A Savognin, il villaggio grigionese sulla strada che porta al passo dello Julier, c’è una casa, a metà della via principale, lo Stradung, che è un vero e proprio baluardo del romancio. Ci sono tre insegne sulla parte nord dell’edificio: RTR (Radiotelevisione romancia), Lia Rumantscha e «La Pagina da Surmeir» (il settimanale in romancio della regione). Tre piccoli uffici mimetizzati in questa casa dipinta di grigio di tre piani, semplice e curata. Le scale sono addobbate con cassapanche rustiche e con vecchi arnesi di vita contadina. Al primo piano c’è la redazione del settimanale, dove incontriamo il redattore Peder Antona Baltermia. «Il destino del romancio – ci dice – è legato alle regioni di montagna in cui si parla questa lingua, che si declina in cinque diversi idiomi. Le montagne hanno sempre meno abitanti e i giovani che crescono qui non hanno poi un lavoro nella regione e devono emigrare. Se uno va a Zurigo e lì sposa una svizzera tedesca, il romancio sopravvive per una generazione, poi si perde».
Il giornale è nato nel 1946 e resiste malgrado le vicissitudini con cui è confrontata la stampa in tutta la Svizzera. «Il giornale ha un ruolo importante. – continua il giornalista responsabile da 32 anni – Dopo la scuola, la gente non ha molte occasioni di leggere in romancio. Perciò “La Pagina” diventa un’opportunità unica per offrire la possibilità agli abitanti di leggere una volta alla settimana nella lingua della regione. Un fatto decisivo per la sopravvivenza della lingua». Il giornale è scritto in surmirano, l’idioma del Surses.
Il romancio è parlato in Svizzera da circa 40mila persone, lo 0,5% della popolazione elvetica. Secondo l’Atlante delle lingue minacciate dell’UNESCO si tratta di un idioma in pericolo. Dal 1803 al 1980 la percentuale dei grigionesi che lo parlano è passata dal 50 al 21%, oggi siamo al 15%. Il romancio è una lingua antica, nato in epoca romana dall’incontro tra il latino volgare e le lingue retiche parlate nei Grigioni. Oggi è una lingua frammentata, nel senso che vi sono cinque idiomi, corrispondenti ad altrettante regioni: sursilvano, sottosilvano, surmirano, putér e vallader. Nel 1982 si è aggiunto il Rumantsch grischun, una lingua standardizzata che aveva ed ha lo scopo di garantire la sopravvivenza della lingua superando le differenze regionali. «Il Rumantsch grischun deve diventare la lingua di riferimento, – sottolinea Peder Baltermia – centrale e ufficiale; cinque idiomi sono troppi, siamo già in pochi e la forza si disperde. Bisogna unificare le lingue, come si fece in Italia con Dante e in Germania con Lutero». Anche la rappresentante della Lia Rumantscha – l’associazione che difende e promuove la lingua – di Savognin concorda con l’importanza del Rumantsch grischun: «Dobbiamo avere una lingua scritta unificata. Io sono stata insegnante di scuola elementare per molti anni e ho potuto verificare che per i bambini non ci sono problemi, scrivono in Rumantsch grischun, ma parlano in surmirano», sostiene Carmen Dedual.
Il Rumantsch grischun era stato introdotto in tutte le scuole, ma poi nella maggioranza delle regioni si è fatta marcia indietro. In Surselva, come anche in Engadina, si è ripristinato l’idioma locale parlato e scritto. Il confronto su questo tema è stato acceso. La lingua è un tema sensibile, tocca le emozioni, le radici e l’identità. Il consigliere nazionale grigionese Martin Candinas, molto impegnato nella difesa del romancio in Parlamento, ritiene che l’introduzione del Rumantsch grischun sia stata una forzatura: «È stato imposto nelle scuole delle diverse regioni senza che il popolo fosse d’accordo. I cinque idiomi non sono dialetti, ma vere e proprie lingue, ognuna con una propria scrittura. Salvare i diversi idiomi significa salvaguardare l’identità delle valli. Sono invece d’accordo che si punti sul Rumantsch grischun nella diaspora».
Ecco l’altro tema delicato. Il 40% della popolazione che parla romancio non vive più nei territori d’origine, ma è emigrata e fa parte della diaspora. Per salvare e promuovere la lingua è necessario poter intervenire anche in queste realtà, soprattutto cittadine, come Zurigo, Basilea, Lucerna, ecc. La Lia Rumantscha si muove anche in questo senso. Si stanno preparando alcuni progetti per chiedere finanziamenti alla Confederazione, all’Ufficio federale della cultura, per favorire lo studio del romancio fra i grigionesi della diaspora. «Dobbiamo far conoscere di più il romancio in Svizzera. – ci dice Dedual – La Radiotelevisione romancia fa molto, è importante, ed è significativo che molte persone vogliano imparare il romancio e seguano i corsi che organizziamo. I giovani di oggi sono più sensibili, noi quarant’anni fa volevamo sapere bene il tedesco ad ogni costo. Ora i giovani apprezzano il romancio, per loro è una specie di lingua misteriosa o segreta».
