Negli ultimi anni, certamente anche grazie allo sviluppo dei social media, è cresciuto l’interesse per lo studio delle dinamiche con cui si diffondono le idee. Spesso studiate come fossero dei virus, applicando quindi paradigmi presi in prestito dalla biologia, c’è chi – come il linguista francese Daniel Sperber – ha provato a descrivere l’«epidemiologia delle idee», mettendo in luce le modalità con cui le idee «contagiano» le nostre menti. Altri invece – provenienti chi dall’ambito della psicologia, chi da quello dell’informatica – hanno preso l’iniziativa di creare ex novo un’altra disciplina, la memetica, che studia le dinamiche di selezione delle idee e la loro propagazione. Siccome idee o memi che dir si voglia si diffondono e si combinano secondo modalità che ricordano i geni, lo studio della propagazione delle idee è anche materia d’indagine di chi si occupa di evoluzione della cultura, applicando i principi con cui opera la selezione naturale. In quest’ultima prospettiva, le nostre menti sono veicoli per i memi nello stesso modo in cui i nostri corpi lo sono per i geni.
A fronte di tante modalità di approccio che manifestano spesso i limiti di una contaminazione tra discipline fatta solo del prestito reciproco di paradigmi che, talvolta, sono assunti come poco più di metafore, l’approccio di Alex Pentland – definito «fisica sociale» – è molto più concreto: attraverso l’applicazione della matematica ai big data, «la fisica sociale studia il modo in cui il flusso delle idee e dell’informazione produce cambiamenti nei comportamenti».
sociale. Come si propagano le buone idee – dove Pentland ha raccolto il frutto degli ultimi vent’anni di ricerca, sintetizzando e divulgando decine di articoli scritti per riviste scientifiche e frutto di un lavoro sul terreno caratterizzato da raccolte di dati che non hanno paragoni con le consuete ricerche sociologiche perché acquisiti con dispositivi sociometrici di sua concezione.
Già a metà degli anni Settanta, Pentland intuì che per descrivere le abitudini relazionali delle persone occorreva che esse indossassero dispositivi in grado di registrare costantemente la loro attività. Gettandosi a capofitto in questa ricerca, diventò di fatto il progenitore di tutti gli odierni wearable device, dai Google Glass agli smartwatch ai braccialetti fitness.
Le ricerche condotte da Alex Pentland sono tutte basate su big data raccolti con due diversi sistemi: il badge sociometrico e il sensore per telefonia mobile. Il primo è un dispositivo indossabile della grandezza di una scheda magnetica, contenente un accelerometro, un microfono, un sensore Bluetooth per scovare altri sociometri nelle vicinanze e un sensore a infrarossi per capire se si sta interagendo con qualche altro possessore di sociometro. L’altro è un’applicazione che, installata in uno smartphone, intercetta e analizza qualunque informazione veicolata: dai messaggi SMS all’accelerometro, dalla posta elettronica ai rumori captati con il microfono, ecc.
La massiccia raccolta di dati per mezzo di sociometri e smartphone costituisce l’aspetto precipuo della metodologia di Alex Pentland. Studiando i big data e tenendo conto della regolarità dei nostri comportamenti quotidiani, secondo Pentland è possibile prevedere le nostre azioni.
«La fisica sociale integra fra loro alcuni campi appartenenti all’economia, alla sociologia e alla psicologia, insieme agli studi che si occupano di rete, complessità, processi decisionali ed ecologia, per poi fonderli insieme tramite i big data». Con questo approccio, Pentland sostiene che quanto caratterizza le nostre interazioni sociali sono i flussi di idee, e ciò ch’egli studia è il modo in cui i nostri comportamenti mutano quando intercettiamo questi flussi. Uno degli scopi delle sue ricerche è proprio quello d’indurre il cambiamento nel comportamento di chi fa parte di un’organizzazione.
Studiando i contesti aziendali dopo aver raccolto enormi moli di dati d’interazione, per esempio, Pentland ha osservato che, per operare in maniera più efficace e produttiva, è necessario che in un gruppo ci sia un numero di donne almeno equivalente a quello degli uomini perché, interagendo con gli altri, la comunicazione non verbale è molto più importante di quella verbale. Evolutivamente, la comunicazione non verbale ha preceduto quella verbale, sicché, così come il nostro corpo comunica prima ancora che noi si apra bocca, un gruppo caratterizzato da un numero di donne elevato è più efficace perché può avvantaggiarsi di una più spiccata abilità nella lettura dei segni sociali.
Alex Pentland ha sempre operato in contesti aziendali dove l’efficacia dei suoi interventi era definita dall’incremento di produttività.
Partendo dal presupposto più volte verificato che la produttività è correlata con la capacità d’innovare e che questa non è l’azione di un singolo bensì il comportamento di una rete capace di far proprie le nuove idee perché disponibile al cambiamento, Pentland ha rilevato che i gruppi che funzionano meglio non sono quelli in cui ci sono dei leader che impongono ad altri una direzione bensì quelli nei quali l’interazione ha un livello sufficientemente alto di effervescenza da promuovere «un flusso di idee sincronizzato e uniforme facendo sentire tutti parte di un gruppo, cercando di arrivare a un consenso sufficiente per spingere ciascun membro ad abbracciare volontariamente le idee nuove».
Secondo il fisico sociale, siamo giunti ad un momento storico in cui la tecnologia rende possibile esaminare in tempo reale le interazioni all’interno delle organizzazioni, riconfigurandole affinché i flussi di idee siano più efficaci e meglio coltivata l’intelligenza sociale. Ciò non significa che non debba esserci una leadership, significa – secondo Pentland – che i leader, «anziché predominare nelle discussioni interne, debbono incoraggiare modelli positivi per il flusso di idee». Non solo: il loro ruolo deve anche essere quello di ampliare costantemente il ventaglio delle nuove opportunità, prestando sempre attenzione a chi è portatore di idee diverse e innovative.
Facendo ricorso a dati raccolti con smartphone provvisti di opportune applicazioni, Alex Pentland ha studiato non solo la fisica sociale di piccoli gruppi o di organizzazioni, ma anche di quartieri e di città. Facendosi promotore di un New Deal dei dati – dove ogni cittadino abbia il diritto di proprietà dei propri dati, li possa controllare e decidere di cedere o no – egli sostiene che la fisica sociale è in grado di rendere più sane, sicure ed efficienti anche le città, aiutando gli urbanisti a connettere meglio i quartieri tra di loro perché «una città in buona salute ha quartieri completi di tutto e interconnessi».