Nel canton Ticino, malgrado l’abbondante disponibilità di risorse idriche, il processo di evoluzione per il loro sfruttamento a scopi energetici fu piuttosto lento. Dopo la creazione del primo piccolo impianto idroelettrico a Faido nel 1889, seguito da altri sparsi qua e là nel cantone, il Gran Consiglio promulgò la «Legge sull’utilizzazione delle acque» il 17 maggio 1894 decretando che «le acque dei laghi, fiumi e torrenti non possono essere derivate o utilizzate a scopi industriali od agricoli senza previa concessione dell’autorità dello Stato». La domanda di concessione per lo sfruttamento delle acque della Biaschina fu inoltrata nel 1896 dall’ingegnere Agostino Nizzola, pioniere dell’industria elettrica svizzera, per conto della Motor SA di Baden.
Dopo un primo rifiuto giustificato dal fatto che la richiesta non era a norma di legge, le autorità cantonali accordarono la concessione della Biaschina a Nizzola alle condizioni da loro stabilite nel 1898, ma la regolamentarono solo nel 1905 con un decreto che stabiliva «l’utilizzazione delle acque del fiume Ticino fra le stazioni di Lavorgo e Bodio». Due motivi convinsero il Governo a rinunciare alla gestione pubblica delle acque della Biaschina e optare per la Motor SA. Da una parte la Motor aveva progettato di associare la produzione di energia idroelettrica alla realizzazione di industrie nella Bassa Leventina. D’altra parte il fatto che il Cantone non avrebbe potuto smerciare la produzione della Biaschina senza le industrie della Bassa Leventina dato che il servizio di distribuzione dell’energia elettrica era già nelle mani di aziende comunali e private.
La Motor SA iniziò i lavori di costruzione degli impianti nella primavera del 1906 e li portò a compimento nel 1911 dopo aver incontrato non poche difficoltà costruttive. L’imponente edificio progettato dall’architetto milanese Ugo Monneret de Villard e dall’ingegnere Agostino Nizzola, si ispira allo stile architettonico della Secessione viennese e con i suoi raffinati motivi decorativi d’ispirazione klimtiana all’ingresso della facciata è unico nel suo genere in Ticino. Parteciparono ai lavori di costruzione del monumentale progetto la von Roll’sche Eisenwerke di Berna e la Darnay di Parigi per la fornitura delle paratie per le opere di presa, la Ferrum di Kattowitz-Zawodzie per le tubazioni, mentre la Escher Wyss & Co di Zurigo fornì le turbine a ruota Pelton accoppiate a generatori trifasici della Brown Boveri & Co di Baden.
Le acque captate a Lavorgo venivano condotte alla centrale di Bodio attraverso un canale della lunghezza di 8,8 km perforato attraverso un sistema meccanico ad aria compressa di origine americana. Per la sua realizzazione si dovette costruire un impianto ausiliario sul torrente Ticinetto che doveva fornire l’energia occorrente ai lavori di esecuzione dell’impianto principale, per la trivellazione delle gallerie, le funicolari di servizio, le pompe, i ventilatori e per l’illuminazione dei cantieri. L’opera complessiva comprendeva l’edificio di presa, il canale adduttore, il serbatoio e vasca di carico, la galleria di pressione e condotte forzate che portavano all’edificio motori, il canale di restituzione e la sistemazione dei terreni industriali. Già durante la costruzione della centrale a Bodio s’insediarono le Officine del Gottardo, un’emanazione della Motor, che fabbricava leghe metalliche, le Officine Diamantin specializzata in materiali smeriglianti, le Officine Nitrum SA di Zurigo e altre fabbriche sorsero più tardi. La centrale della vecchia Biaschina forniva corrente elettrica agli stabilimenti industriali e alimentava la ferrovia Biasca-Acquarossa.
L’impianto rimase in possesso e sotto la gerenza della Motor SA dal 1911 alla fine del 1916. L’anno successivo la Motor creò le Officine Elettriche Ticinesi (OFELTI) e nel 1936 la fusione di quest’ultime con la Elektrizitätswerk Olten – Aarburg AG diede origine alla Aar e Ticino SA di elettricità (ATEL) con sede a Olten. Nel 1958 il Gran Consiglio riscattò la Biaschina e costituì l’Azienda Elettrica Ticinese (AET), dando inizio alla gestione pubblica delle acque con lo scopo di produrre e commerciare energia elettrica.
L’impianto fu acquisito dal Cantone nel 1959 e affidato alla gestione della neonata AET, che lo mantenne in esercizio fino al 1988 quale installazione di riserva dopo l’entrata in funzione della nuova Biaschina (1967).
Nel 2014 l’edificio ha subito un restauro completo delle facciate con il rifacimento dell’intonaco, la lavatura degli elementi in pietra naturale, la verniciatura di parti in legno e in ferro delle facciate e il recupero degli elementi decorativi originali. Ancora oggi sono visibili numerosi elementi di questa importante testimonianza storica. Tra questi la robusta condotta forzata, alle spalle della centrale, mentre al suo interno sono stati mantenuti un raffinato quadro comando in marmo arricchito da curati dettagli in stile e un imponente generatore trifase Brown Boveri del 1911. L’edificio ospita attualmente l’officina meccanica dell’AET.
Bibliografia:
AA VV, Dalla Olten-Aarburg alla Aar e Ticino: cinquant’anni di elettricità, Aar e Ticino, Società anonima di elettricità, 1945.
Agostino Nizzola, Impianto idro-elettrico della Biaschina, Locarno, 1911.
Franco Romerio, in Bodio dal villaggio rurale ala comune industriale – Cento anni di elettricità in un comune ticinese: il caso di Bodio, pp. 157-188, Comune di Bodio, 1997.
Franco Romerio, 50 anni di energia per il Ticino, AET, 2009.