La corte interna ha subito diverse modifiche: la copertura in vetro e una nuova pavimentazione (CdT - Maffi)

Un palazzo, cento storie

Locarno – Costruito negli anni Trenta dell’Ottocento l’edificio che oggi tutti conoscono come «la Sopracenerina» è stato la sede governativa nei periodi in cui la città sul Verbano era la capitale del Cantone
/ 07.09.2020
di Nicola Pini *

La realizzazione del Palazzo oggi comunemente definito «della Sopracenerina» – proprietaria dello stabile – data degli anni Trenta dell’Ottocento ed è frutto di una contingenza storica particolare, quella della capitale itinerante, quando Bellinzona, Lugano e Locarno ospitano a rotazione le istituzioni cantonali. Pratica, questa, mai piaciuta al Franscini, che vi avrebbe preferito un nuovo capoluogo sul Ceneri chiamato Concordia, e interrotta nel 1878 da una votazione popolare con 14’000 sì e 7000 no. È proprio un impeto di orgoglio, prima di diventare per la seconda volta capoluogo, che spinge un gruppo di cittadini locarnesi a dare vita al Palazzo Governativo, uno fra i primi edifici ad essere progettato per fungere specificatamente da sede di Autorità e pubblica amministrazione.

Il Palazzo è costruito tra il 1837 e il 1839 su iniziativa di un gruppo di cittadini che, costituendo una «Società di azioni», si dice disposto a finanziarlo per dare una degna casa alle Istituzioni. Una prassi, questa, diffusa nell’Ottocento, quando le principali iniziative per modernizzare Locarno – l’asilo infantile nel 1845, l’ospedale La Carità nel 1872, la fondazione della Società Locarnese per l’introduzione del gas nel 1875 e per l’acqua potabile nel 1896 – sono gestite da un nucleo ristretto di famiglie borghesi e terriere, con tutta probabilità per superare un certo immobilismo e delle evidenti ristrettezze finanziarie. Le informazioni riguardanti la nascita del Palazzo sono copiose e dettagliate, in particolare grazie ad un importante e minuzioso lavoro di ricerca da parte di Jessica Beffa («Locarno capoluogo – Il borgo come sede delle autorità cantonali nella prima metà dell’Ottocento», in Bollettino della Società Storica Locarnese, n. 19, 2015), che permette di ripercorrere quasi passo per passo progettazione e realizzazione della struttura. Per farla breve, la Società, dopo aver fatto elaborare differenti progetti, opta per quello proposto da Giuseppe Pioda, fratello del più famoso Giovan Battista che sostituì Stefano Franscini in Consiglio federale, che ha progettato l’attuale Casa anziani San Carlo e, nel ruolo di ingegnere del Cantone, diverse strade (fra le quali la litoranea verso Brissago). La convenzione siglata dal Consiglio di Stato comprende la realizzazione di sale per Gran Consiglio, Consiglio di Stato, segretario di Stato, ufficio contabilità generale, archivio cantonale, ufficio del bollo, direzione delle poste, commissione della pubblica istruzione, segretario dei registri militari e di polizia, come anche cucina, camera per l’usciere custode e un sito per il corpo di guardia vicino alla porta.

Locarno è stata capitale del Canton Ticino per quattro volte, nei periodi 1821-1827, 1839-1845, 1857-1863 e 1875-1881; la prima volta le Istituzioni occupano il convento di San Francesco, mentre le altre proprio Palazzo Governativo. Secondo Rodolfo Huber, archivista della Città e apprezzato studioso della storia locarnese, questi periodi hanno avuto un effetto modernizzatore e integrativo per Locarno, che poteva beneficiare non solo di una certa immediatezza delle decisioni, ma anche di una Città più pulita e sicura anche grazie a provvedimenti straordinari di utilità pubblica.

Quando la politica albergava altrove, il Palazzo ospitava assemblee, cerimonie, veglioni di carnevale, commerci e abitazioni. Insomma, un vero e proprio «Palazzo sociale ad uso Residenza governativa» (così è definito il Palazzo in un carteggio della Mutuo Soccorso). Da segnalare che dal 1854 lo stabile è anche sede, contemporanea-mente, del Teatro di Locarno: «fino al 1893» – scrive Teresio Valsesia («Voglia di teatro (1850-1902)» in Amor ci mosse… I cent’anni del Teatro di Locarno, 2003) – «l’austera sala viene usata alternativamente dal Gran Consiglio e dal «carnevale delle rappresentazioni». Si possono immaginare i commenti e gli ammiccamenti su quale fosse, dei due, il «carnevale» più autentico e divertente».

