Serena Cangiano si occupa da anni di promuovere l’interazione tra l’uomo e i sistemi digitali. La ricordiamo diversi anni fa come animatrice di atelier tenuti a Chiasso da Radio Gwendalyn in cui proponeva a persone del tutto digiune di conoscenze tecnologiche di costruirsi una radiolina FM e un piccolo sintetizzatore musicale.
Nei suo panni accademici Cangiano è una delle responsabili del Fab Lab della SUPSI: all’ultimo piano dell’immenso fabbricato sorto a Mendrisio, proprio in fondo alla lunghissima, affascinante rampa centrale che attraversa tutti i piani dello stabile, si trova il «laboratorio di fabbricazione», un atelier a cui gli studenti e i docenti della SUPSI possono fare riferimento nelle varie fasi della progettazione dei loro corsi e delle loro ricerche. Il Fab Lab è, infatti, uno spazio tecnologico in cui sono disponibili numerose macchine ad alta tecnologia, utili per la realizzazione di vari tipi di oggetti, costruiti con i più vari materiali.
Ci sono ad esempio tagliatrici al laser che possono essere usate per incidere lastre di legno o cartone, ci sono stampanti 3D di varie dimensioni e che utilizzano diversi prodotti per la costruzione dei modelli; ci sono vari prototipi di apparecchiature costruite ad hoc per particolari scopi didattici e sperimentali. Si tratta insomma di uno spazio estremamente ricco di stimoli e di potenzialità che, di volta in volta accoglie e risponde alla richieste di studenti e ricercatori coniugando le competenze acquisite negli anni in campo software e hardware dai responsabili del laboratorio con le necessità di una ricerca che è, gioco forza, in costante evoluzione. In uno spazio del laboratorio si trova ad esempio un braccio robotico, di quelli che vengono utilizzati nelle linee di produzione industriale per scopi di montaggio di componenti meccaniche, ma che qui è stato usato per sperimentare tecniche creative più raffinate e complesse, alla ricerca di nuovi sbocchi operativi alla sua rigidezza ingegneristica.
Uno degli aspetti interessanti di questo spazio è che, per volontà dei suoi responsabili, deve essere aperto alle richieste ma, in definitiva deve mirare all’autonomizzazione delle risposte dei suoi utenti. Il compito di Serena Cangiano e dei suoi colleghi, in altre parole, è rendere ognuno responsabile nell’uso della tecnologia a cui fa ricorso. La cosa è necessariamente anche molto pratica, perché riguarda ogni momento della costruzione, dall’uso dei materiali base fino allo smaltimento dei rifiuti prodotti dalla lavorazione, dall’apprendimento nell’uso dei software necessari all’uso delle macchine al riordino finale dei piani di lavoro. Insomma, l’interazione uomo/macchina e la collaborazione cervello umano/processore digitale sono gestite con l’obiettivo di una presa a carico «globale», sia dal punto di vista operativo che da quello ambientale.
Detto questo, i responsabili del Fab Lab sono presenti e attenti alle necessità dei loro utenti, e disponibili anche a trovare nuove modalità di approccio ai problemi che di volta in volta si presentano. A volte, in altre parole, occorre proprio inventare le tecnologie necessarie alla soluzione di alcuni problemi e questo richiede una messa in comune delle opinioni e delle competenze, una ricerca di possibilità di soluzioni, che magari sono già disponibili nella comunità scientifica o più semplicemente in qualche sito su internet. Occorre sapersi muovere e cercare sbocchi: Serena Cangiano e i suoi colleghi sono proprio lì per offrire il loro contributo di esperienza e di contatti con l’esterno. Esistono attualmente diversi Fab Lab in Ticino, in varie scuole e istituti, con scopi e finalità diverse. Ne gestisce uno ad esempio la Filanda di Mendrisio, con l’obiettivo di interagire e interessare i bambini delle scuole. Altri sono progettati in vari luoghi del cantone e sicuramente contribuiranno a diffondere una «cultura digitale» concreta, pratica, che sarà di fondamentale importanza negli anni a venire, in vista della sempre maggiore tendenza alla digitalizzazione della nostra vita quotidiana e delle tecniche del lavoro.
I futuri ingegneri della Supsi, nel frattempo, si allenano qui: mentre curiosiamo negli spazi del laboratorio, in cui molti ragazzi sono attivi nella progettazione e nella realizzazione dei loro modellini che sono i risultati delle loro ricerche, possiamo assistere alle loro discussioni di gruppo, al passaggio di consigli e di indicazioni pratiche nella risoluzione di problemi. Una studentessa di ingegneria civile è alle prese per la prima volta con una tagliatrice laser, un grosso apparecchio della dimensione di un tavolo da salotto, che incide lastre di compensato in modo da ricavarne gli elementi componibili per la costruzione di un modellino. Il procedimento apparentemente semplice prende le mosse da un disegno tecnico, ma la sua realizzazione pratica richiede esperienza e la studentessa alle prime armi si confronta qui con tecniche e macchinari professionali che le saranno sicuramente utili nel suo futuro.
In un altro settore, allievi del corso di design si confrontano con un non facile compito: quello di costruire prototipi di vecchi oggetti tecnologici degli anni 70 facendoli funzionare con l’aiuto di un moderno smartphone. Ecco dunque la replica di una vecchia videocamera VHS in legno, progettata per contenere al suo interno uno spazio in cui alloggiare il telefono cellulare e creare così un oggetto ibrido «antico-moderno», ironico e iconico al tempo stesso. Allo stesso modo sono stati realizzati un finto registratore a cassette e un finto proiettore di diapositive: oggetti del tutto sorprendenti e chiaramente frutto di una profonda riflessione progettuale che ha di sicuro stimolato la creatività e la capacità di risolvere i problemi dei suoi ideatori.
Il contributo offerto in questo senso dal Fab Lab è determinante. Pur essendo uno spazio «concreto» e operativo contribuisce alla realizzazione di idee e alla acquisizione di competenze che, come detto, sono fondamentali per lo sviluppo di una cultura tecnologica che è fondamentale per la nostra società. All’esterno del laboratorio, prima della conclusione della nostra visita, Serena Cangiano ci mostra uno dei prototipi dimostrativi che vengono usati per pubblicizzare l’attività del Fab Lab: un divertente mini laboratorio in cui una vecchia bicicletta è stata trasformata in un «tritaplastica». Scarti presi da vecchie bottiglie vengono frantumati, poi introdotti in una pressa a calore e trasformati in simpatici «ometti attaccapanni» di design. Il tutto utilizzando oggetti di uso comune riciclati nella loro funzione. Si tratta più di un’installazione artistica che di un progetto industriale, naturalmente, ma qui trova la sua dimensione più adatta e significativa: è dalla creatività, dall’intelligenza e dal senso pratico (e magari un po’ anche dal senso dello humor) che nuove tecniche e nuove idee potranno aprire nuove strade alla società del futuro.