​​​​​​​ Sette donne dimenticate dalla storia

Podcast – Anna Swiss Riot Girls racconta le storie di sette donne svizzere mezze streghe mezze eroine
/ 06.12.2021
di Sara Rossi Guidicelli

Sono streghe, ribelli, criminali. Dimenticatevi di loro. Hanno fatto la storia, si sono lanciate a cavallo per cambiare il mondo, o perlomeno la loro vita, e poi qualcuno le ha fermate, imbavagliate, chiuse in cantina. O almeno ci ha provato. Il podcast di Valentina Grignoli Anna Swiss Riot Girls torna in cantina, apre la porta, punta la torcia e tira fuori sette donne che sono state un po’ streghe, sì, magari anche un tantino criminali, è vero, ma molto ribelli, molto libere, molto potenti. A modo loro. «L’idea mi è venuta a Campo Blenio, sulle piste da sci. I bambini col maestro, io al bar». Ecco cosa succede a lasciare una mamma creativa per un attimo libera dalle sue incombenze. E Valentina Grignoli, insegnante, giornalista (collaboratrice di «Azione»), autrice di teatro, ha appena finito di realizzare il suo primo podcast, prodotto dalla Rsi, che si trova su www.rsi/anna.

«L’idea era nel cassetto da un po’. Michela Murgia, con il suo Morgana mi ha ispirata; poi l’esposizione a Berna (Omaggio 2021) sulle donne svizzere che hanno combattuto per qualcosa di importante: ogni cantone ne sceglieva alcune, ai ragazzi di scuola hanno chiesto di dire quali avevano preferito: e le donne che hanno scelto le hanno esposte sulle case della capitale, per la prima volta la gente poteva vedere il loro ritratto e conoscere la loro storia».

Valentina ha insegnato al Csia, per dieci anni, prima di diventare giornalista. E quello che le manca di più degli anni insieme ai giovani è quella sfida di far diventare Petrarca un mito; perché si può, perché ogni cosa raccontata dal suo lato affascinante può appassionare, a tutte le età, chiunque. Basta farlo bene, basta crederci, studiare e scegliere il meglio da offrire. Swiss Riot Girls segue questo principio, presentando sette donne svizzere (o che con la Svizzera hanno avuto un legame); non sono solo pescate fra quelle della mostra, ce ne sono altre. Valentina ne aveva scelte venti, si è letta libri, ha guardato documentari, ha cercato in biblioteca e su internet, raccogliendo fiumi di notizie. E poi è andata in studio, e ha registrato venti minuti per sette donne tra quelle che sentiva più affini a lei, quelle che più la lasciavano a bocca aperta.

Voleva fare la strega o il cowboy, Valentina Grignoli da piccola. «Non mi piacciono quelle troppo brave, quelle pulite, senza difetti. Amo le storte, le dimenticate, quelle che cadono; perché la vita è così. È bello avere dei modelli, benvengano i film sulle eroine del passato, dobbiamo pure seguire degli esempi. Ma per immedesimarsi davvero ci deve essere una falla da cui entrare, in cui intrufolarsi e guardare meglio, da dentro». La sorpresa: queste donne hanno vissuto così, in quell’epoca lì (Settecento, Ottocento, inizio Novecento) e nessuno oggi le ricorda? Ma perché? Ce n’è una: Leny Bider, la prima attrice di film muti svizzera, bravissima, stupenda. Il fratello l’ha fatta sposare, contro la sua volontà, stroncandone la carriera. Lui era pilota, è morto ubriaco. Lei si è sparata dalla disperazione. E chi è stato ricordato? Lui, il bravo pilota. Di lei, quasi niente. E Annemarie Schwarzenbach, la lesbica, la viaggiatrice, la controcorrente. Si drogava, non ci stava, sua madre le ha bruciato tutto quello che ha scritto. Sabine Spielrein è ricordata solo come l’amante di Carl Gustav Jung, ma sapete cosa ha fatto? Un sacco di cose. Ascoltare per credere. E di tutte loro hanno calpestato i diritti, il diritto di esprimersi, di amare, di scegliere, di aiutare a abortire, di essere.

Questo podcast ha qualcosa di punk. Già il nome, che si rifà alle ragazze punk rock americane degli anni Novanta, quando Valentina Grignoli era una ragazza anche lei, stufe del maschilismo, degli abusi a scuola e a casa, del patriarcato. «Le Riot Girls erano giovanissime, erano aperte, combattevano, avevano ideali, non erano razionali, a volte non erano neanche nel giusto, ma è questo che mi interessa di loro: avevano idee». E le musiche del podcast sono di una cantante punk, Camilla Sparksss, canadese-ticinese che crea musica elettronica, ha curato la sigla e ha firmato gli interventi musicali che accompagnano la narrazione.

Scritto pensando ai giovani, alle giovani, giunto però alle orecchie di tutti, fresco e diretto, rigoroso e divertente, Swiss Riot Girls termina ogni puntata con il commento di un allievo di scuola: dopo aver raccontato la storia di una donna del passato, qualcuno di molto giovane oggi commenta liberamente, a caldo. «Mi ci vedo», dice una ragazza. «Credo che succedano ancora oggi abusi del genere», dice un altro. «Che bello scoprire questa donna, sono cose che mi interessano». Potere delle storie.

E il podcast potrebbe anche finire a scuola, con i docenti di storia che lo fanno ascoltare; il Gruppo Ticino di Amnesty International vorrebbe creare schede didattiche; un’insegnante del Csia vorrebbe farne dei Murales insieme ai ragazzi. «Mi interessa soprattutto che lo ascoltino loro», dice l’autrice. «Sono i giovani che devono accedere alla Storia, per avere gli strumenti, perché sono loro che costruiscono il futuro».