Vincere con l’#iniziativadivicinato

L’#iniziativadivicinato comprende diversi sottoprogetti che promuovono il buon vicinato. Si parte dall’estrazione a sorte di 500 carte regalo Migros da 500 franchi per piccoli progetti di vicinato. Nell’autunno 2022 seguirà un concorso di idee per sostenere progetti di vicinato di maggiore portata. L’iniziativa terminerà a maggio 2023 con la Giornata del vicinato. Svolgendo un ruolo di commerciante al dettaglio, Migros rappresenta per molte persone un luogo importante del vicinato. Per questo il Percento culturale Migros ha commissionato lo studio i cui risultati hanno motivato Impegno Migros a lanciare l’#iniziativadivicinato, con l’obiettivo di promuovere i rapporti di buon vicinato.

Per maggiori informazioni e per partecipare: migros-engagement.ch/vicinato


Quelli della porta accanto

Il Percento culturale Migros ha commissionato al GDI il primo studio sul vicinato svizzero: stare bene con i vicini non può fare che bene, come spiega Jakub Samochowiec
/ 01.08.2022
di Simona Sala

Chi più chi meno, ne abbiamo tutti.

Stiamo parlando dei nostri vicini di casa, ma anche del nostro rapporto con il vicinato in senso più ampio; il vicinato è infatti un sistema relazionale la cui importanza è stata resa evidente nel periodo pandemico, e cui il Percento culturale Migros ha deciso di dedicare il primo studio empirico nazionale (completandolo con iniziative parallele, v. box), affidato a Karin Frick, Marta Kwiatkowski e Jakub Samochowiec, ricercatori del GDI, Gottlieb Duttweiler Institut, di Rüschlikon. I risultati offrono uno spaccato del funzionamento dei rapporti tra vicini di casa, mettendo in evidenza aspettative e desideri, e fornendo un identikit della donna o dell’uomo della porta accanto.

Quattro sono, per cominciare i tipi di vicini di casa, e questa tipologizzazione del vicinato è stata resa possibile proprio dalla ricerca. Il gruppo più importante (raggiunge quasi la metà degli intervistati) è rappresentato dai «riservati», ossia vicini di casa che investono molto nella distanza, nella discrezione e nell’indipendenza. A questi si contrappongono (e raggiungono circa il 30%) coloro che nel vicinato cercano ispirazione organizzando ad esempio progetti comuni. Il 14% degli interpellati invece desidererebbe rapporti più stretti e familiari con i vicini di casa, pur senza slanci organizzativi, mentre l’«ultima» categoria (ammontante al 10%) è quella dei vicini «orientati ai valori condivisi». Ma attenzione, in gioco non ci sono solidarietà e sostegno reciproco, quanto più il rispetto del prossimo riguardo ad esempio al regolamento della casa.

Jakub Samochowiec, psicologo sociale e ricercatore del GDI, ha voluto illustrarci alcuni degli aspetti più interessanti della ricerca.

Quali risultati l’hanno colpita?
Forse il fatto che una buona parte della Svizzera ha un rapporto piuttosto distanziato con i vicini di casa. La gente si conosce, ma non sembra sentire la necessità di contatti più stretti. Allo stesso tempo però abbiamo rilevato fiducia e una certa soddisfazione nei confronti dei vicini. Trovo interessante la combinazione tra distanza e fiducia, poiché ci lascia dedurre come la latenza di rapporti, che tocca quasi metà della popolazione, contenga un importante margine di manovra. Mi spiego, grazie alla fiducia e nonostante un certo distacco, i rapporti con i vicini sono potenzialmente implementabili in qualsiasi momento.

Avete osservato grandi differenze culturali tra le regioni linguistiche?
No. La differenza più grande osservata è che i cantoni latini hanno un concetto più ampio di vicinato, che non si limita ai dirimpettai, ma può estendersi per un intero quartiere. Sempre nella Svizzera romanda abbiamo trovato la percentuale più alta di persone desiderose di intensificare i propri rapporti con i vicini (25%). Nella Svizzera tedesca e in Ticino solo il 15% ha espresso questo desiderio. Ma il vero discrimine è da ricercarsi nell’età degli intervistati: le persone anziane curano di più i contatti con i propri vicini di casa, auspicandone un incremento.

