(Franco Banfi)

Sulle rotte migratorie delle megattere

Mondo sommerso - Le ricerche proseguono tramite rilevazioni satellitari che monitorano la durata, la distanza, le vie e la velocità dei viaggi di questi giganti del mare – Seconda parte
/ 20.07.2020
di Sabrina Belloni

Le megattere compiono migrazioni stagionali lunghe migliaia di chilometri, dalle acque polari (dove si nutrono) a quelle tropicali e subtropicali (dove si accoppiano e partoriscono). Nelle zone tropicali si avvicinano molto alle coste e sostano in zone con profondità inferiore ai 200 metri, in aree quindi dove biologi e ricercatori riescono più agevolmente a dotare alcuni esemplari di strumenti di ricerca (tag satellitari) tramite i quali effettuano accurate osservazioni e ne tracciano gli spostamenti. Le recenti ricerche hanno messo in luce, come spiegato nel precedente articolo apparso su «Azione» del 22 giugno 2020, strategie alimentari davvero sorprendenti: i differenti comportamenti alimentari sono influenzati dalle caratteristiche ambientali nelle diverse località, e determinano interazioni ecologiche diverse.

Per molte creature oceaniche, vivere in gruppo è più sicuro. Un banco di pesci piccoli e veloci può confondere e distrarre predatori più grandi come i leoni marini, i cui target sono pesci singoli.

Questa strategia comportamentale tuttavia non è efficace con le megattere, che possono divorare un terzo del banco in un solo boccone. Le megattere studiate nella baia di Monterey e lungo la costa meridionale della California dai ricercatori dell’Università, si avvicinano ai banchi di acciughe a una velocità variabile. Mentre le balene si avvicinano con discrezione, i piccoli pesci non le riconoscono come un pericolo. Le acciughe iniziano a fuggire troppo tardi, quando le megattere spalancano la bocca in prossimità dei banchi, creando una depressione che aspira i pesci nelle loro fauci. 

Si ritiene che la fuga ritardata dei pesci sia dovuta a un comportamento evolutivo: infatti essi sono adattati a fuggire da predatori più piccoli e veloci, come i leoni di mare, considerato che gli incontri con questi ultimi sono più frequenti. Le megattere sono propense a ritardare l’espansione della bocca finché non sono molto vicine ai banchi di pesce, sebbene questo comportamento comporti una maggiore resistenza idrodinamica, poiché ogni affondo consente loro di avere una efficienza energetica ben sette volte maggiore di quando si nutrono di krill.

Le megattere dell’emisfero australe, studiate dalla ricercatrice Leena Riekkola dell’università di Auckland, mostrano un chiaro andamento stagionale nell’alimentazione. Il picco avviene durante l’estate (equivalenti ai nostri mesi invernali) quando esse si avvicinano deliberatamente alle zone antartiche dove il ghiaccio si sta ritirando e la banchisa si frantuma, laddove si determinano aree di accresciuta disponibilità alimentare. Una varietà di predatori, inclusi pinguini, foche, otarie, uccelli marini e balene, dipendono significativamente dal krill (Euphausia superba) come fonte di sostentamento, e le temporanee mega-aggregazioni di questi piccoli crostacei influenzano la distribuzione dei predatori attorno al continente antartico. I terribili venti catabatici antartici (possono superare i 300 km/h e sono i più violenti del pianeta) e le correnti costiere determinano i siti di accumulo del krill, che durante l’autunno migra dall’oceano aperto e dalla piattaforma continentale verso gli habitat costieri dove si rifugia per trascorrere l’inverno sotto le banchise ghiacciate. 

La vita di tutti gli animali antartici, dai più piccoli (zooplancton) ai più grandi (balene) è indissolubilmente legata ai ghiacci e le conseguenze del riscaldamento climatico (riduzione della superficie ghiacciata globale e della durata dei ghiacci stagionali) pongono riflessioni sulla tenuta dell’intera catena alimentare.

Gli studi sulle popolazioni australi di megattere non indicano solamente che esse sono capaci di scegliere l’area più idonea per nutrirsi, soprattutto in un ambiente in continua evoluzione, bensì hanno portato anche ad altre osservazioni. Non tutti gli esemplari di una determinata popolazione di megattere dell’emisfero australe compiono ogni anno le migrazioni stagionali verso le acque tropicali. Considerato l’immenso dispendio energetico che comporta sia la migrazione sia la riproduzione, alcuni esemplari femminili sessualmente maturi non migrano e restano nelle acque circumpolari, oppure ritardano la partenza o riducono le distanze in risposta a condizioni di scarsa alimentazione. 

Le femmine sessualmente mature devono necessariamente accumulare ingenti scorte energetiche in acque circumpolari per potersi poi accoppiare durante la migrazione e portare efficacemente a termine la gestazione in acque tropicali. La migrazione su lunga distanza richiede un’attività fisica estenuante che causa conseguenze importanti sulla loro salute. In particolare, i ricercatori che studiano le popolazioni australi avallano l’ipotesi che il costo energetico delle lunghe migrazioni sia maggiore per le megattere che frequentano l’Oceania (Polinesia, Melanesia, Micronesia, Australia e Nuova Zelanda) rispetto a quelle australiane. 

Le ricerche proseguono tramite rilevazioni satellitari, con le quali si monitorano la durata, la distanza, le rotte migratorie e la velocità. Le megattere dell’Oceania dirette verso i mari di Amundsen e Bellingshausen (nella regione occidentale dell’Antartide) nuotano più velocemente e per una distanza superiore del 15/21 per cento rispetto alle balene australiane dirette verso i mari d’Urville (nella regione orientale dell’Antartide) e di Ross (centro orientale). Tuttavia, il loro dispendio energetico non è proporzionale alla maggiore distanza, e pertanto a una ipotetica maggior durata della migrazione: esse infatti nuotano a una andatura più veloce delle megattere australiane, un ottimale mix che consente loro di avere performance migliori.

Questi studi fanno riflettere sulle interazioni fra i vari animali che popolano gli oceani e sulla loro sopravvivenza, così pesantemente influenzata dal riscaldamento climatico che si sta verificando a una velocità mai prima d’ora documentata.