando gli adulti vanno a cacciare. Dunque, dai 20 giorni di vita essi cominciano a nutrirsi anche di cibo solido».
Alla morte di mamma lupa i piccoli erano dunque svezzati: «A quell’età non cacciano ancora, ma aspettano il ritorno degli adulti che portano loro il cibo». Ma la mamma è sempre la mamma e a questo punto dobbiamo spendere qualche parola circa la vita di branco del lupo: «Nella loro vita sociale, i lupi sviluppano grande collaborazione: anche in presenza dei genitori biologici, i cuccioli vengono accuditi dagli zii o dai fratelloni». Una ricetta per la sopravvivenza della specie è dunque quella della solidarietà e quanto capitato in valle Morobbia lascia presumere che anche questo branco abbia agito così: «In particolare, magari i piccoli vengono ora accuditi dalla lupa o dal lupo figli della cucciolata dell’anno precedente».
Le conoscenze acquisite sui lupi alpini avvistati in valle Morobbia permettono di affermare che forse oggi ci sono in giro cuccioloni dell’anno precedente («giovani adulti»), e possiamo altresì presupporre che i tre piccoli godano di buona salute: «A 8 mesi i cuccioli sono considerati giovani adulti, a 10 mesi cominciano a partire dal branco e questo periodo può protrarsi anche fino al secondo anno di età. Quelli dell’anno precedente hanno solo un anno e mezzo e potrebbero farsi carico dei tre fratellini minori che possono perciò contare sull’accudimento dei parenti rimasti».
Ecco la grande flessibilità sociale del lupo. «Ora potrebbe anche esserci una femmina che avrà sostituito la madre, almeno per quanto concerne il ruolo di cacciatrice. Qualcuno andrà a caccia e qualcun altro curerà i cuccioli». Ciò che si desume da queste informazioni ci permette di non preoccuparci troppo della sorte dei piccoli: «Lo vediamo anche negli orsi, per i quali però l’allattamento dura un po’ più a lungo: sono animali che hanno un’immensa capacità di adattamento alle situazioni e una grande voglia di sopravvivere che se secondo i nostri criteri fossero messi abbastanza male, essi se la giocherebbero in tutto e per tutto e avrebbero a prescindere grandi probabilità di sopravvivenza. Accudimento, solidarietà e resilienza sono qualità che posseggono già da cuccioli».
Per conoscere davvero le sorti dei tre piccoli lupi sono però necessarie prove certe: «Sul territorio ci sono delle foto-trappole che eseguono un lavoro di monitoraggio, anche se non scientifico o sistematico, ma dovrebbero bastare a fotografare i superstiti se questi saranno ancora lì». Non ci resta che attendere nuove notizie, anzi: potremmo dire che attendiamo nuove immagini che ritraggono i lupacchiotti della valle Morobbia.