Una conca ritrovata

Recuperata e valorizzata la Chiazza di Aurigeno, un gioiello nascosto, con suggestivi muri a secco, edifici rurali e vigneti tradizionali
/ 29.08.2022
di Elia Stampanoni

La Chiazza è una conca nascosta a due passi da Aurigeno, villaggio della Vallemaggia. Raggiungerla non è difficile e dalla frazione di Terra di Fuori vi si arriva in poco più di quindici minuti seguendo le indicazioni. Sbucando dal bosco dopo la breve salita che permette di superare un dislivello di circa cento metri, all’improvviso risplende l’avvallamento, ricco di muretti a secco, vigneti tradizionali, prati, selve e coltivazioni, che formano un paesaggio affascinante.

Situata tra i 410 e i 430 di altitudine, la Chiazza (dal termine locale e dialettale che indica il mestolo, per analogia alla conformazione del terreno) è stata oggetto, tra il 2016 e il 2020, di un intervento di recupero, ripristino e valorizzazione, che ha ridato luce a un comparto ricco di storia e di fatiche. Promotore e maggiore finanziatore del progetto è stato il Patriziato di Aurigeno che, grazie all’appoggio di enti, istituzioni pubbliche, fondazioni private e sostenitori, ha potuto inaugurare gli interventi la scorsa primavera, pubblicando anche, con Vallemaggia Pietraviva, un opuscolo informativo (Paesaggi di Pietra, Aurigeno: la Chiazza). Al centro delle attenzioni è stata appunto la zona della Chiazza, dove sorge un piccolo nucleo di edifici, molti dei quali ancora utilizzati. Al posto di un diroccato, ormai irrecuperabile, è invece stata costruita una stalla che, rigorosamente in pietra, funge da ricovero temporaneo per gli animali al pascolo. Come leggiamo nel citato pieghevole, «prima del declino della civiltà rurale, tutta la zona era sfruttata per la produzione di uva, castagne e altra frutta, così come per l’allevamento di mucche e capre che qui disponevano di pascoli relativamente ampi e comodi. Ad inizio 900 e per gli anni a venire, lassù vi era un insediamento periodico di aziende agricole dove vi operavano 6-8 persone».

Coltivazioni e terreni che non sono mai stati abbandonati e che il progetto ha rafforzato con un rinnovo parziale del vigneto e con la piantagione di ciliegi e meli, a complemento del frutteto di prugni già esistente. Parallelamente sono pure stati ripristinati numerosi tratti di muri a secco, per una lunghezza complessiva che raggiunge ora i 500 metri lineari e che, oltre a creare un paesaggio affascinante, sono pure un elemento efficace per proteggere le colture dal bestiame e per delimitare le proprietà. Il vigneto è inoltre caratterizzato dai tipici sostegni in sasso, i carásc, che formano delle pergole imponenti e impressionanti, affiancate in altre parti da uva coltivata in filari.

La Chiazza, seppur mai trascurata, ha così trovato nuovo slancio, fornendo oggi un ambiente produttivo, ma anche ricco di valori naturalistici e paesaggistici. Nella zona sono anche state recuperate e rivalorizzate la selva castanile e alcune aree di pascolo, ampliando una superficie agroforestale di pregio. Il Patriziato di Aurigeno ha così potuto scongiurare, ancor prima che ciò accadesse, un potenziale abbandono o un progressivo deterioramento di questa conca, fornendo nel contempo uno stimolo al miglioramento e alla garanzia di una gestione duratura nel tempo. In vetta al colle è pure stato allestito un punto panoramico che, completo di tavolo e panchine, è il luogo ideale per una sosta e per ammirare il paesaggio.

Nel progetto è rientrata pure la valorizzazione di altri comparti situati nelle vicinanze e collegati tramite il circuito ad anello proposto, che si sviluppa per una lunghezza di tre chilometri circa. Innanzitutto è stato migliorato il sentiero d’accesso, ripristinando anche qui diversi muri a secco. In zona Runch di Paolitt sono inoltre stati sistemati nove pozzi che un tempo erano adibiti alla macerazione della canapa, i quali si possono visitare con una deviazione (segnalata) durante l’ascesa. Qui si possono distinguere le cavità dove veniva messa ammollo la canapa, mentre un pannello informativo spiega brevemente i processi fondamentali: dalla coltivazione al prodotto finale, passando per la macerazione, l’essicazione, la stigliatura, la pettinatura e la filatura.

Oltrepassata la Chiazza e scesi dal versante opposto, si raggiunge invece il ponte romanico in zona Runch da l’Ört, pure oggetto di un intervento di consolidamento. Il manufatto, ad arcata unica e con un suggestivo selciato irregolare, era un varco obbligato per entrare in Vallemaggia, quando era difficile o impossibile superare le gole di Ponte Brolla e le altre. Il collegamento tra il Locarnese e la valle avveniva probabilmente da Tegna verso il Castelliere, passando dalla forcola di Dunzio e quindi, appunto, tramite questo ponte in direzione di Aurigeno. Lungo il fiume sono anche stati ricostruiti, a scopo didattico, dei canali in legno che servivano in passato per portare l’acqua al mulino posto nelle vicinanze, che oggi invece è in rovina e inaccessibile.

La Chiazza e il ponte romanico sono inoltre integrati nell’itinerario «Aurigeno e il Vanoni» uno dei percorsi pedestri della serie «Sentieri di pietra» edita da Vallemaggia Turismo, APAV (Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia) e Vallemaggia Pietraviva. Nei dintorni si potranno dunque incontrare altri punti d’interesse, come l’antico lavatoio a Terra di fuori, che si raggiunge risalendo lungo un suggestivo camminamento circondato, anche qui, da imponenti muri a secco.