A inizio 2020 è stata ufficialmente depositata presso il Centro del Patrimonio mondiale dell’UNESCO la candidatura per aggiungere dei nuovi boschi di faggio nel bene materiale dell’UNESCO «Faggete antiche e primarie dei Carpazi e altre regioni d’Europa», un tipo di foresta che dal 2007 è inserita nella lista con una serie rappresentativa di luoghi relativamente indisturbati dalle attività umane.
La nuova candidatura, coordinata dalla Svizzera, coinvolge dieci nazioni e interessa pure la vasta faggeta inclusa nella Riserva forestale delle Valli di Lodano, Busai e Soladino. Se la proposta sarà accettata dal Comitato del Patrimonio mondiale, le «Faggete antiche» potranno così contare 108 oggetti differenti distribuiti in venti Paesi. Oltre alla faggeta valmaggese, il dossier allestito e promosso dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) in collaborazione con i Cantoni, contempla per la Svizzera anche la riserva di Bettlachstock nel canton Soletta.
Una possibilità per scoprire e visitare quest’area è di percorrere uno dei quattro itinerari proposti nella Valle di Lodano nell’ambito di un progetto strettamente correlato all’istituzione della citata riserva forestale. I tragitti, scelti anche per le preziose componenti naturali e per le significative testimonianze d’attività antropiche, seguono sentieri escursionistici di montagna con segnaletica bianco-rosso-bianco e, grazie agli interventi effettuati nell’ambito del progetto Riserva forestale, si presentano tuttora in buono stato.
Il primo itinerario, il più corto e più «facile», si sviluppa su circa sette chilometri con un dislivello di quasi 800 metri. La partenza è, come anche per le altre più impegnative varianti, dal suggestivo borgo di Lodano, a 341 metri d’altitudine. Dopo essere transitati tra le case in pietra del paese, le indicazioni guidano il visitatore lungo la campagna, lambendo vigneti terrazzati e altri paesaggi tipicamente rurali. Presto il sentiero si stacca dal fondovalle e sale rapidamente verso il maggengo di Soláda, immersi in un bosco prevalentemente di castagni e betulle. Un cartello segna quindi l’entrata nelle Riserva forestale della Valle di Lodano, invitando a un comportamento responsabile. Tra sassi e gradoni la gita raggiunge altri monti e prati, portando ad alcuni punti panoramici. Per esempio a Solà, da dove, dopo aver avvistato i primi faggi, si continua lungo un saliscendi impegnativo per raggiungere la località di Castèll. Ed è proprio in questo tratto che si penetra in una parte della faggeta, riuscendo quindi ad avere un assaggio della più ampia zona candidata quale patrimonio dell’UNESCO, complessivamente 807 ettari (414 nelle riserva di Lodano e 393 in quella delle valli Busai e Soladino) distribuiti tra i 500 e i 1’600 metri d’altitudine: «Con l’itinerario uno si entra nella parte inferiore della faggeta; i faggi più antichi sono spesso fuori sentiero o lungo gli altri itinerari, ma già con questa bella gita, comunque impegnativa e da affrontare con la dovuta preparazione e un adeguato equipaggiamento, si riesce ad avere una prima interessante entrata in materia», racconta Christian Ferrari, coordinatore dell’Antenna Vallemaggia, la quale ha fornito il sostegno locale al progetto di candidatura congiuntamente ai Patriziati di Lodano, Someo e Giumaglio, al Comune di Maggia, al Centro natura Vallemaggia, all’Associazione dei Comuni di Vallemaggia e alla Fondazione Vallemaggia Territorio Vivo.
Nella faggeta spiccano in effetti alcuni imponenti alberi che, con le loro chiome, garantiscono ombra e frescura, offrendo un sottosuolo praticamente sgombero da altri tipi di alberi. Il faggio è d’altronde una pianta estremamente intollerante nei confronti di altre specie e dà quindi spesso origine ad associazioni forestali dove esso risulta dominante e dove solo poche altre piante riescono a sopravvivere (per esempio aceri, tigli e querce, ma comunque con un numero limitato d’individui).
Questa capacità dominante del faggio si rinforza con l’altitudine e le faggete sono considerate un esempio eccezionale dell’evoluzione ecologica e biologica postglaciale di ecosistemi terrestri. Un’evoluzione che ha caratterizzato un intero continente, come indica il comunicato stampa del Dipartimento del territorio che, con l’Antenna Vallemaggia, ha contribuito all’allestimento della candidatura: «Dalla fine dell’ultima glaciazione, il faggio si è infatti diffuso praticamente in tutta Europa partendo da alcuni rifugi isolati nel sud e sud-est. Il successo dell’espansione di questa specie dipende dalla sua capacità d’adattarsi a una molteplicità di condizioni climatiche, geografiche e fisiche».
Quali sono i prossimi passi per l’accettazione o meno della candidatura della faggeta nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO? «L’usuale iter prevede in particolare una valutazione degli esperti dell’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), che dovranno valutare le 37 aree forestali contenute nel fascicolo di candidatura. In base a questo preavviso, il Comitato del Patrimonio mondiale prenderà in seguito a sua volta la decisione finale, attesa nei prossimi anni», spiega Christian Ferrari. In Vallemaggia la missione di valutazione da parte dell’esperto dell’IUCN, incaricata dall’UNESCO, è avvenuta dal 15 al 17 settembre scorsi.
Le opportunità che giungerebbero dall’entrata del bosco valmaggese tra le Faggete antiche e primarie dei Carpazi e altre regioni d’Europa sono diverse: «Poter interagire con altri 19 Stati europei su svariati temi, come per esempio la ricerca scientifica nel contesto degli ecosistemi delle faggete oppure la sensibilizzazione del valore di questi ecosistemi. Ma anche la possibilità di creare valore aggiunto su scala regionale, grazie alla visibilità che un marchio simile può portare», commenta il coordinatore dell’Antenna Vallemaggia.
Tornando all’itinerario di Lodano, oltrepassata la faggeta esso scende rapidamente verso il villaggio, dove scoprire altre attrazioni paesaggistiche e lasciando anche la Riserva forestale della Valle di Lodano, che comprende un’area boscata complessiva di 766 ettari. Su questa vasta superficie vige un vincolo di protezione per 50 anni, ossia la foresta viene lasciata integralmente all’evoluzione naturale, proteggendola dall’intervento umano e rinunciando a qualsiasi utilizzazione forestale.
«Dopo un periodo di tempo sufficientemente lungo s’ottiene così uno stato prossimo a quello del bosco primario, la cui struttura e la cui composizione sono esclusivamente date dalle condizioni naturali», conclude Christian Ferrari, pure presidente del Patriziato di Lodano, promotore della sua istituzione, avvenuta nel 2010 ed estesa nel 2016.
La riserva delle Valli Busai e Soladino, istituita nel 2020 su impulso dei patriziati di Someo e Giumaglio, si è poi unita a quella di Lodano per la candidatura congiunta all’UNESCO (dossier che per la parte ticinese è stato affidato dall’UFAM all’ingegnere forestale Raffaele Sartori), sostenuta pure dall’Organizzazione turistica Lago Maggiore e Valli.