Si è tenuta lo scorso 15 febbraio, presso la sala multiuso del Municipio di Ponte Tresa, l’inaugurazione della mostra itinerante «La Seconda guerra mondiale in Ticino. Sviluppo del contrabbando come risposta al razionamento», organizzata dalla Fondazione Sasso San Gottardo e curata da Cristina Kaufman, mostra che si potrà visitare fino al prossimo 30 aprile.
Il contrabbando è per definizione un atto contrario al bando, alla legge... ma non alla morale comune dell’epoca, che lo accettava e anzi lo considerava quasi un’istituzione. Il contrabbando tra l’Italia e il Canton Ticino, nel periodo 1939-1945, è stato infatti un fenomeno di massa, la cui diffusione è strettamente legata alla situazione socio-economica dell’epoca.
Come raccontato dal regista Bruno Soldini nel corso della conferenza in occasione dell’inaugurazione della mostra, quest’attività, a partire dal Risorgimento e fino alla vigilia della Grande Guerra, era diretta dalla Svizzera all’Italia. Dapprima si contrabbandavano opuscoli e volantini propagandistici e in seguito, dopo l’unità d’Italia, tabacco, caffè, orologi, armi e perfino petrolio. Il transito di merci cambiò poi direzione durante la Prima guerra mondiale, e soprattutto nella Seconda. Fu soprattutto dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943 che il fenomeno si intensificò. I soldati italiani ormai sbandati trovarono infatti in questa occupazione l’unica fonte di guadagno possibile: a partire da quel momento aumentò quindi notevolmente il passaggio di generi alimentari tra l’Italia e il Ticino, soggetto, come il resto della Confederazione, al Piano Wahlen e al razionamento. Tessere e bollini alimentari facevano parte della quotidianità dei ticinesi e ne decidevano, in tempo di crisi, l’accesso a beni prima molto diffusi, come lo zucchero, la carne, i cereali, il latte e le uova. Furono anni in cui l’approvvigionamento alimentare risultava difficile per i ticinesi, e tutto ciò ha permesso al contrabbando di svilupparsi. Soldini, nel corso della sua presentazione, sottolineava inoltre, anche attraverso la proiezione di alcuni estratti dei suoi film, come quest’attività fosse di conseguenza diventata parte della quotidianità degli abitanti del Ticino dell’epoca.
La mostra, dopo aver fornito al visitatore diverse informazioni sullo svolgimento della Seconda guerra mondiale e sui suoi effetti, in Svizzera in generale e in Ticino in particolare, parte proprio da qui, mettendo in luce i tratti principali e le caratteristiche di questo fenomeno, ma anche alcune curiosità e le particolarità legate al contrabbando tra Italia e Canton Ticino durante gli anni della guerra.
Alcuni pannelli sono dedicati alla vita in Ticino durante il conflitto e, attraverso fotografie, testimonianze e documenti – tra cui per esempio un libro di cucina con consigli utili in tempo di ristrettezze o un opuscolo per il riconoscimento dei vari aerei da guerra che potevano sorvolare il nostro Cantone – affrontano temi quali la mobilitazione, l’oscuramento e il razionamento alimentare, per poi concentrarsi, più nel dettaglio, sul tema principale.
Il contrabbando è presentato sotto vari aspetti, come quello dell’equipaggiamento del contrabbandiere, caratterizzato dalla bricolla, dalle scarpe fatte con la tela dei sacchi di juta per non fare rumore e dal falcetto, utile per tagliare rapidamente le bretelle della bricolla e abbandonare la merce in caso di «alt!» delle guardie di confine. Si può leggere poi delle astuzie utilizzate dai contrabbandieri e dalla popolazione, come i segnali visivi (il bucato lasciato steso) o uditivi (fischi e versi di animali) che servivano a segnalare la presenza di guardie o il via libera; e dei pericoli affrontati dalle guardie di confine, la cui vita, proprio come quella dei contrabbandieri, non era affatto facile. La mostra sottolinea infine, come detto, come il contrabbando fosse un fenomeno estremamente diffuso e socialmente accettato, e come vi partecipassero persone di tutte le età, di qua e di là dal confine, a creare una rete di trasportatori, ricettatori e rivenditori che copriva l’intero territorio tra Italia e Svizzera.
Una realtà affascinante, molto diversa da quella del dopoguerra, in cui il contrabbando perse la sua aurea romantica per diventare un fenomeno criminale, che causò diverse morti, anche tra le guardie di confine, e in cui venne così meno anche il suo legame con il vissuto e la quotidianità della popolazione ticinese.