Fu un evento eccezionale che segnò quell’anno. In molti, ancora oggi, se lo ricordano perfettamente malgrado siano passati più di 40 anni. Ma se solo accenni al 1978, di pancia e d’istinto abbinano quell’anno all’alluvione. Una tragedia che provocò 10 morti e danni milionari, soprattutto nel Locarnese. Il Museo della Vallemaggia ha voluto ricordare quel disastro naturale con un bel volume illustrato e ricco di contenuti. Con il presidente del Museo Elio Genazzi abbiamo voluto capire meglio come è nata e come si è sviluppata l’idea e se ha, magari, qualche legame con l’attualità.
Signor Genazzi, ci ricorda, in breve, che cosa è stata l’alluvione del 1978?
Per la sua eccezionalità il maltempo della notte fra il 7 e l’8 agosto del ’78 sarà ricordato negli annali del nostro Cantone come l’Alluvione del secolo. Un evento tanto rapido quanto drammatico. In poco più di 12 ore nel Sopraceneri e nella vicina Mesolcina le precipitazioni hanno raggiunto intensità mai registrate prima. I pendii più esposti, imbevuti d’acqua ad oltranza, si destabilizzano, franando irrimediabilmente verso valle. Altrettanto velocemente la portata dei fiumi aumenta a dismisura, prendendo tutti quanti di sorpresa e, per di più, a notte fonda. Alla confluenza della Melezza il Fiume Maggia sfiora l’incredibile portata di 5000 metri cubi di acqua al secondo, che corrisponde alla portata massima del Reno a Basilea, un bacino idrografico ben trenta volte più ampio. Fortunatamente l’8 agosto il sole torna a risplendere, ma lo scenario, agli occhi degli abitanti, appare desolante. 10 sono le vittime ed i danni risultano incalcolabili. Il Locarnese e la Vallemaggia risultano tra le zone più colpite.
L’idea di un libro sulla alluvione del 1978 è nata durante una serata per ricordare i 40 anni dall’evento. Ci spiega come si è poi sviluppata?
In effetti il nostro Museo ha ritenuto doveroso rievocare i quarant’anni dall’alluvione del ’78 con una serata pubblica tenutasi nel 2018 ai Ronchini di Aurigeno, alla quale sono intervenute oltre 200 persone. A stupirci non fu tanto l’elevato numero di partecipanti, quanto piuttosto il vivo interesse dimostrato dai presenti e tra loro anche da parte di chi nel ’78 non era ancora in vita, tanto da chiederci se non fosse utile, oltre che necessario, tramandare l’evento attraverso un libro. E così è stato. Grazie alla disponibilità di una dozzina di autorevoli coautori è stato possibile realizzare una pubblicazione alla portata di tutti, volta non soltanto a raccontare l’evento, ma anche a spiegarne e comprendere le dinamiche che lo hanno caratterizzato e come si è stati in grado di affrontarlo sia sul piano singolo che istituzionale.
Oltre che per una ragione storica, perché nel 2020 qualcuno dovrebbe interessarsi a un evento così lontano nel tempo?
Premesso che la lontananza nel tempo costituisce un elemento relativo. Per il sottoscritto, ad esempio – e con me per molti altri – che ha vissuto l’evento in prima persona, come dimostrano le molte testimonianze presenti nel libro, rievocarlo significa ripercorrerne l’esperienza vissuta con dovizia di dettagli. Mentre per un quarantenne o ancor meno per un ventenne, potrebbe anche importare poco o nulla di quanto avvenuto nel ’78, ma in realtà perderebbe l’occasione di cogliere quel racconto come un’esperienza da tramandare tra le generazioni nel caso in cui situazioni di quel tipo dovessero ripresentarsi. Ed è proprio questo il senso che abbiamo voluto dare al libro, ossia quello di tramandare alle future generazioni i fatti e le circostanze dell’evento per non dimenticare l’estrema vulnerabilità dell’uomo nei confronti della natura. In determinate situazioni un ambiente mite e tranquillo, apparentemente idilliaco, può improvvisamente trasformarsi in una tragedia. Malgrado siano trascorsi oltre quarant’anni di relativa calma, gli esperti sono assolutamente concordi nel ritenere che eventi di quella portata, presto o tardi, si ripresenteranno e, a causa dei cambiamenti climatici in atto, potrebbero rivelarsi ancor più violenti che non in passato. Quel che nessuno ci sa dire è se sarà per domani, dopodomani o fra cent’anni. Con la pubblicazione vogliamo offrire a tutti coloro che vorranno consultarlo la consapevolezza del problema e di come affrontarlo qualora dovesse ripresentarsi.
Non mancano i riferimenti all’attuale situazione pandemica. In che modo l’alluvione è un evento che può avvicinarsi all’evento che stiamo vivendo oggi?
Avendo presentato il libro in piena crisi pandemica ci è parso inevitabile accennare all’attuale situazione sanitaria. La gravità della pandemia è centinaia di volte maggiore rispetto a un evento naturale, che per quanto catastrofico e tragico possa essere, appare circoscritto ad un’area geografica assai ristretta. È perciò ben ovvio che la tragedia sanitaria che stiamo vivendo ridimensioni, per certi versi, la gravità di un evento alluvionale come quello del ’78. Non riuscirà tuttavia a cancellarlo dalla mente di chi lo ha vissuto in prima persona. D’altronde, non appena saremo stati in grado di debellare la crisi in atto, sperando di riuscirci quanto prima, sarà utile oltre che necessario tornare ad occuparci e preoccuparci anche dei pericoli che incombono sulle nostre teste e che si fondano sul delicato equilibrio esistente fra uomo e natura.
Informazioni
Il libro è ottenibile presso il Museo di Valmaggia, info(at)museovalmaggia.ch; tel.: 079 6049718, oppure presso l’editore: www.editore.ch, shop@editore.ch; tel. 091 7560120.