Salute e malattia viste con un fumetto

Editoria - La «Graphic medicine» è un mezzo semplice, versatile ed efficace per esprimere con parole e immagini il mondo della medicina
/ 26.04.2021
di Sergio Sciancalepore

È possibile raccontare e rappresentare la malattia usando mezzi espressivi diversi da quelli più tradizionali e noti come libri, narrazioni, fotografie? È possibile farlo in un modo innovativo, molto efficace e coinvolgente che mette insieme testi e disegni: è la «Graphic medicine», una tecnica di comunicazione che utilizza gli strumenti propri dell’arte dei fumetti, i ben noti «comics».

La medicina raccontata attraverso i disegni e i testi nasce dall’esperienza della Medicina narrativa, ampliandola con l’utilizzo di disegni, frasi inserite nei classici «fumetti» e soluzioni grafiche del tutto particolari. Lo scopo non è solo quello del racconto, della testimonianza offerta da chi vive o ha vissuto la malattia in modo diretto o indiretto. La Graphic medicine «mostra» la malattia con straordinaria immediatezza (in modo «viscerale», a volte), rende evidenti alcuni suoi aspetti che la parola fatica o non riesce a esprimere, come i cambiamenti del corpo, le difficoltà nella relazione con il medico (per esempio, quello che non si riesce a dire durante una visita o un percorso di cura) e con i famigliari: inoltre, è un mezzo straordinariamente efficace per la divulgazione e l’informazione sulla salute perché usa canali di comunicazione visiva e testuale di facile comprensione e impatto sul pubblico.

La Grapich medicine nasce nel 2007 alla Columbia University di New York: l’ideatore è il medico e disegnatore di fumetti Ian Williams, al quale si uniscono in breve tempo altre persone a vario titolo coinvolte nella medicina, nella grafica, nella creazione di storie illustrate: nel 2015, esce il Grapich Medicine Manifesto che raccoglie le idee e le proposte formulate nel corso del primo dei convegni annuali (Londra, 2010), le «Comics & Medicine Conferences».

Gli esempi di Grapich medicine sono ormai numerosi, trattano malattie diverse con soluzioni grafiche e testuali adatte ai vari scopi e contesti: malattie psichiche (depressione, disturbi alimentari), malattie degenerative come l’Alzheimer o il Parkinson, il cancro e altre. I primi e significativi esempi di narrazione grafica che hanno fatto da modelli – in seguito sviluppati e arricchiti – agli altri fumetti dedicati alla malattia, sono Cancer Vixen di Marisa Acocella Marchetto (c’è anche un’edizione in italiano, edita da Salani) e Mom’s Cancer di Brian Fies.

Marisa Acocella è una affermata cartoonist statunitense: a 43 anni, tre settimane prima delle nozze, scopre di avere un cancro al seno e decide di raccontare e illustrare la sua esperienza, fortunatamente conclusasi con la guarigione. Un giorno, la Acocella e la mamma, vanno dal medico che dovrà eseguire la biopsia per confermare la diagnosi: il medico illustra ampiamente la tecnica, le possibili complicazioni e i successivi sviluppi, un’informazione ampia e dettagliata.

Tuttavia, di tutto quel che dice il medico, che cosa realmente rimane in mente, cosa colpisce l’attenzione delle due donne? La situazione è ben illustrata dalla vignetta: il contesto (la visita, il discorso del medico) è descritto in due pannelli di colore verde, mentre ciò che le due donne afferrano sono solo pochi termini specialistici («cancro, lumpectomia, può non essere invasivo, linfonodi»), tutto il resto del discorso è come se non esistesse: questo afferrare solo alcune parole è illustrato usando segmenti ondulati, onde sulle quali «galleggiano» isolati quei pochi termini specialistici che impressionano le due attonite ascoltatrici. A sottolineare lo stato di grande ansia che non permette di comprendere l’informazione data dal medico, Acocella e la mamma sono raffigurate con una espressione rigida, gli occhi sbarrati.

In Mom’s Cancer, Brian raffigura una conversazione telefonica con il padre, a proposito della mamma malata di cancro. I due parlano della malattia della donna, le loro frasi sono riportate nei fumetti, mentre nei pannelli in basso sono riportate le parole non dette, solo pensate: in modo immediato, il lettore ha simultaneamente accesso a quello che si dice apertamente e a quello che si pensa in realtà e si fa fatica o non si riesce a dire a proposito di un famigliare gravemente ammalato. Nella stessa narrazione, una sequenza di immagini rappresenta un episodio di «assenza» della mamma, causato dal progredire della malattia: la donna appare sempre più estraniata e questo è ben descritto dal progressivo inscurimento del fondo, dal primo piano del volto e dagli occhi che diventano bianchi.

La Grapich medicine usa anche singolari espedienti per dare rilievo a situazioni e stati d’animo, come le dimensioni diverse dei caratteri del testo: in Cancer Vixen, le domande e i dubbi della Acocella sono riportate in modo più efficace rispetto a un semplice elenco narrativo. Il corpo dei caratteri evidenzia le preoccupazioni della donna, non solo riguardo la malattia ma anche gli aspetti economici (tutt’altro che trascurabili, specie negli Stati Uniti): «Basterà la mia assicurazione o dovrò firmare degli assegni?», è il pensiero ultimo (e dominante, sottolineato dai caratteri grandi) della paziente.

La Graphic medicine si sta rivelando particolarmente efficace nell’informazione medica rivolta al pubblico: un testo ben scritto, sintetico è più immediato e comunicativo se è integrato da immagini a effetto. Analogamente, quando si vuole condividere con altri la propria condizione di malati, niente è più comunicativo di un disegno: in La parentesi di Élodie Durand, una grafica francese, il disegno – incerto, «brutto», astratto – si fa autentica e immediata rappresentazione di come la malattia ci può cambiare.

In tempi di Covid-19, anche la Graphic medicine ha elaborato una «visione» del contagio. Monica Lalanda (in Spagna) e Shirlene Obuobi (negli USA) – entrambe medici e fumettiste – hanno realizzato storie illustrate sulla pandemia, raccontando le esperienze personali, dei loro pazienti e famigliari: non solo, hanno anche affrontato il tema della «invisibilità» del contagio, dando informazioni chiare ed efficaci sui modi di trasmissione del virus e come difendersi.

La distanza fisica imposta dall’epidemia non impedisce di rimanere «connessi», e anche un fumetto può servire allo scopo.