Si potrebbe parafrasare lo scultore e orafo italiano, Arnaldo Pomodoro, affermando che «Il giardino è specchio della società e del rapporto con la natura; ed è insieme uno spazio mitico, dove con più fantasia e libertà è possibile la collaborazione tra uomo e la natura stessa (nella citazione originale dello scultore è «tra artista e architetto»).
Da quando l’uomo come specie ha deciso di sedentarizzarsi, rinunciando alla vita nomade, il suo rapporto con l’ambiente che lo circonda è cambiato in maniera sostanziale. Possiamo dire che in precedenza fosse parte esso stesso dei luoghi che attraversava, esattamente come lo erano, e lo sono, i grandi gruppi di animali che un tempo seguiva per sostentarsi. Diventato sedentario ha iniziato a manipolare intensamente gli spazi occupati creando paesaggi umani.
Ci sono dibattiti infiniti sulla nozione di paesaggio e sulla necessità della sua salvaguardia. Secondo la Fondazione Svizzera per la Tutela del Paesaggio (www.sl-fp.ch) questo è una parte di territorio così come viene visto e percepito in generale (suoni, odori…) dalla popolazione, che in esso (quando salvaguardato e valorizzato) trova un fondamento di identità, salute e una fonte di esperienze estetiche. Si parla di paesaggi naturali e culturali, i primi lasciati più all’azione della natura, i secondi a quella dell’uomo.
Il giardino, come concetto, è il tentativo di mantenere nell’esistenza e negli spazi antropizzati un po’ di natura. Citando Hermann Hesse (In giardino, 1952): «Nel giardinaggio c’è qualcosa di simile alla presunzione e al piacere della creazione: si può plasmare un pezzetto di terra come si vuole; […]. Si può trasformare una piccola aiuola, un paio di metri quadrati di nuda terra, in un mare di colori, in una delizia per gli occhi, in un angolo di paradiso».
Che siano concepiti con il rigore architettonico all’italiana, con studiato disordine all’inglese o secondo i canoni enigmatici alla giapponese (solo per citare alcuni stili) l’intervento dell’uomo nei giardini è quello di un deus ex-machina che si assicura di inserire elementi paesaggistici vari (specchi d’acqua, cascatelle) e tipologie di piante e fiori che garantiscano un effetto estetico gradevole durante tutto l’anno, cercando di conferire all’insieme un aspetto il più naturale possibile. In breve: una natura addomesticata dove, oltretutto, a volte, la presenza di altre specie viventi, come insetti, uccelli o piccoli roditori, non è vista di buon occhio. In proposito sono interessanti le osservazioni che si scambiano Paolo Pecere e Simone Pollo all’interno del terzo podcast della serie L’altro animale in merito al diritto di esistenza delle altre specie viventi con cui condividiamo il pianeta.
Alla ricerca di un nuovo equilibrio, più naturale e rispettoso dei ritmi e delle esigenze tipiche della natura stessa, di cui siamo parte anche noi, si stanno radicando sempre più alcune tendenze anche nella pianificazione di zone selvatiche, aree verdi e giardini, che di fatto favoriscano un’azione più spontanea proprio a Madre Natura.
Abbiamo visto i danni prodotti da una silvicoltura che non tenga conto dell’utilità della biodiversità: alberi di un’unica specie, tutti alti uguali e della stessa età, inermi di fronte a tempeste di vento violente. Si fa strada il concetto di Rewilding, ovvero il rilancio dei processi naturali, in cui gli ecosistemi vengono restaurati in grande scala. Il beneficio, oltre che per le altre specie animali e vegetali, è evidente anche per l’uomo che recupera un ambiente più sano in cui vivere, con ricadute positive anche in termini economici, grazie alla crescita di attività come il turismo, ma anche la creazione di nuovi posti di lavoro per chi si occupa di gestire questo processo (naturalisti, biologi, ingegneri ambientali). Essendo un’operazione che va controcorrente rispetto a quanto abbiamo fatto finora, e considerata la complessità delle cornici economica e sociale in cui ci si muove, le soluzioni da mettere in campo richiedono un livello di elaborazione e collaborazione particolarmente sfidante.
Se invece scendiamo di livello, nel nostro piccolo, quello che possiamo sperimentare è l’Ungardening, ovvero riportare nei nostri giardini dietro casa, sui nostri balconi, le piante native del territorio. In una contingenza come quella attuale, con fenomeni climatici estremi e schizofrenici (periodi di siccità cui fanno seguito grandi piogge, temperature che salgono e scendono improvvisamente) il giardinaggio classico sta diventando meno sostenibile, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità appunto di acqua, o l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, l’introduzione di specie (vegetali e di conseguenza animali) alloctone.
Lo scopo primario dell’Ungardening è la salvaguardia dell’ecosistema con piante e fauna locali, cercando di ripristinare un minimo di armonia con la natura. È la filosofia che nel 2019 ha spinto Jacques Pitteloud, ambasciatore svizzero a Washington, a rivoluzionare il giardino della sede diplomatica assegnatagli, trasformando i prati intorno alla residenza, simili a un campo da golf, in un piccolo paradiso popolato da piante locali, a beneficio di uccelli e insetti, che sono tornati a farsi vedere per la gioia dell’ambasciatore stesso che è anche un appassionato bird-watcher.
In Svizzera, tornando al nostro campicello, possiamo consultare Info Flora, centro di competenza per le informazioni sulle piante selvatiche della Confederazione che, sempre nel 2019, ha lanciato insieme a RSI «Missione B – per una maggiore biodiversità», operazione che ha come obiettivo di contrastare l’impoverimento della vegetazione locale, mettendo più superficie possibile a disposizione della biodiversità. La raccomandazione è quella evitare una promozione indiscriminata delle specie vegetali, ma di scegliere le specie giuste nel posto giusto, prestando particolare attenzione al luogo d’origine della specie stessa.
Per avere un piccolo prato fiorito, ma anche dei bei vasi da balcone, si possono scegliere semi locali che forniscono il giusto nutrimento per il mondo degli insetti della zona. Altre informazioni e preziosi consigli si trovano anche nell’ambito del progetto Regio Flora (www.regioflora.ch), mentre al Vivaio cantonale forestale di Lattecaldo ci possono aiutare a scegliere e portare a casa specie di cespugli indigeni.
Chiudo con una citazione dello scrittore Paulo Coelho: «Nel corso della propria esistenza, ogni essere umano può adottare due atteggiamenti: Costruire o Piantare. I costruttori possono dilungarsi per anni nei loro compiti, ma arriva un giorno in cui terminano la propria opera. A quel punto si fermano, e il loro spazio risulta limitato dalle pareti che hanno eretto. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Poi ci sono quelli che piantano: talvolta soffrono per le tempeste e le stagioni, e raramente riposano. Ma al contrario di un edificio, il giardino non smette mai di svilupparsi. Esso richiede l’attenzione continua del giardiniere ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere una grande avventura».