L’abilità oratoria conta. Se ne siete provvisti, se l’avete studiata all’Università, non vi mancheranno occasioni per fare bella figura o togliervi da un improvviso imbarazzo. È un abile strumento che può aiutarvi a costruire la vostra presenza e a definire la vostra identità in una società che punta tutto sull’apparenza, le etichette, la massimizzazione dei tempi e dei risultati. Voglio però svelarvi un segreto che forse ancora non sapete: se l’abilità oratoria conta, l’arte dell’ascolto può molto di più, parola di Kate Murphy. Giornalista freelance americana che collabora con il «New York Times», nel suo saggio You’re Not Listening. What You’re Missing and Why it Matters (Non stai ascoltando. Cosa ti perdi e perché è importante) spiega come la capacità di ascolto sia fondamentale per il successo di qualsiasi relazione personale, professionale e politica. Buoni ascoltatori non si nasce, si diventa anche se, come scrisse il filosofo greco Epitteto all’alba dei tempi, partiamo favoriti: «Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà». Non solo, l’attenzione per la voce umana, i suoi suoni e le sue sfumature inizia quando siamo ancora nella pancia e l’udito è uno degli ultimi sensi che ci abbandonano prima di morire.
Sviluppare nei bambini la capacità di ascolto è un compito importante, se crescono in una famiglia di buoni ascoltatori anche loro lo saranno. Ma essere dei buoni ascoltatori o degli ascoltatori di professione come Kate Murphy nella schizofrenia del multitasking, della comunicazione mordi e fuggi. Sui social ci vediamo e interfacciamo costantemente illusi di essere onniscienti mentre fare una telefonata ci costa sempre più fatica. Il cellulare, fedele alleato, è diventato il passatempo nei momenti vuoti. Se prestiamo ascolto è nella nostra bolla virtuale isolati da auricolari o cuffie. La distrazione digitale tiene la mente occupata ma alimenta poco o non coltiva affatto la profondità dei sentimenti umani che per risuonare necessitano di un’altra voce. Ascoltare per davvero significa essere toccati fisicamente, chimicamente, emotivamente e intellettualmente da un’altra persona.
Questo libro è un omaggio all’arte dell’ascolto e un lamento al fatto che come civiltà stiamo perdendo il nostro tocco, la nostra magia. Leggerlo è un’occasione per riscoprirla. Per scriverlo Kate Murphy ha speso due anni sugli studi accademici in circolazione interessandosi dei processi biomeccanici e neurobiologici, degli effetti psicologici ed emozionali. Ha intervistato politici, scienziati, economisti, agenti della CIA, fashion blogger, atleti, imprenditori, artisti, autori, leader religiosi, senzatetto, signore che facevano la spesa con lei al supermercato. Tutti hanno una storia da raccontare capace di allargare la nostra visione del mondo e aumentare la nostra comprensione, dice l’autrice. Saperla indagare e raccogliere dipende dalla nostra disponibilità e attenzione all’ascolto, dalla nostra capacità di fare le domande giuste. Tra i tanti personaggi incontrati c’è Naomi Henderson, nata in Louisiana negli anni 40, considerata la Beyoncé della ricerca qualitativa e dei focus group. Figlia del primo pilota afroamericano degli Stati Uniti, all’alba dei suoi quasi 80 anni è ancora la moderatrice più ricercata. Oggi però c’è un nuovo metodo più economico e più veloce che permette di conoscere gusti, inclinazioni e tendenze nel settore commerciale o in ambito politico: le analisi quantitative che analizzano i dati raccolti tramite le piattaforme online e i social network. Matthew Salganik, professore di sociologia a Princeton, mette in evidenza i limiti della raccolta e dell’analisi dei big data «nel cercare delle risposte in un set di dati diventi un ubriaco che cerca le sue chiavi di casa sotto il lampione. E se chiedi all’ubriaco perché le sta cercando lì, ti risponde: perché c’è luce». Nei dati puoi trovare soltanto ciò che c’è, nell’ascoltare e interagire con le persone, come canta Alfred Prufrock di T.S. Eliot, molto di più: «Ci sarà tempo per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri».
Secondo Kate Murphy il buon ascoltatore è in grado di confrontarsi con idee contraddittorie e zone grigie senza perdere l’equilibrio, senza esserne intimorito ma al contrario stimolato ad ampliare i propri orizzonti o a mettersi in discussione. Accanto alla storia di Naomi Henderson c’è quella di Gary Noesner, trent’anni di carriera come negoziatore di ostaggi per l’FBI, oggi lavora come consulente nella risoluzione di rapimenti internazionali. Nel suo lavoro la capacità di ascolto è tutto perché ti permette di comprendere il punto di vista della persona che hai davanti e di dire la cosa giusta, nel modo corretto, al momento opportuno. «Mi piace pensare che le storie che le persone mi raccontano sono delle ciambelle in cui i fatti accaduti sono sulla parte interna mentre le emozioni e i sentimenti su quella esterna. Nella vita non conta soltanto ciò che ci accade ma cosa ci fa provare». Raccontando il suo incontro con Gary Noesner, Kate Murphy descrive quanto quell’uomo l’abbia messa a suo agio: «avevo davvero l’impressione che fosse interamente concentrato su di me e che quello fosse l’unico luogo in cui voleva stare in quel momento».
Chi ascoltiamo, in quali circostanze e con quale attenzione determina il corso della vostra vita – nel bene e nel male. E, più in generale, il nostro ascolto collettivo o la mancanza dello stesso ci condiziona profondamente a livello, politico, sociale e culturale. Noi siamo la somma di ciò a cui partecipiamo nella nostra vita. La dolce voce di una madre, il bisbiglio dell’amato, la guida di un mentore, l’ammonimento di un supervisore, la derisione di un rivale è ciò che ci forma e ci definisce. E ascoltare distratti limita la nostra comprensione del mondo e ci depriva della possibilità di diventare la migliore versione di noi stessi.
Mettete via i cellulari e ascoltatevi.