È una sorta di gioco di parole tra «umami» – il quinto gusto – e «mamy» – variante colloquiale e affettuosa di «mamma» – il nome scelto da Croce Rossa Svizzera sezione del Sottoceneri per un nuovo progetto di integrazione socio-culturale, «Umamy». «Ad essere precisi, abbiamo messo la “y” perché con la “i” il nome era già stato usato», puntualizza la vice direttrice e capo divisione della migrazione, Debora Banchini Fersini, «ma questo non è l’unico motivo. Si dice infatti che la prima volta che si prova l’umami, esso richiami il latte materno; considerazione che ci sembrava in linea con un progetto che prende ispirazione dai piatti che gli ospiti dei nostri centri spontaneamente ci presentano, i quali sono per loro un ricordo della loro famiglia, della loro mamma. Per quel che riguarda invece il fatto che l’“umami” sia considerato il quinto gusto, per noi è quello della condivisione, dell’integrazione».
Per il suo nuovo progetto, Croce Rossa Sezione Sottoceneri (CRSS) gode della collaborazione con il Dipartimento della sanità e della socialità e della partecipazione del servizio di corriere espresso in bicicletta Saetta Verde. L’idea è quella della creazione di un servizio di delivery green-etnico, ovvero la realizzazione e la consegna di pasti etnici durante la pausa pranzo dei giorni feriali. Ma non è tutto; il percorso di integrazione previsto dal progetto unisce la cucina – intesa come insieme di mestieri che ruotano nel campo della ristorazione – all’apprendimento della lingua italiana, con particolare focus settoriale.
«Il progetto è nato dall’osservazione nei nostri centri, dove ci siamo resi conto di come le persone, indipendentemente dal loro luogo d’origine, fossero accomunate da una forte voglia di condividere il proprio cibo. Concretamente, poco dopo l’arrivo esse ci propongono infatti di assaggiare i loro piatti, riguardo ai quali manifestano inoltre un desiderio di raccontare e di raccontarsi. Affinché ciò sia possibile, si organizzano usando per esempio il traduttore sul telefono al fine cercare le giuste parole in italiano», spiega Debora Banchini Fersini, «da qui l’idea di usare questa forte spinta motivazionale legata al cibo per creare un progetto di integrazione».
Nell’ambito dell’integrazione è infatti riconosciuto al cibo il ruolo di elemento capace di unire le persone generando passione. Nel caso specifico, l’esperienza maturata con gli ospiti dei centri d’accoglienza gestiti da CRSS dimostra come la persona, anche nel caso in cui incontri delle difficoltà a inserirsi nella rete sociale del territorio, si motivi se chiamata a preparare pietanze del proprio paese per offrirle o farle conoscere agli altri. A riprova di quanto affermato, già nel corso della fase di prova del progetto, i richiedenti l’asilo presenti nei centri di Paradiso e Cadro hanno dimostrato entusiasmo e un grande interesse a parteciparvi.
Il progetto è partito nella seconda metà del mese di gennaio e vi partecipano una ventina di ospiti dei centri di accoglienza, suddivisi in due gruppi. «Abbiamo chiesto chi fosse interessato a prendere parte a questo percorso di integrazione e hanno risposto persone dai profili completamente diversi, ma accomunate dal desiderio di poter mettere a disposizione le proprie ricette, che fa un po’ casa», racconta la vice direttrice del CRSS, «la possibilità di portare la propria cultura nei piatti che vengono preparati ha spinto ospiti che non hanno un’esperienza professionale in cucina a proporsi, usufruendo così anche della possibilità di apprendere un nuovo mestiere».
Il percorso di integrazione che prende il nome di Umamy ha una durata di sei mesi, così che ci possa essere un ricambio di persone partecipanti. «Una settimana uno dei gruppi segue un corso di italiano, mentre l’altro è in cucina e viceversa», afferma Debora Banchini Fersini (nella foto), «oltre a ciò ci sono dei momenti in cui si svolgono dei corsi tecnici sullo stare in cucina, ambito attorno al quale ruotano molteplici ruoli professionali nei quali sono concretamente attivi i partecipanti, come aiuto cuoco, lavapiatti o addetto alla preparazione dei pasti per uscire con il delivery. I richiedenti l’asilo apprendono pure a redigere le loro ricette, con riferimento a usi e costumi ad esse legate».
Chi decide di ordinare il pranzo sul sito di Umamy non si vedrà infatti recapitare solo il cibo, ma pure la relativa ricetta: «Vogliamo che il nostro progetto sia un’esperienza che duri nel tempo, per questo abbiamo deciso di accompagnare ogni pasto consegnato con la storia del piatto, alcune indicazioni sulla sua tradizione e la ricetta originale», commenta Banchini. Ricette autentiche quindi, sicuramente diverse da quelle etniche che possiamo trovare su internet ma che sono spesso adattate a un gusto europeo. Ricette vere, che raccontano un’esperienza. Un’opportunità questa che va riconosciuta al progetto di cui stiamo parlando, che dà modo di far entrare nelle nostre case o nel nostro ufficio la cucina delle famiglie di tutto il mondo. Si tratta in questo senso di una condivisione di valori, un’integrazione che passa dalla valorizzazione della vita delle persone, un progetto innovativo, che offre a chi prepara e a chi gusta un viaggio nella cultura dell’altro.
«Per rendere possibile ciò abbiamo avuto la fortuna di trovare le persone giuste, che credessero nel nostro progetto: un cuoco professionista disposto a seguire e formare i partecipanti e il gerente dell’Osteria Ombrone di Cadro, d’accordo nel mettere a disposizione la propria cucina sul mezzogiorno», precisa la vice direttrice di CRSS, «come pure le persone stesse che lavorano in questo progetto, le quali ci mettono tantissimo impegno, nonostante non sia facile trovarsi in una cucina professionale, con un cuoco “vero”, tempi e norme da rispettare, quando non si parla nemmeno bene la lingua».
Nella detta cucina, con l’accompagnamento dello chef e un esperto del settore che si occupa della formazione pratica, ogni giorno vengono preparate le ricette di un’etnia. «Abbiamo raccolto tutte le ricette tra gli ospiti dei nostri centri e deciso di proporre ogni settimana pasti di un’etnia diversa, in modo che ci possa essere sempre una diversa popolazione che si racconti», afferma Debora Banchini Fersini. Ogni proposta giornaliera prevede una variante vegetariana.
Le proposte culinarie possono essere ordinate sia dalle aziende, che aderiscono tramite il sito, sia dai privati, che possono ritirarle direttamente presso l’Osteria Ombrone di Cadro oppure in Croce Rossa a Lugano. «Il progetto è stato accolto in modo molto positivo da parte dell’utenza», commenta il capo della divisione della migrazione di CRSS, «siamo solo agli inizi, quindi siamo assolutamente aperti a capire se e come andrà modificato o eventualmente ampliato. Per ora, possiamo dire che la cosa bella di questo progetto di integrazione è che esce da Croce Rossa e va verso le persone permettendo loro di sperimentare cibi che diversamente sarebbe difficile poter assaporare in Ticino e di vivere un pezzettino di quello che c’è all’interno dei nostri centri. Dall’altra parte della medaglia i nostri ospiti hanno la possibilità di integrarsi con il territorio attraverso la cucina e ciò li fa sentire valorizzati».