La notizia è di quelle che non si possono ignorare e non concerne, come si potrebbe presupporre, l’eventuale e più che probabile ritorno dell’orso in Ticino, perché a detta degli esperti questa non sarebbe certo una sorpresa. «È da ritenersi solo un caso che dei primi orsi giunti in Svizzera non ne siano già passati dal Ticino», esordisce l’esperta Joanna Schoenenberger nel ripercorrere l’istoriato dei movimenti di questi plantigradi su suolo elvetico: «Dal 2005 giovani orsi maschi passano dalla Svizzera, nel canton Grigioni. Dal 2011 ogni anno almeno un individuo è passato in val Chiavenna. Nel 2015 un orso è stato avvistato in val Roggiasca in Mesolcina e dalla cartina che ne documenta i passaggi si può chiaramente vedere l’areale di presenza permanente di orsi femmina e dei maschi di passaggio, come anche i punti di accertamento dell’orso M29 che ora si muove nella zona di Engelberg».
La novità di cui abbiamo accennato riguarda la visita in Ticino di un esimio esperto in materia: «A metà aprile abbiamo ospitato il coordinatore Grandi Predatori del Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento Claudio Groff al Demanio cantonale dell’Ufficio Caccia e Pesca a Gudo, che ha parlato alla presenza di attori di tutte le categorie che avranno possibilmente a che fare con il ritorno dell’orso in Ticino (le valli confinanti con il Comasco e la val Chiavenna) e Moesano». Tra i presenti, la nostra interlocutrice cita rappresentanti di Uffici cantonali, comunali e attori provenienti da turismo, allevamento, apicoltura, protezione della natura, polizia cantonale e persone legate a iniziative regionali.
Groff ha descritto le sue esperienze maturate nella gestione di una popolazione di orsi in una Provincia che da un lato convive da sempre con essi, dall’altro si trova a fronteggiare le stesse nuove sfide che aspetteranno noi: «I pochi orsi rimasti in Trentino erano stati ripopolati negli anni 1999-2001 con nove esemplari sloveni, perseguendo l’obiettivo di salvare la popolazione autoctona. Questi si sono riprodotti e contano a tutt’oggi tra i 50 e i 60 individui». Un incontro, dunque, con lo scopo di informarsi e poter informare, allacciando i contatti con l’Ente Trentino: «Sono i primi dovuti passi di massima importanza in vista di una prossima visita da parte di un orso», afferma Schönenberger che ritiene «cruciale» considerare in modo differenziato l’importanza delle emozioni, degli interessi e dei fatti scientifici inerenti questo animale che, dice: «Riunisce i tre aspetti e diventa un animale di potente valenza simbolica». Un incontro che ha voluto soffermarsi dunque sul «da farsi» e sulla conoscenza di questo animale, sul suo comportamento e sulle eventuali interazioni fra umani e orso, sulla possibile convivenza con il minimo dei conflitti.
«Non si tratta di schierarsi pro o contro e per questo l’evento non era di dominio pubblico», spiega l’esperta che così ne riassume i punti salienti a partire dal prologo di quello che ha definito un incontro davvero proficuo: «Groff ci ha raccontato nel dettaglio la biologia dell’orso e ha ormai potuto derivare la scienza dall’esperienza». Esperienza riferita alla presenza nel Trentino di una micro-popolazione con una buona garanzia di sopravvivenza: «Da 16 anni è oggetto di una punt uale ricerca scientifica attraverso un monitoraggio capillare e completo; questo fa sì che i loro dati scientifici derivati dall’esperienza e dal monitoraggio siano molto probabilmente unici al mondo e che la base scientifica di studio dell’orso in Trentino la renda molto seria, affidabile e importante».
La nostra interlocutrice ricorda inoltre che l’affidabilità degli studi dell’orso in Trentino è pure dovuta al fatto che la gestione di questo plantigrado è affidata allo Stato: «Per questo è focalizzata sulla gestione operativa quotidiana dell’orso da parte dell’autorità forestale e del suo servizio». In sintesi, il «bottino» che la visita di Groff ha riservato ai suoi interlocutori ticinesi: «Abbiamo maturato un’idea di come potrebbe presentarsi il ritorno e il passaggio dell’orso dalle nostre latitudini, sfide e vantaggi compresi». Sfide che la Schoenenberger così riassume: «Quella più grande degli ultimi anni riguarda la “disinformazione mediatica” che, poco oggettiva, ha ridotto l’accettazione dell’orso».
La sfida relativa all’animale stesso concerne quegli esemplari definiti gradassi: «Essi non sono pericolosi (ndr: ricordiamo l’indole schiva e solitaria di questo animale), ma comprensibilmente e con il loro comportamento hanno prodotto una mal disposizione generale verso gli orsi, senza che ne si conoscesse la loro vera natura». Sempre attingendo all’esperienza trentina: «Gli orsi troppo confidenti hanno fatto qualche danno, l’aumento della popolazione li ha spinti verso nuovi spazi dove la gente si è trovata dinanzi a una nuova esperienza che, per prima cosa e per permettere la pacifica convivenza, necessita di un’informazione completa, imparziale e oggettiva».
L’ultima sfida riguarda la politica che pare approfitti della valenza simbolica dell’orso per portare voti al proprio partito. «Tutto ciò, insieme alla disinformazione mediatica, è stato determinante e ha creato insidie alla presenza dell’orso in Trentino, dove peraltro è sempre stato». Ma veniamo ai vantaggi che l’orso dovrebbe comportare: «Difficile esprimerli in termini numerici, ma quello che Groff racconta è il ritorno di immagine e di indotto economico che la regione del Trentino trae dalla presenza dell’orso sul suo territorio». Una pubblicità che a pagarla costerebbe milioni, sempre secondo l’esperto.
«Naturalmente, la presenza dell’orso desterebbe l’interesse turistico e un ritorno economico anche per il nostro territorio». Altri vantaggi: «Sono di natura ecologica e sono ancora difficili da soppesare scientificamente. In genere, non dimentichiamoci che essere in grado di convivere con la natura che ci circonda arricchisce la vita dell’essere umano che ne è pur sempre parte. In Trentino, ad esempio, questa è un’esperienza che si va a cercare».