Bibliografia

André Holenstein, Patrick Kury, Kristina Schulz, Storia svizzera delle migrazioni. Dagli albori ai giorni nostri. Prefazione di Luigi Lorenzetti, traduzione di Anna Allenbach, Dadò editore, Locarno, 2023.


Siamo tutti nomadi da sempre

Pubblicazioni – Un ambizioso volume tradotto ora dall’editore Dadò ripercorre la storia delle migrazioni in Svizzera
/ 29.05.2023
di Orazio Martinetti

Che il fenomeno migratorio sollevi subito una serie di questioni è un fatto, e questo fin dai tempi più remoti, in conseguenza delle necessità della vita, delle campagne militari, delle invasioni e delle scorribande. L’«homo migrans» è una figura che incontriamo in tutti i secoli, sotto le più svariate spoglie, dal mercante al mercenario, dai vetrai agli spazzacamini, dalle domestiche ai mungitori. Ne sono testimonianza gli album fotografici e le lettere che molte famiglie conservano come una reliquia, documenti di imprese non sempre coronate da successo. Dai numerosi studi che Giorgio Cheda ha dedicato all’emigrazione dei nostri antenati contadini, prima in Australia e poi in California, sappiamo quanto sia stata sofferta la decisione di lasciare la propria terra, sia per i migranti, perlopiù giovani maschi, sia per i congiunti, perlopiù donne, minori, anziani. I primi dovevano superare il dolore del distacco e affrontare l’ignoto, in una parola cavarsela in un mondo che non concedeva sconti; sui secondi gravava invece l’onere di mandare avanti aziende in zone impervie e senza l’ausilio di braccia robuste.

Ma prima di questa massiccia fuga dalle valli dell’alto Ticino, soprattutto dalla Valmaggia e dalla Verzasca, le terre cisalpine avevano conosciuto l’emigrazione temporanea o stagionale: piccole comitive che lasciavano il villaggio natio in vari momenti dell’anno per svolgere i mestieri più diversi nelle maggiori città d’Europa, spingendosi fin nella lontana Russia. Anche questo capitolo è stato oggetto di numerose indagini, con risvolti da autentica epopea per i risultati raggiunti da pittori, stuccatori e architetti. Ma allora – dal Medioevo all’età moderna – i confini erano porosi, mal definiti e quindi scarsamente sorvegliati, salvo quando scoppiavano conflitti che innescavano rappresaglie, come l’espulsione delle famiglie ticinesi dalla Lombardia a metà dell’Ottocento.

Fino all’ascesa e al consolidamento degli Stati nazionali (moto che prende avvio al termine dell’antico regime), partire e tornare faceva parte di un movimento naturale. Mario Rigoni Stern, nella sua Storia di Tönle (1979), ha ricostruito il frenetico andirivieni nell’Impero austro-ungarico dei montanari veneti, prima che la grande guerra del 14-18 alzasse barriere sempre più ermetiche. Anche lo storico Eric J. Hobsbawm ha ricordato nella sua autobiografia la vita nomade delle generazioni nate alla fine del XIX secolo prima che l’ondata nazionalistica chiudesse le frontiere. Questo per dire che la curva degli itinerari migratori appare determinata da un gran numero di fattori, interni ed esterni, in cui la demografia s’intreccia con le politiche disposte sia dai comuni di partenza che dai luoghi di destinazione (leggi, permessi, regolamenti, incoraggiamenti o restrizioni).

Di questa concatenazione tra destini individuali e reazioni pubbliche si occupa un saggio pubblicato dalla casa editrice Hier und Jezt di Baden nel 2018 e ora tradotto in italiano per iniziativa dell’editore Dadò. S’intitola Storia svizzera delle migrazioni ed è opera di tre storici: André Holenstein, Patrick Kury e Kristina Schulz. È un volume ambizioso, che copre un arco temporale estesissimo, «dagli albori ai giorni nostri», e che mira ad offrire un primo quadro di sintesi. Impresa non facile dato che sul plesso emigrazione/immigrazione la bibliografia è in continua crescita, dalle peripezie familiari più minute alle espulsioni collettive decretate per motivi religiosi e politici, o semplicemente per liberarsi di povera gente che gravava sui magri bilanci dei comuni.

Il movimento è dunque multiforme, civile, religioso e militare ad un tempo, e che si fa febbrile nel corso dell’età moderna in conseguenza della Riforma protestante (espulsione degli ugonotti dalla Francia) e della Guerra dei Trent’anni. Fortune e sfortune scandiscono l’esperienza di mercenari, mercanti in marcia da una città all’altra, «dotti» e scienziati desiderosi di allargare le proprie conoscenze, artigiani che – come i pasticceri e caffettieri grigionesi – riescono a ritagliarsi una lucrosa nicchia nella città di Venezia. Le rotte di questi percorsi sono numerose, alcune portano nella Sierra Morena, in Andalusia, contadini svizzero-tedeschi chiamati per sviluppare la produzione agricola. Sono invece romandi gli emigrati che nel 1819 fondano in Brasile la colonia di «Nova Friburgo», iniziativa destinata ad incontrare non poche difficoltà.

L’Ottocento è un secolo in cui i flussi s’incrociano: villaggi alpini che si svuotano a beneficio delle ubertose contee d’oltre Atlantico, manodopera operaia che affluisce nei cantieri della Confederazione per costruire strade, linee ferrate, gallerie, quartieri e vie delle principali città. Nel corso della «belle époque», il numero degli stranieri inizia a preoccupare le autorità, nella stampa compare la parola Überfremdung, una soglia di presenze giudicata perturbatrice degli equilibri demografici del Paese. La Grande Guerra, con il rientro degli emigrati chiamati sotto le armi, mette fine alla libera circolazione della forza-lavoro. Prende avvio una nuova era, costellata di controlli (nasce la polizia degli stranieri) e di regimi legislativi relativi alla dimora e all’esercizio di attività lavorative. Nel 1931 vede la luce lo «statuto dello stagionale», che rimarrà in vigore fino al 2002. Seguiranno altre fasi critiche, legate a discriminazioni palesi e alla crudele selezione degli ebrei in fuga dal nazifascismo attuata fin quasi agli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale.

Una lunga storia dunque, con molte pagine sconosciute o cadute nell’oblio. Se l’imponente afflusso degli anni postbellici, alimentato principalmente da Gastarbeiter italiani, ha ricevuto da parte della ricerca l’interesse che merita sotto forma di testimonianze, biografie e monografie, opere teatrali e cinematografiche, non lo stesso si può dire per le tante micro-storie che hanno segnato il destino delle comunità alpine nei secoli precedenti. Persone singole, famiglie, compaesani che hanno fatto le valigie per i più svariati motivi: chi per avventura, chi per sfuggire alla miseria, chi per sottrarsi a vincoli politici o religiosi, chi per evitare la galera o le persecuzioni. Un’umanità in cammino che in questo volume ritrova la dignità che le spetta, assieme alle tante iniziative promosse negli ultimi decenni, sia dall’accademia, sia dalle istituzioni museali.