(E. Stampanoni)

Tra storia e natura

Sonvico – Nove chilometri di sentiero per scoprire testimonianze del passato rurale e panorami meravigliosi
/ 20.01.2020
di Elia Stampanoni

Rinnovato dopo 20 anni d’esistenza, il sentiero storico naturalistico di Sonvico si può percorrere oggi seguendo un’aggiornata e accurata segnaletica che conduce i visitatori lungo i nove chilometri del tragitto, tra boschi e prati, colline e paesi. Il punto ideale di partenza è proprio nel nucleo del paese. La gita richiede senz’altro una discreta condizione fisica e un adeguato abbigliamento avendo, oltre ai chilometri, anche quasi 500 metri di dislivello complessivi, distribuiti su sentieri di media montagna. Un tragitto abbastanza impegnativo, ricompensato però dalla scoperta di luoghi discosti e affascinanti della regione, come l’antica cantina, il cassinél, che s’incontra in una delle prime tappe appena fuori dal nucleo, quando già si può ammirare un bel panorama sul golfo di Lugano.

Questo tipo di costruzione, molto diffusa nel passato rurale, serviva alla conservazione del latte. Nel cassinél, costruito in pietra e incassato nel terreno, la frescura era garantita dalla sorgente, la cui acqua corrente garantiva delle temperature ideali. Seguendo il rumore dell’acqua in lontananza, il sentiero scende ancora verso valle, per arrivare dapprima a un vecchio ponte ad arco restaurato e quindi, con una breve deviazione, al vecchio mulino situato nella zona «Murín» che, come suggerisce il nome, era un tempo caratterizzata dalla presenza di più macchinari. Quello che si può visitare

è rimasto in funzione fino all’abbandono attorno al 1930 e oggi si possono ancora vedere le macine, i muri e altre strutture che permettevano, tramite un canale, di captare l’acqua del fiume Franscinone, lungo il quale prosegue l’itinerario disegnato in funzione dei quattro elementi: acqua, fuoco, terra e aria/cielo.

Nei ventotto punti d’osservazione, segnalati e descritti con dei pannelli (in quattro lingue), si ritrova infatti una relazione a uno o più di questi elementi. Il tragitto risale quindi dolcemente lungo il fiume, immergendosi nel silenzio e nei suoni della natura, attraversando ambienti particolari per raggiungere altre tappe d’interesse, tra cui il vecchio lavatoio. La costruzione è divisa in due parti, quella più interna, completamente interrata, fungeva da cassinél, quella esterna da lavatoio, luogo di fatiche per il bucato della popolazione rurale.

La gita prosegue su alcune passerelle spettacolari, che permettono di superare gli avvallamenti sfruttando la vecchia condotta dell’Azienda elettrica comunale di Massagno che, nel 1925, iniziò a produrre autonomamente l’energia di cui aveva bisogno grazie alle acque del Cassarate e, di seguito, anche del Franscinone (1932). Le condotte, ora convertite in sentiero pubblico, furono abbandonate quando si realizzarono le tubazioni sotterranee per il trasporto delle acque dei due fiumi alla centrale idroelettrica della Stampa. Dopo il passaggio presso la presa e centrale di captazione del Franscinone, una breve scalinata e un segmento quasi pianeggiante portano a una cascina per la lavorazione del latte e di seguito a una fornace per la produzione della calce, percorrendo una zona rurale ricca di campi, boschi e selve. Una piccola deviazione invita a visitare la zona umida di Canéed e poi il sentiero sale vertiginosamente verso Rosone, transitando dalla ricostruzione di una carbonaia, da alcuni monti e quindi accarezzando, a lato del sentiero, alcuni terrazzamenti esistenti.

Si tratta di costruzioni straordinarie, opera dell’uomo che in passato è stato abile nel dissodare e adattare il terreno per ricavare pascoli e prati anche in luoghi impervi. La camminata prosegue con pendenze decisamente più piacevoli e presto s’arriva in zona Madonna D’Arla, con la sua cappella a testimonianza di come fosse in passato un importante luogo di passaggio per raggiungere la Val Colla e proseguire verso la Val Cavargna. Poco sopra splende la vasta selva castanile di Pian Piret e quindi a seguire una faggeta che conduce il visitatore verso il Monte Roveraccio, posto a 904 metri di altitudine, il culmine della passeggiata. Qui ci sono ancora alcuni punti d’interesse, come un misterioso masso cuppellare, ma c’è soprattutto un panorama meraviglioso, dove spiccano i Denti della Vecchia, interessanti, non solo dal punto di vista paesaggistico e geologico, ma pure da quello botanico e faunistico.

L’ultimo tratto permette di ritornare al punto di partenza da «R’Alborón», un castagno secolare con una circonferenza di oltre dieci metri, in parte cavo, ma tuttora vitale. Poco sotto si passa dall’oratorio di San Martino e velocemente si rientra nel paese di Sonvico, immettendosi nello «Stradòn», la via principale. Case, viottoli, porticati, fontane, strettoie e cortili portano fino alla Piazza del torchio, dove si può sbirciare dalla finestra il vecchio torchio delle noci (visite su appuntamento con l’associazione Amici del Torchio).

Si tratta di un grande e antico torchio piemontese a leva nel cui tronco principale, lungo 10 metri, è incisa la data 1582. Utilizzato fin oltre la seconda guerra mondiale per la produzione di olio, è stato restaurato nel 1983 e la sala in cui si trova accoglie oggi degli spazi espositivi e una mostra permanente sul noce. La gestione è curata dagli Amici del Torchio, gruppo attivo dal 1990 e impegnato nel proporre diverse attività legate alla riscoperta e alla valorizzazione delle particolarità locali, come per esempio il sentiero storico naturalistico di Sonvico. Realizzato vent’anni fa proprio dall’associazione, l’estate scorsa il sentiero è stato rinnovato nella segnaletica da parte dell’Ente Turistico del Luganese e risistemato nei suoi punti d’interesse dal Dicastero servizi urbani della Città.

Come leggiamo sul sito degli Amici del Torchio, il percorso «intende valorizzare sia elementi della natura che peculiarità locali», ma anche «stimolare una riflessione sulla delicatezza e complessità dei legami fra gli esseri viventi e sul ruolo di ognuno di noi nel modificare i fragili equilibri ambientali in cui siamo immersi».