Ridere aiuta a ribaltare le prospettive, sdrammatizzare e ritrovare la leggerezza. «Ridi che ti passa» non è solo un modo di dire: è una pratica che permette di prendere consapevolezza delle proprie fragilità e del controllo parziale che si ha su quel che accade nella vita quotidiana. L’umorismo è usato da alcune correnti psicologiche contemporanee come terapia per aiutare a superare il pessimismo e le visioni catastrofiche della realtà. Alle virtù del sense of humor è dedicato un testo appena pubblicato da Franco Angeli, intitolato Procedure e strumenti di autoterapia umoristica. L’umorismo: uno strumento efficace per favorire il benessere. Tra gli autori del volume, oltre a Giovanni Maria Ruggiero, Valentina Carloni, Lorenzo Recanatini, Antonio Scarinci, psicologo, psicoterapeuta e insegnante in diverse scuole di specializzazione post-universitaria.
Professor Antonio Scarinci, ci può spiegare come funziona l’umorismo?
L’umorismo è un processo che prevede, prima di tutto, la percezione di uno stimolo coerente con uno schema cognitivo che crea aspettative e poi una valutazione d’incongruità rispetto a ciò che ci si aspettava. Ad esempio, se pensiamo a un leone che insegue una zebra, il fatto di immaginare che la zebra salga su una moto per allontanarsi, lasciando basito il leone, può farci scoppiare in una risata. L’umorismo presuppone una fase di comprensione e una di apprezzamento, con attivazione di aree cerebrali diverse.
Esistono diversi tipi di umorismo?
Sì, ci sono l’umorismo adattivo e quello disadattivo. Il primo, l’umorismo adattivo, è «affiliativo», permette cioè di avere una propensione a mantenere una visione umoristica della vita e a usare il sense of humor come strategia per fronteggiare situazioni stressanti e avversità quotidiane. Può essere utilizzato sia durante una psicoterapia tradizionale sia per svolgere esercizi di auto-aiuto. Il secondo, l’umorismo «disadattivo» è aggressivo, viene utilizzato per difendersi attraverso il sarcasmo o la messa in ridicolo degli altri, e può fare molto male.
Perché l’umorismo fa bene al nostro equilibrio psicofisico?
In letteratura sono presenti diversi studi, alcuni condotti anche da me a dagli altri autori del libro, che attestano come l’umorismo possa migliorare la regolazione degli stati emotivi, la metacognizione e la flessibilità psicologica. I benefici non riguardano soltanto le persone senza disturbi particolari, ma anche i pazienti con patologie gravi come psicosi, schizofrenia e disturbi della personalità.
La relazione tra mente e corpo, cioè come il nostro umore possa influenzare i processi psicofisici, è ormai accettata anche da una parte delle scienze occidentali. Lei cosa ne pensa?
Non esiste separazione tra mente e corpo. I nostri processi cerebrali influenzano il fisico e viceversa. Quando viviamo situazioni di stress prolungato, il corpo mette in circolo il cortisolo, un ormone che ha un impatto profondo sulla salute, perché contrasta il lavoro del sistema immunitario. L’umore, pertanto, è correlato al benessere e di conseguenza alla salute. Esistono diversi studi che dimostrano come una tristezza eccessiva attivi processi quali l’attenzione e la memoria selettive e un controllo maggiore delle variazioni fisiologiche e delle sensazioni corporee che tendono a essere interpretate come indicatori di malattia, generando preoccupazioni e circoli viziosi. Spesso chi si sente così sperimenta una forte ansia, chiede rassicurazioni al medico e avvia indagini diagnostiche. Inoltre, si possono attivare comportamenti malsani che riguardano, ad esempio, l’alimentazione, l’assenza di attività fisica, il consumo di alcool e di altre sostanze. Regolare le nostre emozioni permette di migliorare la salute per un benessere fisico, mentale e sociale.
Come possiamo trovare il modo di «riderci su» se ci sentiamo tristi o depressi?
Come sosteneva Albert Ellis, fondatore, negli anni Sessanta della Rational Emotive Behavioral Therapy (REBT) il senso dell’umorismo non guarisce i problemi emotivi, ma permette di imparare a non prendere troppo sul serio gli avvenimenti spiacevoli. Se impariamo a guardare con una prospettiva umoristica ciò che accade, aumentiamo la capacità di regolare le nostre emozioni e la nostra flessibilità psicologica. Questo consente di far sì che la tristezza non si trasformi in una vera e propria depressione. L’umorismo permette di vedere sé stessi, gli altri e il mondo in una prospettiva diversa, più funzionale e adattiva.
Come funzionano le terapie psicologiche basate sull’umorismo?
Non è semplice rispondere a questa domanda in poche parole, ma ci provo. Nel nostro libro sono presentate procedure e strumenti cognitivi, immaginativi e comportamentali, che fanno riferimento a due principi. Il primo si basa sul fatto che il nostro disagio è spesso causato da come ordiniamo le esperienze, dalle valutazioni che facciamo sugli eventi che ci capitano. Se i nostri pensieri automatici, o irrazionali, favoriscono emozioni molto intense che sperimentiamo senza soluzione di continuità e magari in maniera incongrua, possiamo avvertire un malessere che perdura e può trasformarsi in una vera e propria psicopatologia. Ristrutturare questi pensieri in modo più funzionale può trasformare il malessere e portarlo a risoluzione.
Il secondo principio è legato alla capacità di distanziarci dai nostri pensieri, considerandoli semplicemente, degli eventi, senza identificarci con quello che ci passa per la mente. In questo modo possiamo lasciarli andare senza focalizzare la nostra attenzione sugli stati mentali negativi che avviano processi disfunzionali come, ad esempio, la ruminazione e il rimuginìo. Una metafora rende meglio il principio: se mettiamo i nostri pensieri su una nuvoletta e lasciamo che il vento la faccia muovere, ci accorgiamo che si scompone e si decompone fino a che non riusciamo più a distinguerla nel cielo. In questo senso sapere ridere delle cose è un ottimo strumento.