Dipende dal fatto che i giovani oggi siano meno stanziali?
Sì, inoltre le persone tra i 25 e i 40 anni sono più mobili, di sera escono più spesso e in generale trascorrono meno tempo a casa.

Durante il lockdown i vicini sono diventati importanti, poiché erano le uniche persone che era permesso vedere. Cosa è rimasto di tutto ciò?
Non molto, tant’è vero che il 75% degli interpellati sostiene di incontrare i propri vicini con la stessa frequenza di prima della pandemia. E anche se un 10% dice di incontrarli più spesso, un altro 10% invece li vede ancora meno. A lungo termine non è cambiato nulla, ma abbiamo capito che c’è la consapevolezza del fatto che l’amicizia, anche se latente, può venire riattivata in qualsiasi momento. Come detto si tratta di relazioni umane ad alto potenziale di sviluppo.

In ogni caso, nonostante durante il lockdown i rapporti con il vicinato siano diventati importanti, questi non sono stati facili, proprio per la natura della stessa della pandemia, che richiedeva il distanziamento sociale.

Avete trovato delle differenze tra chi abita in affitto e chi vive in una casa propria? E tra classi sociali?
La differenza è relativamente piccola, ma abbiamo notato come le persone che vivono in un palazzo (è considerato tale se ha più di tre appartamenti) hanno espresso un maggiore desiderio di contatti con i propri vicini rispetto agli altri, e questo confuterebbe l’idea secondo cui molti vogliono vivere in modo il più possibile anonimo. Dalla ricerca risulta anche che chi vive in un quartiere di case a schiera o costruito e pensato in modo organico, è più facilitato ad avere contatti con i vicini e sembra anche più soddisfatto.

Non abbiamo rilevato differenze tra classi sociali diverse, ma le persone benestanti non sono più felici delle altre dei propri rapporti con i vicini.

Siete riusciti a differenziare dei risultati per appartenenza etnica? I rapporti tra chi ha un background migratorio sono più stretti?
Il materiale a nostra disposizione è insufficiente per potere evidenziare delle differenze. Credo però che chi ancora non conosce a sufficienza la lingua (il questionario è stato distribuito in italiano, tedesco e francese) difficilmente partecipi a un sondaggio di questo tipo, per cui il dato al momento ci sfugge.

Qual è il leitmotiv, se ve n’è uno, tra gli intervistati?
Una risposta ricorrente è stata: «le cose vanno bene così come sono». Ma credo che questa affermazione sia riconducibile al fatto che molti non sanno cosa si perdono. Se nel 2007 avessimo chiesto alla popolazione se desiderava uno smartphone, probabilmente la maggior avrebbe risposto in modo negativo, sostenendo che le cose andavano bene così come erano… perché non sapeva cosa si perdeva. Anche se non è un leitmotiv, credo che dobbiamo soffermarci sul fatto che il 30% degli intervistati vorrebbe più occasioni e luoghi di incontro. È emerso che sono necessari dei luoghi in cui i vicini di casa possano incontrarsi in modo spontaneo. Basterebbero degli accorgimenti architettonici come uno spazio esterno comune curato. Chi vive di più il proprio vicinato si è mostrato più soddisfatto dello stesso.

Il vicinato dunque come concetto positivo e dal grande potenziale di sviluppo…
Sì, e lo dimostrano diversi studi realizzati anche intorno ad altre crisi sociali. Ho letto recentemente di uno studio realizzato a Chicago sugli effetti della canicola: nei quartieri in cui i vicini di casa si conoscevano, vi sono state meno morti legate al caldo. I buoni rapporti di vicinato permettono infatti una maggiore attenzione reciproca. A Chicago inoltre, a causa del caldo, molti hanno deciso di dormire all’aperto, ma ciò è possibile solamente se si conoscono i propri vicini e ci si può fidare. Se implementati, questi valori hanno il potenziale di rendere la società più resiliente di fronte alle crisi che la investono e la investiranno.