Storia di un uomo-tasso

Il professore, veterinario e scrittore di successo inglese Charles Foster si immedesima nelle abitudini degli animali per capirne meglio l’essenza – In precedenza ha «vissuto» come cervo, volpe, vipera e rondone
/ 26.06.2017
di Natascha Fioretti

A vederlo in foto, un omone alto dalle spalle larghe, l’espressione del viso più da giurista che da naturalista, davvero fatichi ad immaginarlo piegato a quattro zampe intento a scavare un tunnel sotterraneo per scoprire come ci si sente ad essere un tasso. Ancora meno lo vedi intento, tutto sporco di terra, a masticare lentamente lombrichi e a trovarli deliziosi e nutrienti, tanto da consigliare alle mamme di tritarli e mischiarli al mattino nel latte o nei fiocchi d’avena dei loro bimbi.

Eppure Charles Foster, classe 1962, non solo ha vissuto come un tasso ma anche come una volpe, un cervo, una vipera e un rondone. E non si tratta di un progetto iniziato, e poi concluso, ma di una esperienza e di una ricerca continua che lo appassiona e lo rende felice giorno dopo giorno. La sua scoperta dell’animalità dentro e fuori di sé intesa come un arricchimento dei sensi, delle percezioni e delle facoltà fisiche umane è stata ed è per lui un insegnamento costante, un’esperienza da coltivare e da trasmettere. E lo fa, in questo libro dal titolo Being a beast (essere un animale), uscito in Inghilterra nel 2016 e tradotto in tedesco all’inizio di quest’anno, non tanto in modo poetico, come avevo immaginato, quanto invece con piglio filosofico, naturalista e una discreta dose di ironia. È un testo che sta facendo molto parlare di sé e di cui abbiamo profondamente bisogno in un momento in cui il nostro ambiente e il nostro clima sono più che mai a rischio. Per entrarvi però occorre nutrire rispetto ed empatia verso gli animali e il contesto che abitano, essere disposti a mettersi sul loro stesso piano, in senso di visione del mondo, non essere schizzinosi e, soprattutto, curiosi. Allora sì che guidati dalla vista, dall’udito, dall’olfatto e dal tatto di Charles Foster riuscirete, non a sentire, ma per lo meno ad immaginare, quanto deve essere bella, ricca e interessante la vita di una volpe o di un cervo.

E a raccontarvele tutte, queste meravigliose storie, è un veterinario, un giurista e un filosofo ma anche un ex cacciatore «c’è stato un tempo in cui era abituato a girare per i boschi armato», «a mia figlia per il suo decimo compleanno ho regalato un fucile a pallini calibro 36» e, per finire in bellezza,«scrivevo una rubrica fissa su “Shooting Times”». Poi un giorno «ho appeso il mio fucile al muro e ho iniziato a mangiare tofu». Così gli animali hanno assunto un altro posto nella sua vita tanto che, rivela, «mentre scrivo ho intorno un gruppo di antilopi africane intente a sbirciare il mio desktop». Ma, pur non andando fiero del suo passato dal quale ha ereditato «un’anima amputata e callosa», questa attività gli ha insegnato molto. Ad esempio gli ha insegnato a strisciare per terra, a stare ore sdraiato immobile e in silenzio in attesa di un cenno, un movimento, ad immergersi a lungo in un ruscello mentre l’acqua fredda gli entra dal colletto della giacca ed esce dai pantaloni, oppure a rimanere seduto impassibile in un cespuglio di ortiche in un bosco in Bulgaria.

Oppure, ancora, a non battere ciglio mentre in un fiume in Namibia le sanguisughe si attaccavano alle gamne... Ci vogliono coraggio, determinazione e un buon motivo per sopportare tutto questo. E se un tempo, appunto, era la caccia, a spingere Charles Foster a vivere come un tasso gallese, le volpi londinesi, i rondoni di Oxford, i cervi scozzesi e le vipere di Exmoor, questa volta sono la sua voglia di trasformazione e la sua sete di conoscenza verso questi esseri che condividono con noi la provenienza, l’ambiente, talune caratteristiche e facoltà fisiche e percettive. Il suo vivere come gli animali è un modo per conoscere meglio loro ma anche e soprattutto sé stesso e ciò che potrebbe essere, divenire. Crede nello sciamanesimo o, meglio, nel suo potere di trasformazione e nella facoltà dello sciamano di entrare in contatto con ciò che è altro e diverso anche se, di questo non ne fa mistero, potrà essere un uomo-tasso ma mai un tasso vero: il confine ultimo tra uomo e animale non si può superare. Ma si può entrare in contatto, ci si può capire, conoscere. Non per niente l’idea di vivere come gli animali è nata in una notte londinese e nel preciso momento in cui gli occhi di Charles, sul muretto di un buio cortile, hanno incontrato quelli di una volpe. E se questo momento vi sembra poetico, certamente lo è stato, troverete più pragmatico, per nulla scontato e per certi versi ironico, il racconto dell’esordio della sua vita da tasso. «Avevo in mente di scavarmi un buco in un pendio», fu il principio di quella che sarebbe diventata una galleria sotterranea. Non una articolata e complessa con tante diramazioni da divenire un labirinto inespugnabile, propria dei tassi stanziali, ma una modesta e semplice, con una curva dopo qualche un metro per scoraggiare gli intrusi e, in fondo, una conca per dormire, tipica invece dei tassi di passaggio.

Scavare un tunnel nella terra stando a quattro zampe con il solo aiuto delle mani e di una paletta per la sabbia dei bambini non è impresa facile, questo Charles Foster l’ha capito subito o, meglio, quando la terra che scavava gli entrava nel naso e con le gambe non riusciva a buttare fuori la terra in accumulo. I tassi hanno invece un muscolo che permette loro di chiudere il naso durante queste operazioni e quattro zampette munite di artigli con le quali muovono e smuovono la terra con facilità. Non solo, ci dice Foster, i tassi amano stare vicino alle piante di sambuco che adorano e mangiano golosi. D’altra parte i sambuchi prediligono stare vicino all’acqua ecco perché i tassi si trovano spesso vicino ai fiumi. «Ma non li ho mai visti bere, probabilmente gli basta l’apporto d’acqua che ricavano dai lombrichi».

Anche questi Foster li ha provati e nel libro ne descrive il sapore e la consistenza mentre questi si spappolano sotto i suoi denti... Ve l’ho detto, non è una lettura poetica ma una ricerca della propria identità e della propria animalità, quella che abbiamo seppellito sotto la forza della ragione. Ma Charles Foster l’ha riscoperta, la sua, e in questo mi ha ricordato Friedrich Nietzsche, l’animale filosofico con le narici rivolte verso l’interno e il suo abbraccio con il cavallo sulla piazza Carlo Alberto di Torino.