Una presenza che si percepisce ancora oggi, una memoria viva in ogni stanza di una signorile dimora di metà Ottocento incastonata nel nucleo di Barbengo e rimasta sinora miracolosamente intatta al suo interno. La figura dell’architetto Augusto Guidini (Barbengo 1853 – Milano 1928), di cui un volume di recente pubblicazione ricostruisce iter professionale e impegno civile, è sempre lì, seria e pensierosa, ad accogliere gli ospiti nel salone al primo piano. Il grande quadro del pittore Attilio Balmelli che lo ritrae è una delle innumerevoli testimonianze di una vita intensa, divisa principalmente fra Barbengo e Milano, ma caratterizzata anche da molteplici viaggi e soggiorni in Paesi lontani. Per il dottor Arnaldo Guidini, nipote del noto architetto, il ritratto è soprattutto uno dei ricordi più cari. Fra questi, altre tele collezionate dal nonno, come una Madonna del Petrini che apprezzava in modo particolare, e i suoi diari. Molto dettagliato e personale quello in cinque volumi del primo viaggio in America del Sud con meta Montevideo.
A 84 anni, Arnaldo Guidini ci offre un viaggio a ritroso nel tempo in quella che la famiglia ha sempre considerato «la casa» e dove quattro generazioni hanno trascorso parte della loro vita soprattutto sull’arco del Novecento. Pur essendo cresciuto a Milano, il padre di Arnaldo Guidini, Augusto jr. (1895-1970), pure lui architetto, ha conservato la dimora di Barbengo – oggi inserita nell’Inventario dei beni culturali quale proprietà tutelata a livello locale – come residenza familiare e archivio del suo operato nel solco tracciato dal padre.
«Costruita dal noto politico e militare di carriera Giovanni Battista Ramelli nel 1851 – racconta Arnaldo Guidini – la casa venne acquistata da mio nonno dagli eredi dalla vedova Ramelli nel 1890 e in seguito ampliata con l’aggiunta della torretta». Oggi conta una quindicina di stanze che si aprono l’una sull’altra su tre piani. Locali riccamente decorati che ospitano numerosi oggetti e opere d’arte, benché il dottor Guidini confidi di averla «alleggerita» quando si è trasferito a Barbengo una ventina di anni or sono dopo il pensionamento. A differenza di padre e nonno, egli ha scelto la professione del medico, lavorando per quasi trent’anni come anestesista negli ospedali pubblici. Per praticità ha quindi sempre vissuto in città, mantenendo però un profondo legame con la dimora familiare, dove ha trascorso gli ultimi anni di vita anche la madre.
Una vera e propria casa d’artista nella quale l’eclettica personalità di Augusto Guidini ha riunito collezioni di quadri, libri, oggetti particolari raccolti durante i viaggi e nei cantieri, e ancora progetti, disegni e scritti legati alla sua attività professionale e alla militanza politica.
«Due camere al secondo piano – precisa al riguardo Arnaldo Guidini – erano occupate dalla biblioteca che ho in parte ceduto alla Biblioteca dell’Accademia di architettura di Mendrisio. Si tratta di circa seicento titoli comprendenti anche volumi acquistati da mio padre nella prima metà del secolo scorso e oggi introvabili. L’Archivio del moderno ha invece ricevuto in donazione l’archivio professionale. In questo modo ho potuto garantire la conservazione di entrambi. La casa è così grande e poco adeguata alle comodità dei tempi moderni che risulta molto difficile riscaldarla ed evitare che l’umidità intacchi beni delicati come lo sono le carte ottocentesche. Le nuove collocazioni hanno inoltre permesso di catalogare e in seguito studiare una grande quantità di materiale, valorizzando l’operato di mio nonno. Fino agli anni Ottanta nessuno si era mai occupato di lui. Tutto è iniziato con l’interesse di un professore romano per il progetto del piano regolatore di Messina. Un piano non adottato, ma che ha permesso di riscoprirlo. Ricordo ancora la sua telefonata e il giovane studente che è venuto a Barbengo per le ricerche poi sfociate nella sua tesi di laurea».
Separarsi da queste testimonianze è stato difficile, ammette il dottor Guidini, ma al tempo stesso rassicurante proprio per la certezza della loro adeguata conservazione. Pur avendo scelto una carriera diversa, Arnaldo Guidini, affascinato sin da bambino dalla figura del nonno scomparso quattro anni prima della sua nascita, si è sempre dedicato con passione alla sua storia personale. Per il recente volume pubblicato dall’Accademia di Architettura ha redatto un contributo sulla biografia professionale di colui che oggi è annoverato nell’Inventario svizzero di architettura quale importante architetto erudito del suo tempo e tra i pionieri della storiografia e della salvaguardia dell’arte.
Il nipote ritrova il nonno in ogni stanza della casa di Barbengo, come ad esempio nello studio, dove sono stati trasferiti alcuni dei mobili provenienti dallo studio milanese e dove è appeso il bozzetto del ritratto di Augusto Guidini firmato da Luigi Rossi. Di quest’uomo – «di alta statura, imponente, con occhi azzurri dallo sguardo scrutatore» – in famiglia rimane però soprattutto l’insegnamento morale.
«L’attaccamento al lavoro e il senso del dovere sono il grande esempio che il nonno ha trasmesso a mio padre e lui a me. Sono sempre stato affascinato anche dall’idealismo e dalle convinzioni che animavano non solo mio nonno ma diverse personalità della sua epoca. Sentimenti oggi molto più difficili da trovare».
Il ritratto personale che il dottor Guidini presenta del nonno non è comunque solo elogiativo. Da persona equilibrata qual è, riconosce luci e ombre dell’illustre progenitore. «Era un uomo molto ostinato, polemico e assai poco incline al dialogo. Con lo sguardo di allora forse il suo atteggiamento era in parte giustificato, ma di sicuro alcune sue battaglie sono state compromesse proprio dall’eccesso di ironia e sarcasmo. Penso ad esempio alla questione della cremazione, che non voleva rendere obbligatoria ma solo possibile. Questo suo modo di essere, caratterizzato da un fortissimo ego che lo rendeva incrollabile nelle sue idee, gli ha reso la vita difficile. Ha avuto scontri vivaci sia nella professione sia in politica, alcuni dei quali anche molto duri, come quello con Francesco Chiesa».
«Era un uomo in anticipo sui tempi in tutti gli ambiti», conclude Arnaldo Guidini. Il nipote invece si considera piuttosto un uomo del passato, erede di un’importante tradizione che con discrezione ha saputo conservare e valorizzare.