Scoprire e rintracciare i grandi maestri dello stucco in Ticino e le loro opere disseminate sul territorio è ora più semplice. Come? Alcuni ricercatori della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) hanno sfruttato l’universo digitale e creato un’ampia serie di supporti che ha permesso di dare vita a un museo diffuso, supportato da un’app, una mappa cartacea e digitale, un sito web e persino cartoline a realtà aumentata. Dove conduce l’itinerario? In 23 chiese, da Balerna a Bellinzona, nelle quali è stato installato un totem con un codice QR per cui il visitatore può avvicinare il proprio telefonino e attivare un’audioguida in italiano o inglese. È questo, in estrema sintesi, il sorprendente esito del progetto Resta di stucco.
Giacinta Jean, professoressa dell’Istituto materiali e costruzioni della SUPSI, è la responsabile dell’iniziativa: «Resta di stucco è un bellissimo progetto finanziato dal Fondo nazionale svizzero, attraverso un bando chiamato Agorà che ha come obiettivo quello di portare ricerche già sviluppate e note in ambito accademico e scientifico verso un grande pubblico. In un precedente progetto di ricerca ci siamo dedicati all’interno della SUPSI – settore conservazione e restauro – a comprendere come mai gli stuccatori ticinesi fossero così richiesti in tutt’Europa. Se osserviamo i grandi cantieri barocchi, attivi dalla fine del Cinquecento, per tutto il Seicento fino all’inizio del Settecento, troviamo una grande presenza di stuccatori ticinesi. Come usavano lo stucco? Soprattutto, esiste un loro modus operandi tipico di queste botteghe che veniva replicato nei casi più diversi, dalla Lituania al Regno di Napoli, dall’Inghilterra all’Irlanda, oppure ogni stuccatore aveva una sua propria maniera di realizzare un’opera? Sono solo alcune delle domande della nostra ricerca che ha mostrato come gli stuccatori che lavoravano anche in Ticino – dopo le loro esperienze lontano dalle terre d’origine – mantenevano il legame con la loro patria, realizzando qui opere particolarmente belle per mostrare quanto fossero abili maestri, ma anche come segno di devozione e riconoscimento al loro territorio».
Il progetto si è focalizzato su 23 chiese, indagando il valore storico, artistico e religioso di questi luoghi impreziositi da stucchi, ha studiato gli artisti che li hanno realizzati, la loro vita itinerante e ripercorso il loro lavoro. «Esatto. Ma avremmo potuto prendere in considerazione molti altri siti, tanto è diffusa la presenza di decorazioni a stucco in Ticino», precisa Giacinta Jean. Tra gli stuccatori di grande talento che il Ticino ha visto nascere spiccano i nomi delle famiglie Casella, Colomba, Fontana e Silva: «Questi erano i nomi più noti, ma ce n’erano altri. Molte opere sono state realizzate da artisti sconosciuti».
Il risultato del progetto è stato definito un Museo diffuso. «L’idea – spiega Giacinta Jean – è che queste opere d’arte sono all’interno di un grande museo, che in questo caso è il Canton Ticino. Dalla città al piccolo villaggio ritroviamo opere a stucco molto particolari, che rimandano sia a un saper fare locale sia a una cultura ben più ampia. Perché queste maestranze erano artisti itineranti: viaggiavano, vedevano, imparavano e si scambiavano idee». Tutto questo patrimonio e sapere artistico è stato reso disponibile digitalmente sia a beneficio della popolazione locale sia dei turisti: «Abbiamo previsto due tipi di attività: sia in presenza, con incontri e workshop che proseguiranno fino a ottobre, sia online. Quando abbiamo ideato questo progetto eravamo nel 2020, nel pieno della pandemia e allora sembrava strano pensare a eventi in presenza. Il progetto, sin da subito, si è posto l’obiettivo di offrire al pubblico piena autonomia con la possibilità di usufruire in modo individuale del materiale visivo e didattico. I supporti online consentono in concreto agli utenti, sia locali sia turisti, di crearsi itinerari di visita su misura, come pure di compiere approfondimenti sui diversi artisti e sulle loro opere. Il progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione di una decina di ricercatori, tra restauratori, storici dell’arte, esperti scientifici e comunicatori visivi, coloro cioè che hanno cercato di tradurre i contenuti disciplinari in digitale con la costruzione del sito Internet www.restadistucco.ch, l’app con una guida su Izi.travel, la mappa cartacea e le cartoline a realtà aumentata. Noi siamo partiti da 23 chiese, ma l’idea è quella di un lavoro in itinere: se qualche parrocchia si mostrerà interessata, potremo considerare di estendere il numero di siti. Auspichiamo inoltre che l’iniziativa possa aumentare il proprio corpus con l’aggiunta di nuove informazioni che verranno dagli studi condotti nel corso dei cantieri del corso di laurea in conservazione e restauro della SUPSI. Oltre ai ricercatori dobbiamo considerare che una delle peculiarità di Resta di stucco è che la nostra iniziativa ha visto il coinvolgimento di un gran numero di partner di progetto, quindi gli Enti del turismo (regionali e cantonale), le città, i Comuni, il Cantone. Dal canto nostro abbiamo coinvolto i diversi Consigli parrocchiali, nonché i musei sparsi sul territorio. Tutte entità di una rete capillare che ha accolto l’iniziativa con grande entusiasmo».