Cosa succede quando persone che parlano lingue differenti si scontrano con la barriera linguistica? Quando le condizioni lo consentono, si ricorre all’inglese; al di là di ciò, si tende generalmente a farsi aiutare dalla gestualità. Gestualità che effettivamente sta alla base di una, o meglio tante, lingue, quelle dei segni (di cui ogni paese o entità linguistica ha la propria), le quali consentono alle persone non udenti di comunicare tra di loro e con il loro entourage. La gestualità è però un bene di tutti, che merita di essere valorizzato e, nello specifico, utilizzato per una comunicazione che vada al di là della distinzione tuttora esistente tra chi parla con la voce e chi con i gesti.
Da questo tipo di considerazioni nasce – peraltro proprio nel nostro Cantone – Uniwording, che vuol essere una lingua segnica universale, ovvero per tutti. L’idea che sta alla base del progetto è che chiunque (a partire addirittura dai due anni di età) possa imparare questa lingua gestuale in poco tempo e con facilità. Lo sviluppo della lingua dei segni Uniwording è iniziato nel 2012 con la creazione dell’omonima Associazione, con sede a Castel San Pietro. Come si può immaginare, si tratta di un progetto che richiede un tempo lungo per la sua piena realizzazione. L’obiettivo principale si riterrà infatti raggiunto quando un numero importante di persone – udenti e non udenti – avrà assimilato questa competenza linguistica ausiliaria, in grado di abbattere le barriere linguistiche di cui si parlava in apertura.
Ma procediamo con ordine. «Quando lavoravo come giornalista alla radio, avevo fatto un servizio sul modo in cui comunicano le persone sorde e avevo trovato le lingue per non udenti molto belle e interessanti», racconta Mirella De Paris, coordinatrice del progetto Uniwording e Presidente dell’omonima associazione, «un giorno poi, nei pressi della funicolare di Lugano, mi è capitato di notare due ragazze che chiacchieravano vivacemente tra di loro. Eppure, sebbene io fossi a pochi passi, non sentivo nulla. Allora ho capito che si trattava di due persone sorde che usavano, con armonia e naturalezza, i segni della loro lingua. È proprio in quel momento che è nata l’idea di Uniwording». In questo progetto l’ex giornalista radiofonica è affiancata da un team di validi e motivati collaboratori, che in dieci anni è riuscito a raggiungere importanti traguardi. «Guardando a ritroso, possiamo dire di aver fatto un lavoro incredibile. Abbiamo dovuto inventare una lingua che non esisteva, cominciando dalla scelta di quali parole potessero essere utili per una comunicazione di base», spiega Mirella De Paris, «ne abbiamo individuate 1500 e per ognuna di esse abbiamo cercato tra le varie lingue segniche il segno che ritenessimo migliore e più intuitivo. Nei casi in cui il segno mancava o non ci convinceva, l’abbiamo inventato. Dopodiché, abbiamo dovuto pensare a come insegnare questa lingua».
A riguardo, il team di Uniwording ha creato un sistema didattico innovativo che si basa su delle carte (reali o su schermo) su ognuna delle quali è rappresentato un segno del vocabolario tramite un disegno, corredato da frecce che indicano il movimento delle mani e supportato da una didascalia che l’utente legge nella propria lingua. Alla base di questa scelta, vi è la constatazione che il disegno didattico risulta un sistema migliore per cogliere il segno e poterlo depositare in un’area non fugace della memoria rispetto ai filmati dei vari segni che generalmente vengono utilizzati in rete per le lingue gestuali. Un altro unicum nella didattica è la volontà di dotare ogni carta di un codice QR che rimandi all’animazione grafica del segno, attualmente disponibile su YouTube. «In futuro tale codice si troverà anche sulle carte virtuali», commenta De Paris. Uno dei grandi progetti dell’Associazione è infatti la creazione di un’App, che possa un domani consentire alle persone in ogni angolo del mondo di auto-imparare questa lingua universale. «Per la diffusione di Uniwording puntiamo molto sulla futura App, ma al momento mancano i fondi per poterla realizzare», commenta l’ex giornalista radiofonica.
Come materiale didattico è al momento disponibile quello cartaceo, in particolare le «flash cards» (quelle di cui parlavamo in precedenza, con le quali è attualmente possibile apprendere mille segni) e le carte da gioco, con le quali si imparano una settantina di segni giocando in famiglia. «In occasione dell’evento previsto per i 10 anni presenteremo un’altra possibilità per avvicinarsi ludicamente alla lingua dei segni per tutti e cioè un memory», aggiunge le presidente dell’Associazione.
Il progetto Uniwording si pone, come visto, degli obiettivi molto belli e altrettanto ambiziosi. «In questa fase il nostro scopo è di preparare la lingua, che sarà pronta quando per tutti i segni avremo un disegno didattico, la didascalia, la traduzione, ecc; per la fase successiva, quella della divulgazione, fondamentale sarà trovare dei grandi partner», commenta l’ideatrice. Rispetto all’esperanto, che pure mirava a diventare una lingua universale, Uniwording ha un altro approccio: «L’esperanto era una lingua molto intellettuale e di nicchia, mentre Uniwording parte dal gesto, che è già naturale di per sé, e si caratterizza per la simpatia e l’empatia che crea», continua. La grammatica, nel caso di Uniwording, è estremamente semplificata. I verbi sono sempre all’infinito e molti segni rappresentano «famiglie di parole». Ciò consente di riuscire a comunicare già in poco tempo, anche perché il fatto di parlare gestualmente induce a colmare eventuali lacune con inventiva. Inoltre, essendo questa lingua complementare a quella orale, la comunicazione che si instaura è spesso bimodale: «mentre faccio un segno, mi verrà spontaneo verbalizzare la parola, che magari il mio interlocutore pronuncerà pure nella sua lingua», esemplifica Mirella De Paris. Così che il ricorso a Uniwording non mortifica le lingue orali, ma piuttosto le valorizza.
Per la sua praticità, questa la lingua dei segni può rivelarsi utile, oltre che per il turismo, in alcune situazioni specifiche, come l’ambito medico, sociale e umanitario, per le quali l’Associazione intende mettere a punto dei pacchetti di segni essenziali che si possano imparare in pochi giorni. «Con le famiglie in arrivo dall’Ucraina una cosa che è emersa da subito è stata l’impossibilità di comunicare. Sarebbe stato bello avere già a disposizione questa lingua per poter trasmettere un senso di accoglienza», conclude la presidente dell’Associazione Uniwording.