«Cominciare. Si tratta solo di cominciare» – dice Pepita Vera Conforti, esperta della formazione continua e antenna per le pari opportunità della Divisione della formazione professionale del Decs.
Parliamo di un mondo del lavoro in pieno sviluppo e promettente, in cui edificare il proprio futuro professionale – l’ambiente – un settore lavorativo, tuttavia, ancora di dominio maschile. È di poche settimane fa la presentazione in Ticino di un progetto interdipartimentale che si prefigge di abbattere alcuni stereotipi, intitolato «Ambiente: un mestiere da ragazze» e frutto di una sinergia tra Decs, l’aggiunta al direttore della divisione dell’ambiente, Katia Balemi e la delegata per le pari opportunità, Rachele Santoro. L’obiettivo? Far meglio conoscere alle e ai giovani i diversi percorsi formativi e le possibilità di lavoro nel settore ambientale, promuovendo in particolare la parità di genere nelle scelte formative e professionali. Come? Attraverso atelier, diffondendo nelle scuole e negli uffici d’orientamento professionale l’opuscolo ricco di informazioni, Le professioni dell’ambiente. Una guida nella giungla della scelta formativa e professionale appena tradotto in italiano e dando impulso al sito web che veicola il progetto. I dati parlano chiaro. Negli ambiti professionali del verde, dell’ecologia, della gestione del patrimonio territoriale, dal 2000 al 2017 in Svizzera, ha conosciuto un aumento del 95% di addetti attivi nel settore ambientale: si è passati da 80mila a 156mila. Ma le ragazze rimangono in netta minoranza. Basti un dato: in Svizzera su 1066 contratti per giardinieri, 810 sono stipulati da uomini (il 76%). Si cominciano comunque ad avvertire cambiamenti. Un esempio incoraggiante: il Ticino ha da poco conosciuto la prima riciclatrice, attiva in un’azienda del Luganese, la ventenne Diana Dias Serrano.
Pepita Vera Conforti, quali sono i maggiori ostacoli per convincere il gentil sesso della bontà delle proposte lavorative nel settore dell’ambiente?
Si conosce poco quello che offre questo ambito professionale, sia a partire dalla formazione professionale di base sia poi delle possibilità di carriera che il sistema di formazione svizzero offre. Ulteriore aspetto, «il gentil sesso», racchiude tutto un mondo di luoghi comuni e stereotipi che vanno ad agire sull’idea di sé e quindi anche sul proprio immaginario. Veicola concetti come, «un po’ più debole», «bella presenza», «non disturba», «è gentile», tutte caratteristiche che sembrano non in linea con scelte atipiche. Talvolta le scelte che assecondano una passione personale, sono fatte dalle ragazze in una età un po’ più adulta, spesso come seconda formazione. I genitori hanno un ruolo fondamentale nella scelta della professione, nel momento in cui consigliano, supportano le figlie nel garantire loro un contesto sicuro, conosciuto, talvolta senza rendersi conto che vengono ricalcate attese sociali ancora stereotipate. Quindi è importante far capire dapprima che ci sono tante possibilità; l’impegno per l’ambiente interessa i settori più disparati, che non si limitano unicamente alla protezione della natura e del paesaggio, ma riguardano l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, l’economia sostenibile, l’edilizia sostenibile, molti contesti nuovi che professionalmente hanno un futuro.
Gli stereotipi sono presenti nella società, nei media, nella famiglia che possiede un forte ascendente sulle scelte professionali dei figli, ma appare determinante anche il ruolo degli imprenditori, dei datori di lavoro, al momento scegliere se assumere un ragazzo o una ragazza...
Diciamo che fino a una decina di anni fa, spesso le aziende quando mettevano a disposizione un posto di tirocinio, indicavano anche la preferenza del sesso dell’apprendista. Evidentemente oggi la Legge parità lo impedisce perché rappresenta una chiara discriminazione. Ma un conto è la legge scritta e un altro conto sono le reali pratiche adottate. Se io mi ritrovo con una ragazza in un contesto professionale tipicamente maschile vuol dire che devo essere attento al tipo di linguaggio che metto in campo, avere – a dipendenza della professione – anche degli spogliatoi per le ragazze, un approccio idoneo. Aspetti certamente superabili ma che talora possono rappresentare ancora un freno. Di buon esempio sono i cosiddetti role model, testimonianze femminili di chi svolge una professione nell’ambito dell’ambiente. Ne ospitiamo alcune sul sito web. Sono testimonianze che mostrano che si può, che è fattibile, che esistono soluzioni praticabili per cambiare mentalità. Uno degli editori dell’opuscolo è l’organizzazione delle professioniste attive nell’ambito dell’ambiente, che hanno appunto l’obiettivo di far conoscere questo tipo di professioni alle donne e alle ragazze e ricoprono un ruolo di sostegno.
A chi è rivolto l’opuscolo?
Lo promuoviamo alla Città dei mestieri, negli uffici di orientamento, alle scuole Medie. L’idea è anche quella di creare occasioni di incontro nelle scuole con atelier pratici affinché le ragazze, ma anche i ragazzi, possano conoscere le professioni contemplate nel settore dell’ambiente, le quali, ci rendiamo sempre più conto, possono garantire un futuro professionale piuttosto solido rispetto ad altri lavori. Si tratterà più avanti di coinvolgere anche le aziende dei settori dell’economia ambientale. Pandemia permettendo, il progetto «Ambiente: un mestiere da ragazze» approderà con uno stand a Espoprofessioni in programma dal 22 al 27 marzo 2021.
Sempre nell’obiettivo di superare gli stereotipi, non dovremmo agire anche a livello linguistico e coniugare le professioni in modo finalmente paritario?
È questa una battaglia che dal punto di vista personale promuovo nei media da quando ero presidente della Commissione consultiva per le pari opportunità tra i sessi. Il linguaggio crea mondi, crea legittimità, partecipazione. Quando si è iniziato a dire sindaca sembrava suonar male, ma la verità è che si è abituati a declinare il sostantivo solo al maschile perché fino al 1969 solo gli uomini potevano accedere alla carica. Certi ruoli, certe professioni dobbiamo imparare a declinarli anche al femminile, quindi: giardiniera, istallatrice di impianti sanitari, selvicoltrice, riciclatrice, ingegnera ambientale, eccetera. Perché adesso le donne che assumono questo ruolo ci sono. E dunque dobbiamo dare atto di una realtà che si è modificata, e le regole della lingua italiana lo permettono senza problemi.
Eppure, ci sono settori professionali in cui le differenze di genere sono state da lungo tempo superate. Si pensi alla ristorazione. Perché invece in molte professioni permane il dominio maschile?
Ci sono tutta una serie di professioni, nell’ambito commerciale o della vendita, in cui non vi sono differenze. Credo ci sia anche una spiegazione economica se pensiamo che dagli anni 60 l’esplosione del settore terziario e dei servizi necessitava di personale e le donne erano manodopera disponibile, c’è però anche un’altra spiegazione aggiuntiva in quanto si tratta di professioni che riguardano il prendersi cura dell’altro, a forte contenuto relazionale e il «gentil sesso» sembrava il più adatto. Oggi nessun datore di lavoro dirà che non vuole una ragazza. Forse si tratta solo di cominciare, vederne anche il vantaggio che potrebbe portare alle aziende stesse. Non sono però ingenua, sono consapevole che è indispensabile che a questa apertura siano accompagnate politiche familiari che garantiscano a uomini e donne maggiore conciliabilità.