Jim, il giovane protagonista dell’Isola del tesoro (romanzo pubblicato da Robert Louis Stevenson nel 1883) potrebbe essere fiero dell’eredità che ha lasciato a quasi un secolo e mezzo di distanza. Oltre ad avere ancora numerosi e appassionati lettori il romanzo ha infatti contribuito a far crescere in tutti i bambini del mondo il desiderio di fare la caccia al tesoro.
Negli ultimi anni lo hanno compreso molto bene diversi operatori turistici che hanno adattato questo desiderio alla promozione dei luoghi da valorizzare e far scoprire ai turisti ma anche ai residenti. Nella Svizzera italiana il fenomeno è letteralmente esploso e oggi, in molti luoghi, è possibile abbinare il divertimento alla scoperta di un paese o di una regione.
Per capire la diffusione della caccia al tesoro basta guardare il sito web delle varie Organizzazioni turistiche regionali (OTR). A iniziare da quello di Ascona-Locarno che propone ben cinque cacce al tesoro: quella di Locarno, di Cardada-Cimetta, di Ascona, di Tenero e delle Isole di Brissago. Cinque avventure da vivere in famiglia alla ricerca di indizi che permetteranno di risolvere enigmi per trovare il tesoro. Ma c’è anche quella di Bellinzona con la cartina che si può chiedere all’infopoint di Piazza Collegiata, oppure quella che parte dalla stazione di Lugano e ti fa scoprire, in un paio di ore, buona parte della regione sino ad arrivare in cima al Monte Brè e sul Monte San Salvatore. Scendendo più a sud, nel Mendrisiotto e nel Basso Ceresio si suggerisce di percorrere i sentieri della regione assaporando le prelibatezze dei mesi autunnali e scoprendo particolarità legate alla vita dei boschi. Si tratta di una caccia al tesoro particolare alla ricerca delle specie che vivono nelle foreste svizzere: a ospitarla sono la zona Bellavista, sulle pendici del Monte Generoso, e i boschi di Arogno. Insomma, di cacce al tesoro ce ne sono di tutti i tipi e adatte a tutti i gusti.
Di recente anche Brissago si è dotato di questo particolare strumento turistico. Ne abbiamo voluto parlare con Elia Frapolli, ideatore di questa e di altre iniziative simili.
«La caccia al tesoro – sottolinea – è un modo simpatico e giocoso per coinvolgere i più piccoli (e quindi anche le loro famiglie) nello scoprire il territorio. Quelle che organizziamo sono infatti cacce al tesoro ludico-didattiche: da un lato c’è la ricerca di un tesoro nascosto con una trama narrativa definita e precisa, una storia che ha un inizio, uno sviluppo e una fine. Dall’altro lato abbiamo anche un approfondimento legato al paese o alla regione in cui viene svolta la caccia al tesoro. Per esempio, in quella che abbiamo realizzato a Brissago il focus è di tipo storico, mentre in quelle ideate sul Lucomagno la storia raccontata è più legata alla natura e al mondo animale in particolare».
Attraverso il gioco si promuove inoltre la conoscenza del territorio. «La caccia al tesoro permette, infatti, di portare i turisti nei luoghi meno conosciuti del Ticino: nelle viuzze e nelle piazzette più antiche. In questo senso Brissago è l’esempio più classico di un paese di passaggio tra il Cantone e l’Italia, ma che in definitiva non si conosce molto e invece nasconde dei veri e propri gioielli, tutti da scoprire».
Ma nel concreto la caccia al tesoro di Brissago come è costruita? «C’è da precisare che questa come le altre che abbiamo realizzato sono pensate per un pubblico di bambini dai 4 ai 12 anni. Attraverso storie animate e indizi, le famiglie possono cimentarsi nella ricerca delle monete disperse che compongono il tesoro dei pirati e ottenere la ricompensa finale. Si usa anche il cellulare con il suo GPS per seguire un percorso di un paio di chilometri e si scoprono indizi scritti in rima e quindi facili anche per i più piccoli. Indizi sui quali vengono esplicitati elementi che permettono di trovare le monete d’ottone lavorate a mano e in basso rilievo».
Lo scorso anno Frapolli aveva realizzato altre due cacce al tesoro: una proprio sul passo del Lucomagno e l’altra a Campo Blenio. «In quei casi – spiega – ci eravamo concentrati sulla natura e gli animali. Per esempio, a Campo la storia era costruita attorno agli animali della fattoria mentre in cima al Passo abbiamo pensato di focalizzarla sugli animali selvatici. I risultati finora sono stati molto buoni con più di mille famiglie che hanno partecipato alla caccia al tesoro nei primi due mesi. “Ricercatori” costituiti soprattutto da residenti della Svizzera italiana. In questi mesi stiamo lavorando a una terza caccia al tesoro che sarà pronta nelle prossime settimane ed è ancora situata in Val di Blenio e sono anche in trattativa con alcuni Comuni per svilupparne ancora altre».
Spostando il discorso su un piano più generale quello della caccia al tesoro «è il segnale concreto di un trend turistico che si è sviluppato con la pandemia e cioè la scoperta di luoghi vicini ma che non conosciamo. Tante volte si va in capo al mondo per le vacanze ma non si conoscono le bellezze di casa nostra, ecco, questo è uno strumento simpatico e utile per cercare di conoscere un po’ di più la nostra regione».
Nel caso di Frapolli vi è stato anche un passo in più e cioè l’uso della tecnologia. «Attraverso un App – elaborata da Studio Macaco di Mendrisio – che si scarica sul telefonino, posso essere indipendente da organizzatori o altri enti esterni. La caccia al tesoro può infatti essere fatta a qualsiasi ora e alle famiglie questa libertà di movimento piace molto».
Un’esperienza che soddisfa Frapolli anche sul piano personale. «Sono progetti ai quali tengo molto e che mi divertono; visto che ho tre bimbi di quell’età, prima di presentarli al pubblico li testo su di loro per capire se funzionano davvero. In altre parole, sono iniziative appassionanti da realizzare nelle quali posso far combaciare il lavoro e la famiglia».