«Sa qual è la migliore clientela per il mio marmo? Le galline». Sorride e quasi ti schernisce Marzio Maurino, 80 anni, da 60 occupato nell’azienda di famiglia, la Graniti Maurino SA di Biasca, la più antica «fabbrica» di pietre del Ticino (ha da poco celebrato i 125 anni di attività). A vederci sgranare gli occhi dalla sorpresa nell’immaginare batterie di polli abbuffarsi del suo marmo (di solito sono le capre golose del sale sulla pietra viva), Maurino preleva da un sacchetto una manciata di granelli bianchi luccicanti: «Questo è granulato di Cristallina, il marmo bianco di Peccia, in Vallemaggia, che viene estratto da una mia cava. Mischiato al mangime, fornisce una dose di carbonato di calcio indispensabile alla produzione di uova. Noi preferiamo utilizzarlo nell’edilizia, ma nella regione di Massa Carrara, ad esempio, la produzione di granulato per galline sta superando il giro d’affari dei lastricati di marmo», sottolinea l’imprenditore biaschese.
Che di graniti e di marmi sa praticamente tutto e però passa dal sorriso allo sguardo orgoglioso quando sul maxischermo dell’ufficio appare l’immagine del palazzo Bucherer di Zurigo, nella centralissima Bahnhofstrasse, tutto lastricato del «suo» marmo Cristallina. «Nonostante sia nato e cresciuto con il granito, ho sempre avuto un’attrazione speciale per il marmo bianco di Peccia. Così, dopo due tentativi andati a vuoto, una decina di anni fa ho acquistato la cava e l’azienda Cristallina. Quello di Peccia, in Vallemaggia, è un marmo veramente speciale ed unico in Europa: è composto al 98% da carbonato di calcio e i suoi cristalli hanno un diametro variabile dai 3 ai 5 mm, molto più grossi, ad esempio, di quelli di Carrara. Per questo motivo il marmo Cristallina ha un caratteristico e unico luccichio che ne fa un materiale speciale per l’edilizia e le composizioni artistiche», spiega.
Ma il granito resta il suo primo amore, tanto che quando appare sul maxischermo Piazza Liberty a Milano e l’Apple Store, rivestito da lastre del suo gneiss della Riviera, tornano a brillargli gli occhi. «In oltre un secolo di storia aziendale ne abbiamo fatte di realizzazioni, ma quella dell’Apple Store di Milano è un’opera di cui vado veramente orgoglioso», spiega, raccontando che anche l’architetto Norman Foster, che ha firmato il progetto meneghino, s’è complimentato con lui e la sua azienda per la qualità e la posa del materiale. Gli stessi «atout» che hanno portato l’imprenditore biaschese a fornire il gneiss per la pavimentazione del mega centro d’affari e commerciale «The Circle» oramai ultimato presso l’aeroporto di Zurigo-Kloten.
Anche Giovanni Polti è orgoglioso della cava aperta un secolo fa ed ereditata dal nonno, che si chiamava come lui, e ampliata dal padre Alfredo, che ha consolidato l’attività di famiglia, quella di «coltivatori di granito» in Calanca, valle laterale del Moesano. Dalla montagna che s’affaccia sul fiume Calancasca, su pendii quasi tutti di proprietà della famiglia Polti, si estrae a cielo aperto il Calanca Gneiss, un tipo di granito scuro e venato, molto simile a quello della Vallemaggia – mentre quello della Riviera di Lodrino è più chiaro – e adatto sia per costruzioni che per abbellimenti estetici. «Questa cava non sarà eterna, anche se abbiamo una riserva di materiale per i prossimi 15/20 anni. Dunque ci concentriamo su una produzione di nicchia, gneiss utilizzato per rivestire fontane, piscine e giardini, per realizzare scale o ricoprire tetti, puntando ad una clientela svizzero-tedesca e germanica, che apprezza molto la pietra naturale. Poi abbiamo una lavorazione ancora di tipo artigianale, con interventi manuali nel trattare il materiale, ed anche questo è molto apprezzato sia dalla clientela che dagli architetti paesaggisti che sono il nostro principale punto di riferimento commerciale», spiega Giovanni Polti mentre ci accompagna in fuoristrada nel bel mezzo della cava, attorniati da massi giganteschi e altrettanto grossi macchinari per il trasporto più a valle della roccia appena estratta. «Nel 2007 qui ci fu una frana che sfiorò la nostra cava ma mise in ginocchio l’azienda estrattiva dei miei cugini. Abbiamo rilevato quella cava, liberandola dal materiale franato e mettendo in sicurezza tutta l’area. Ora disponiamo di un certo spazio in più per immagazzinare lo gneiss appena estratto, che può arrivare a circa 50 mc al giorno», sottolinea Polti. Granito che non può essere interamente utilizzato per produrre lastricati o altri rivestimenti. «Se va bene riusciamo a lavorare la metà della pietra estratta, il resto è materiale di scarto. Ma, tramite un accordo con un’azienda specializzata di Grono, dallo scarto si riesce a produrre del granulato utilizzabile nell’edilizia e nella pavimentazione di strade», dice l’imprenditore della «Calancatal».
Insomma di marmi e graniti, così preziosi e faticosi da estrarre e da lavorare, non si butta via nulla. E nonostante l’artigianato estrattivo abbia fatto passi da gigante, quello che per molti decenni è stato un settore trainante dell’economia della Svizzera italiana ora marcia un po’ sul posto. Sono rimaste una dozzina le aziende del settore e tra queste non regna certo l’armonia, tanto che l’associazione mantello s’è sciolta qualche anno fa e anche il recente tentativo di dare un marchio doc al granito indigeno, con la costituzione del gruppo «Ticino Gneiss», è destinato al fallimento. «Non c’è che dire, i cavisti sono molto litigiosi – conferma Fabio Campana, uno degli storici artigiani del gneiss con la sua cava privata a Riveo, in Vallemaggia, fondata dal padre nel 1939 e gestita tuttora con i fratelli –. Poi a metterci i bastoni tra le ruote ci sono anche i vincoli paesaggisti, rumori e polvere causati dall’estrazione e i rapporti non sempre idilliaci con i Patriziati, che in genere sono i proprietari delle cave. Infine la concorrenza estera e la committenza, che punta sul prezzo e non sulla qualità del prodotto», sottolinea Campana. Tutto ciò non vieta però all’imprenditore di Riveo di fregiarsi di qualche fiore all’occhiello tra le sue referenze, come le pietre per rivestimento e i gradini massicci che abbelliscono la chiesa bottiana di Mogno oppure il rivestimento dei piazzali delle stazioni ferroviarie di Thun o di Muralto, recentemente ristrutturata. «Per una regione periferica come la Vallemaggia o l’Onsernone, l’industria estrattiva deve continuare ad essere un’opportunità, anche dal punto di vista turistico. E il nuovo Centro internazionale di scultura di Peccia dovrebbe portarci ulteriore visibilità», conclude Fabio Campana.