Nel 1893 il Palazzo viene acquistato dal Credito Ticinese, banca fondata qualche anno prima, che ne fa la propria sede. Un passaggio che avviene dopo un primo mancato acquisto dello stabile da parte della Città, per il quale il Municipio (conservatore) è contestato dal giornale «Il Dovere» (liberale) sia nel metodo (decisione presa in seduta straordinaria e senza l’avvallo dell’assemblea comunale) che nel merito (in quanto l’acquisto avrebbe evitato la costruzione di un nuovo edificio scolastico). All’alluvione del 1907 – superata non senza difficoltà, come quella del 1868, di cui il Palazzo porta ancora il segno su una colonna interna – segue un’altra calamità, un metaforico terremoto: il crack bancario del 1914 che – oltre a polverizzare i risparmi di molti cittadini e causare, secondo le cronache del tempo, dei suicidi – sancisce il fallimento di diverse banche, fra le quali il Credito Ticinese, ma anche la Banca Cantonale, discreditando il mondo economico e imbarazzando quello politico. Fra le cause dei fallimenti, infatti, non solo una generale crisi economica in Svizzera, ma anche strutture inadeguate, operazioni ad alto rischio e una gestione basata su criteri partitici più che economici: da una parte il Credito Ticinese, banca dei conservatori, dall’altra la Banca Cantonale, in mano liberale. Il fallimento di queste due banche sopracenerine – di Locarno il Credito, di Bellinzona la Banca Cantonale – ha favorito lo spostamento dal Sopra al Sottoceneri del centro economico-finanziario del Cantone e portato alla creazione nel 1915 da parte delle Autorità cantonali – per ridare fiducia ai risparmiatori – dell’attuale Banca Stato. Ma torniamo al Palazzo, che viene ripreso da un altro istituto di credito, la Banca Svizzera Americana (ora UBS).

La Banca Svizzera Americana intavola trattative per la vendita del Palazzo, in particolare con il Municipio di Locarno. Trattative che iniziano nel dicembre del 1915 e diventano roventi nel giugno del 1917 con la convocazione di ben tre Consigli Comunali in pochi giorni. In breve la banca chiede 280’000 franchi, mentre il Municipio non vuole andare oltre i 250’000; la Commissione speciale del Consiglio comunale rovescia il parere del Municipio e propone l’acquisto al prezzo richiesto, ma al momento del voto il rapporto commissionale – seppur raccogliendo 20 voti favorevoli (rispetto a 13 contrari) – non raggiunge per un voto la maggioranza assoluta e dunque non è approvato. A pesare per il no ragioni finanziarie (siamo in piena Grande Guerra) e la questione morale relativa al testamento del Barone Marcacci, il quale alla sua morte donò un edificio alla Città proprio perché vi insediasse il Municipio (l’attuale Palazzo Marcacci, in effetti ancora sede del Comune). Caduta l’opzione di un acquisto da parte di Locarno – opzione che tornerà in discussione, ma senza esito, nel 1933 – spunta così la Società elettrica Locarnese (SEL), nata nel 1903: inizia l’epoca elettrica, ancora attuale (nel 1933 la SEL, fondendosi con la Società Elettrica Tre Valli, creerà l’attuale Società Elettrica Sopracenerina). A spiccare, nella vicenda, la figura di Giovanni Pedrazzini, «pioniere» e «benefattore» (parole di Piero Bianconi), il cui busto svetta ancora nel Palazzo, salendo le scale: dopo aver fatto fortuna in America, contribuisce allo sviluppo di Città e regione, fondando e presiedendo Società elettrica e Banca Svizzera-Americana, promuovendo la funicolare Madonna del Sasso e la ferrovia Valmaggina, edificando il Quartiere nuovo (attorno a Piazza Pedrazzini) e ricoprendo le cariche di Gran Consigliere e Sindaco di Locarno (1914-16). Ai più attenti non sarà sfuggita la delicatezza della situazione: Presidente della banca che vuole vendere il Palazzo, già Sindaco di Locarno che vede sfumare l’acquisto dell’immobile, Presidente della Società elettrica che per finire lo acquista (con un prestito ipotecario della Banca che presiede).

La prima grande trasformazione fisica avviene nel 1893 con l’eliminazione del grande frontone centrale triangolare sovrastante la facciata principale, ad opera dell’architetto Alessandro Ghezzi, pare a causa di perdite d’acqua. Nel 1917 l’architetto Eugenio Cavadini attua invece una ristrutturazione interna e la modifica della facciata posteriore, in particolare l’eliminazione delle scuderie. Negli anni Cinquanta, più precisamente nel 1955, avviene la seconda importante modifica alterante del Palazzo e della facciata principale, ad opera questa volta del celebre architetto locarnese Paolo Mariotta (1905–1972), il quale inserisce degli imponenti archi, probabilmente per ingrandire e illuminare maggiormente gli spazi adibiti ai commerci; modifica che subisce la critica di eminenti intellettuali come Virgilio Gilardoni e Piero Bianconi. Nel 1993 viene installata una cupola di vetro a copertura della corte interna con l’intento di creare un nuovo spazio per incontri e manifestazioni: l’autore è Mario Botta, che definirà l’opera un «prolungamento naturale della Piazza». Una valorizzazione, quella della corte interna, che passa anche dal rifacimento negli anni 2000 della pavimentazione interna (disegno a scacchiera con zone chiare e scure) ed esterna (pensata per dare continuità alla corte interna posando grandi lastre di granito Onsernone), ad opera degli studenti della Hochschule für Technik di Stoccarda guidati dal loro professore, l’architetto ticinese Claudio Cavadini. Un Palazzo aperto, quindi, verso la Piazza e idealmente i suoi cittadini; aperto verso un futuro ancora tutto da vivere e, prima o poi, da raccontare. 

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