Secondo l’Ufficio federale di statistica, in Svizzera le persone in sovrappeso sono passate dal 30,4 al 41,1 percento tra il 1992 e il 2012, mentre la quota delle persone obese è pressoché raddoppiata. L’Ufficio del medico cantonale indica che in Ticino nel 2012 il 40,8 percento della popolazione risulta sovrappeso o obesa; la tendenza all’eccesso di peso è sensibile all’età e gli uomini (56,6 percento) risultano significativamente più in sovrappeso delle donne (27,1 percento).
«L’alimentazione è quel che di più affettivo esista ed è nota l’importanza del legame affettivo. Basti pensare che il piacere che traiamo dall’alimentazione percorre gli stessi circuiti della dopamina. Ci fa stare bene. Il confine tra il mangiare in modo equilibrato o meno è molto sottile e quando si mangia, ad esempio, in modo compulsivo siamo nella zona di un vero e proprio disturbo», esordisce la dottoressa Elisa Biacchi, FMH in medicina interna, che si occupa di sovrappeso e obesità all’Ospedale Regionale Bellinzona e Valli (ORBV) e nelle altre sedi dell’EOC. L’OMS e l’Ufficio federale della salute pubblica (UFSP) seguono assiduamente l’evoluzione del tema stesso.
«L’obesità è una malattia multifattoriale con impatto sistemico, dunque dalle molteplici cause che vanno indagate minuziosamente; comporta una comorbidità associata intesa come altre patologie importanti che ne conseguono, come diabete, ipertensione, problemi cardiocircolatori». La dottoressa Biacchi la definisce «malattia del benessere, ma anche del malessere»: «L’alimentazione è strettamente correlata alla «temperatura emozionale»: quando nella nostra vita aumentano stress, ansia, malessere, ciascuno di noi possiede una capacità di compensazione emozionale che ci permette di non far «esplodere la pentola a pressione» e ognuno la mette in atto secondo una modalità propria. Una compensazione efficace è mangiare e se si risponde così, ci si rende subito conto che pare un metodo efficace perché placa, e lo si riproduce soprattutto se la temperatura emozionale rimane alta nel tempo».
In poche parole: mangiare in modo smisurato, o semplicemente buttarsi sul cibo senza soffermarsi su qualità, quantità e ascolto della sensazione di fame e sazietà, potrebbe rappresentare un’illusoria soluzione di benessere che, però, ha un’altra faccia della medaglia: quella che ci porta verso un aumento ponderale certamente molto nocivo per la salute. Inoltre: «Siamo animali così intelligenti da essere in grado di amputare le nostre sensazioni di fame e sazietà (ho fame, ma mangerò quando avrò tempo, ho sete ma berrò quando posso). Così ci affamiamo, poi mangiamo velocemente e in modo meno corretto», spiega la nostra interlocutrice che aggiunge altro al quadro della nostra scarsa disciplina nelle abitudini alimentari: «Il livello di attività fisica quotidiana, l’alimentazione e il comportamento alimentare sono fattori che concorrono a definire ciò che poi siamo a livello ponderale e di salute».
Questi esempi illustrano la complessità delle possibili cause, molteplici e individuali, del sovrappeso e dell’obesità, e ci permettono di entrare nella complessità della malattia riconducendo all’importanza di un’accurata indagine da parte del medico chiamato a formulare la diagnosi cui dovrà seguire un percorso terapeutico specifico, individualizzato e multidisciplinare, concordato insieme al paziente stesso. Bisogna quindi prendere in mano la situazione che, per queste persone, significa pure uno stato di salute complesso e malsano, con tutte le conseguenze del caso.
Eppure, dal punto di vista della percezione individuale (dati Ufficio medico cantonale), risulta che il 63,4 per cento delle persone in sovrappeso e il 35 percento di quelle obese si dichiara soddisfatto del proprio peso. «Un paziente obeso si vede obeso, ma può avere difficoltà nella percezione di quanto lo sia, cosa che non osserviamo in tutte le persone che si rivolgono a noi, ma è noto in quei pazienti che presentano un quadro psicologico particolare che esula dal puro disturbo alimentare», rivela la dottoressa Biacchi che ribadisce come il problema di peso sia il sintomo, «la punta dell’iceberg», la spia delle cause e delle condizioni di base che vanno indagate per poter pianificare una cura adeguata e personalizzata: «Attività fisica, alimentazione, comportamento alimentare, comprensivo dei fattori psicoambientali e delle sensazioni emozionali del mangiare, sono i pilastri dei quali dobbiamo scoprire le falle da provare a correggere».
La diagnosi risulta dunque la parte saliente del percorso che dovrà partire scevro da opinioni comuni e pregiudizi dilaganti sul tema stesso: «Sull’igiene alimentare c’è tanta confusione e tutti hanno un’opinione, ma in realtà in questo campo non ci sono opinioni, non ci sono persone stupide: c’è un problema medico risolvibile a condizione che il paziente trovi il coraggio di farsi accompagnare per mano nel percorso per risolverlo insieme». Indagare significa cercare insieme i «punti fragili» all’interno dei pilastri alimentari, causa del peso che sale o non scende: «Scegliamo insieme da dove partire, ci poniamo graduali obiettivi raggiungibili (a livello alimentare, stile di vita, attività fisica e quant’altro) e individuiamo un percorso terapeutico, come per qualsiasi altra medicina».
La terapia è individuale e può comportare risultati diversi: «L’approccio conservativo (dieta, movimento, eventualmente farmaci, psicologia…) può affiancare e preparare un approccio chirurgico (ad esempio bypass gastrico), in una presa a carico multidisciplinare nella quale il paziente viene seguito per anni, fino alla sua autonomia». È importante affrontare questa malattia di valenza sociale oltre che personale: «I costi dell’obesità rappresentati da terapia, consultazioni e chirurgia sono l’1 percento, tutto il resto è generato dalle malattie collegate e concomitanti, per le quali questi pazienti sono anche emarginati socialmente (infortuni, disoccupazione, malattie come diabete…)». Di fatto, l’OMS la considera una vera e propria epidemia, che va affrontata. «A volte bisogna sapersi ascoltare e buttare lo sguardo dentro, non fuori, di noi. Taluni devono essere accompagnati per mano».
Per cambiare è necessaria una motivazione e si ha a che fare con l’ambivalenza della situazione personale complessa: chi entra da questa porta sta già «spogliandosi», ciò significa aprire il proprio frigorifero e la propria vita. «Si tratta di persone solitamente molto motivate a migliorare la propria salute, senza problemi di volontà. Infine: alcuni devono imparare a scrollarsi di dosso il senso di colpa perché, non dimentichiamolo, è quello che fa aumentare parecchio la temperatura emozionale».