Di vaccini abbiamo parlato nell’incontro con il dottor Alessandro Diana, pediatra e infettivologo al centro pediatrico Clinique des Grangette di Ginevra («Azione 46» dell’11.11.2019). Perciò, senza soffermarci ulteriormente, ci limitiamo a ricordare i tre dati essenziali, ovvero: 1. oggi viviamo in un mondo in cui i vaccini hanno eliminato in modo efficace gran parte di quelle malattie infettive che un tempo condannavano alcuni a morire e molti a una vita di severa disabilità – malattie che comprendevano, per esempio, parotite, meningite, tetano, vaiolo e morbillo –, ciononostante molte persone incorrono nel pensiero che ai vaccini si possa o si debba rinunciare. Per questo l’OMS ha posto la vaccino-esitazione fra le dieci sfide più importanti per la salute mondiale; 2. di fatto, a livello globale, le persone a rischio di contagio sono milioni e nei primi sei mesi di quest’anno i casi segnalati sono i più alti in assoluto dal 2006; 3. nello specifico, quest’anno in Svizzera il numero di casi di morbillo, secondo l’UFSP, è triplicato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
«I vaccini non possono essere un’opinione», e: «I fatti sono la storia e i fatti non sono opinabili»: questo il riassunto del pensiero del Rotary Club Lugano che, in occasione dell’anniversario del 90mo di fondazione, lo scorso ottobre al Palazzo dei Congressi di Lugano ha proposto una conferenza aperta al pubblico proprio su questo tema. Relatori, il professor Giuliano Rizzardini, la dottoressa Lisa Kottanatu e il professor Enos Bernasconi. Con quest’ultimo, vice direttore del Dipartimento di Medicina interna EOC e direttore della Divisione di malattie infettive dell’Ospedale Regionale di Lugano, abbiamo affrontato l’importanza di vaccinarsi.
Dopo aver riportato le statistiche emerse durante l’intervista al dottor Diana di Ginevra, ne riferiamo quindi nuovamente, anche in ragione dell’accoglienza riservataci dal professor Bernasconi: «La vaccinazione non è solo un mezzo di protezione individuale, ma collettivo; parlare di vaccini è importante, più se ne parla e meglio è: il medico ne parla con il singolo paziente, con la famiglia, ma i mezzi di comunicazione hanno il compito di esprimersi con quel pubblico molto ampio che è la collettività».
Anche il nostro interlocutore, con cui analizziamo la realtà ticinese, è dello stesso avviso del dottor Diana sul fatto che le vaccinazioni restano una grande rivoluzione silenziosa del nostro tempo, ma questa realtà pare vacillare sotto l’avanzata dei vaccino-scettici che sembra non si curino di questa memoria storica per rinfrescare la quale «dobbiamo essere regolarmente presenti con il tema dei vaccini in qualsiasi modalità comunicativa perché l’informazione classica, nella quale i medici giocano un ruolo fondamentale, rimane essenziale anche nel ricordare che pure gli adulti necessitano di essere vaccinati».
Innanzitutto, occorre rispondere a una domanda solo all’apparenza banale su cosa sono i vaccini. L’infettivologo ci consegna una definizione che deve far riflettere, fugando le false credenze e riportando il discorso su un livello di evidenza scientifica: «Il vaccino è un modo naturale di proteggersi contro le malattie. Naturale perché in fondo ciò che viene inoculato è, in parole semplici, la componente meno pericolosa dei microrganismi virali, per preparare il sistema immunitario a difendersi da solo contro il virus che sì, quello può fare un grande danno».
E le conseguenze dannose dei vaccini sono il maggior cruccio delle persone vaccino-esitanti o scettiche: «Si tratta di preoccupazioni che dobbiamo imparare ad ascoltare e accogliere, ma alle quali possiamo rispondere che si tratta di paure infondate e senza alcuna evidenza scientifica: nei decenni i vaccini sono diventati sempre più sicuri, e parliamo di virus attenuati (come nel caso del morbillo), oppure di componenti strutturali del virus che, ripeto, hanno il compito di stimolare il sistema immunitario senza produrre gli effetti avversi gravi della malattia».
Il professore mette così in evidenza la sproporzione tra quello che definisce il timore di «un rischio teorico» di fare un’encefalite da vaccino, a fronte dei «rischi reali, molto maggiori e certamente più gravi» del virus stesso. Ritorna il concetto di temporalità che sgretola la paventata relazione di causa-effetto fra vaccino e conseguenze infauste: «Le persone di buonsenso si confrontano sulla base dei dati scientifici e non sulle dicerie». Una su tutte, la convinzione dei vaccino-scettici sulla relazione fra il vaccino del morbillo e l’insorgenza dell’autismo. Una leggenda metropolitana sulla quale chiediamo al professore di fare chiarezza: «Uno studio pubblicato in Gran Bretagna nel 1998 sulla rivista “Lancet” (Wakefield, 1998) ipotizzava che il vaccino morbillo-parotite-rosolia (MPR) determinasse un’infiammazione intestinale con conseguente aumento della permeabilità dell’intestino, seguita dall’ingresso nel sangue di sostanze tossiche in grado di danneggiare il cervello e determinare l’autismo. Appena pubblicato, lo studio fu criticato perché presentava dei difetti: si basava solo su 12 bambini senza tener conto del fatto che il 90 per cento dei bimbi britannici era vaccinato con MPR alla stessa età in cui generalmente l’autismo è diagnosticato, e infine non metteva a confronto la frequenza dell’autismo tra i vaccinati e i non vaccinati. Alcuni anni dopo una parte degli autori dello studio ne ritrattò le conclusioni, prendendo le distanze dallo studio con una dichiarazione pubblicata su “Lancet”. Durante un procedimento giudiziario condotto successivamente (United States Court of Federal Claims, 2007), un collaboratore di Wakefield, Nick Chadwick, rivelò che i risultati dei test tramite RT-PCR erano stati volontariamente alterati da Wakefield. È infine di quest’anno la notizia che un nuovo studio, con fondamenti scientifici, fornisce l’ennesima conferma che non esiste alcuna associazione tra il vaccino MPR e un maggior rischio di sviluppare l’autismo, nemmeno tra i bambini che sono più a rischio».
Resta che oggi bisogna affrontare il tema dei vaccini con la consapevolezza di non poter ignorare gli elementi di grande preoccupazione che la copertura insufficiente vaccinale potrebbe comportare sempre di più: «Siamo nell’era della globalizzazione, per fare un esempio: viaggiamo in paesi dove non sempre c’è una buona copertura vaccinale; rischiamo di esportare l’infezione creando ancora più problemi nei paesi che visitiamo». Il nostro interlocutore conclude con una riflessione sui vaccino-scettici: «Bisogna ascoltare, comprendere dove stanno le paure e su quali basi poggiano, entrare in comunicazione sgretolando la disinformazione».