Al terzo piano della roccaforte romancia di Savognin c’è l’ufficio della Radio romancia con il corrispondente Federico Belotti. Figlio di un immigrato valtellinese, dopo aver lavorato per la ferrovia retica, ha scelto di dedicarsi al giornalismo romancio. «Mio papà aveva imparato il romancio perché il tedesco non gli piaceva. – racconta Belotti – Quando vengo a lavorare il mattino incontro sempre una quindicina di bambini che vanno a scuola ed è bello sentirli conversare in romancio. A scuola a Savognin si insegna in romancio per i primi due anni delle elementari, poi, in terza, si introducono due ore di tedesco. La Radio Rumantscha ha una funzione importante perché noi offriamo programmi in tutti i cinque gli idiomi, quindi si contribuisce a divulgare i diversi romanci facendo in modo che ognuno capisca».
La storia del romancio affonda nei secoli, ma una data significativa è il 20 febbraio del 1938, quando venne riconosciuto quale quarta lingua nazionale dal 92% dei votanti. Da ottant’anni il romancio è lingua nazionale. Solo nel 1999 viene inserito nella costituzione del Canton Grigioni il principio del trilinguismo, quindi diventa lingua ufficiale. C’è ancora molto da fare: per esempio nelle scuole cantonali, malgrado l’adozione del nuovo Piano di studio 21, molti testi didattici continuano a essere disponibili solo in tedesco e non in italiano e in romancio. Una discriminazione sostanziale, giustificata dal Governo con la mancanza dei fondi necessari per le traduzioni: la Lia Rumantscha l’ha definita «una bancarotta cantonale».
«Il Cantone potrebbe fare di più nei confronti del romancio. – spiega Federico Belotti – Per esempio una cosa che mi disturba è che alla polizia cantonale non c’è nessuno che parla romancio, le notizie sono sempre in tedesco. Ci sentiamo proprio una minoranza piccolina, meritiamo più considerazione». Peder Baltermia rincara: «Il Cantone e la Confederazione potrebbero avere più attenzioni nei confronti del romancio. La nostra situazione è speciale. Anche l’italiano è una lingua minoritaria in Svizzera, ma voi avete l’Italia che offre un importante retroterra culturale. Noi siamo isolati, non abbiamo nessun retroterra, meritiamo uno statuto di riguardo». Anche la rappresentante della Lia Rumantscha non è tenera con l’autorità cantonale. «Non c’è abbastanza sensibilità nei confronti della nostra lingua. – ci dice – Per esempio, in occasione delle fusioni comunali, l’ultima cosa a cui pensa Coira è il destino del romancio. C’è una legge sulle lingue che va rispettata, ma ciò non sempre avviene. Dobbiamo essere noi a controllare! Uno dei problemi con cui siamo confrontati è che non è più necessario conoscere il romancio. Basta sapere il tedesco. Invece il bilinguismo è una risorsa insostituibile».
Il consigliere nazionale Martin Candinas non critica la Confederazione e ritiene che Berna abbia simpatia e disponibilità nei confronti del romancio. Ha avuto risposte positive ai suoi atti parlamentari, per esempio in difesa del giornale «La Quotidiana». Ritiene che la Lia Rumantscha debba mettere a punto rivendicazioni precise all’indirizzo dell’Ufficio della cultura, dove la responsabile Isabelle Chassot apprezza il plurilingismo. «I progetti concreti che riguardano il romancio devono provenire dagli attori nel territorio – afferma Candinas – come la Lia Rumantscha; non tocca ai politici questo compito». È però d’accordo anche Candinas che il Cantone possa fare di più: «Ora, con tre consiglieri di Stato di origine romancia, si può sperare che aumenti la sensibilità. Se si avanzano rivendicazioni alla Confederazione, è necessario che vi sia il sostegno del Cantone. L’importante è che ognuno curi la propria lingua, il proprio romancio: la lingua va vissuta ogni giorno, così si può difenderla, mantenerla e anche promuoverla».
La Lia Rumantscha impiega venti persone e riceve 2 milioni e mezzo di franchi di sussidi. Carmen Dedual apre le braccia e sospira, dicendo che non si possono fare miracoli, ci vogliono più soldi. Secondo Peder Baltermia, se c’è la volontà politica il romancio va sostenuto senza condizionamenti. C’è troppa burocrazia, deve essere più semplice ottenere finanziamenti.
Secondo uno studio della Commissione europea, la sopravvivenza di una lingua è garantita se viene parlata da almeno 300mila persone. Sulle sorti del romancio vigila anche l’Europa. Infatti nel 1997 la Svizzera ha ratificato la «Carta europea delle lingue regionali o minoritarie», che prevede di salvaguardare e promuovere la pluralità linguistica come «uno dei più preziosi elementi della vita culturale europea».