La spazzacamino e il sarto, il ballerino e la fisica teorica. Professioni atipiche, ma oggi le opportunità ci sono, basta saper scegliere. Prendere la propria strada professionale liberi da pregiudizi e stereotipi di genere e sociali, non sembra però sempre semplice, perché?
La società attuale offre in fondo sulla carta pari opportunità di scelta. La scuola è uguale per tutti e le azioni di sensibilizzazione, volte a scardinare gli stereotipi, sono numerose. Nonostante ciò, è evidente dalle statistiche e dalla realtà quotidiana che i casi in cui una donna si cimenta in mestieri da sempre definiti da uomo, e viceversa, rimangono rari, tanto da diventare esemplari.
Prendendo spunto dall’uscita dell’opuscolo Pari opportunità nella scelta professionale (edito dal CSFO, Centro svizzero di servizio Formazione professionale/Orientamento professionale, universitario e di carriera, www.sdbb.ch), curato da Alessandra Truaisch e Beatrice Tognola-Giudicetti, abbiamo deciso di conoscere più da vicino il problema. Nell’opuscolo vengono illustrati alcuni di questi «casi esemplari»: dalla carrozziera lattoniera all’educatore dell’infanzia. La caratteristica di questi esempi però, è proprio l’eccezionalità, che si vorrebbe nei fatti norma, ma che fatica a farsi strada in una società ancora fortemente, più di quanto ci piace credere, condizionata da stereotipi e pregiudizi.
Nella pubblicazione non mancano dati d’impiego e di formazione che evidenziano chiaramente come, se la tecnica e le scienze sono dominio prettamente maschile, cure, scienze umane e arte rimangono ancora retaggio femminile. «Mi sono avvicinata alla fisica tardi, perché ho sempre associato questo mondo agli uomini e alla manualità. Quando ho intrapreso la mia strada, pur non sentendo nessuna pressione dalla famiglia, non ho mai smesso di pensare che la fisica non fosse un mestiere da donne. Tutte le persone che se ne occupavano attorno a me – professori, relatori – erano uomini! Non avevo un modello femminile». Nonostante ciò, la donna che abbiamo di fronte è diventata nel tempo professoressa e ricercatrice in fisica teorica e cosmologia, in un mondo di predominanza tutt’ora maschile. Il problema in questo ambito è che nel contesto attuale di una società che si vuole paritaria a tutti i costi, iniziano a essere imposte quote rosa dall’alto. Ma la questione è delicata, e bisogna partire dal basso. «Faccio parte di un progetto dell’Università di Ginevra, Athéna, il cui scopo è anche quello di incoraggiare le ragazze a seguire gli studi nelle scienze. È aperto ai liceali maturandi, si partecipa a lezioni e esami universitari seguiti da un tutor, ed è interessante notare come il numero di maschi e femmine sia pari in sede di selezione e esami. Si cerca poi di affiancare modelli femminili alle ragazze».
Modelli che si spera possano migliorare la situazione, magari anche in Ticino. Qui i dati dei diplomi nelle scuole professionali del 2016 parlano chiaro: alla Arti e mestieri di Bellinzona su 36 promossi nessuna ragazza e alla Scuola professionale artigianale e industriale di Biasca, si parla di due studentesse su 112. Per la sartoria, a Viganello abbiamo un sarto su 29, e a Biasca nemmeno uno tra le 41 promosse. È proprio in questa scuola che incontriamo Mauro: «Ho iniziato come progettista meccanico, ma dopo due anni, in mancanza di stimoli e con la voglia di realizzare un sogno, ho cambiato strada». Mauro vorrebbe diventare costumista per cinema e teatro. «Per farlo mi serve il diploma di sarto, quindi eccomi qua! Non ho mai sentito pressioni o pregiudizi, i miei genitori mi appoggiano». Mauro è l’unico maschio in una classe di sole ragazze, e sembra soddisfatto. «Per ora il solo disagio è quello legato alle creazioni: cuciamo sempre vestiti da donna! Ma l’ambiente in classe, rispetto agli anni di programmatore meccanico, è migliore, più serio, si impara di più. Merito delle mie compagne!». Anche per loro avere un ragazzo in classe a rompere gli schemi è una fortuna, lo scambio sembra reciproco.
Marilena Fontaine, delegata ticinese alle pari opportunità, ci ha confermato l’idea che scelta e occasione non vanno purtroppo ancora di pari passo. «Oggi, seppure le opportunità siano aperte a tutti grazie alla scuola, le ragazze – solitamente con un rendimento migliore – tendono a scegliere la propria professione in campi tradizionalmente femminili. Vengono trascurati i settori della tecnica, ma è un peccato: qui ci sono molte professioni adatte anche a loro. Negli studi superiori la situazione è diversa, sempre più donne intraprendono una carriera accademica in diritto o medicina». Per Marilena Fontaine il problema principale è legato all’idea che ci si fa del futuro: «Le ragazze pensano alla famiglia, alla conciliazione casa lavoro una volta diventate mamme. I ragazzi invece si pongono prima di tutto il problema della carriera, e poi del mantenimento di una famiglia. Aspirazioni diverse, che entrano in atto ancor prima di fare la propria scelta. Quello a cui le ragazze non pensano purtroppo è che questa influenzerà la loro situazione nel mondo del lavoro, dove le professioni tipicamente femminili sono quelle meno pagate e con meno prospettive di avanzamento».
Quello su cui punta la delegata alle pari opportunità è l’importanza di informazione, di incontri, come per esempio la serata di presentazione dell’opuscolo sopracitato. Ma non solo, in Svizzera c’è per esempio la giornata Nuovofuturo, un progetto di cooperazione tra scuola, mondo del lavoro e genitori che incoraggia la parità tra uomo e donna nella scelta della professione e nella pianificazione di vita. Oltre a questo, per informarsi su professioni e formazioni esiste il Servizio documentazione dell’orientamento, a Bellinzona (tel. 091 814 63 51), attività complementare alla consulenza di orientamento che spesso molti non conoscono.
La speranza è ora che con il tempo si sradichino gli stereotipi e che, attraverso nuovi modelli, si comprenda che sono le qualità, e non il genere al quale si appartiene, a renderci all’altezza di una professione.