L'architetto paesaggista Andreas Kipar da trent’anni dirige lo studio di architettura del paesaggio e progettazione LAND (Keystone)


Quel desiderio di spazio e natura

Spiaggia a Lugano – L’idea lanciata dal linguista Alessio Petralli a Capodanno torna ad essere dibattuta e potrebbe realmente prendere forma, anche se non come proposta inizialmente
/ 19.08.2019
di Guido Grilli

Chi dice spiaggia oggi dice implicitamente natura, libertà. Andreas Kipar, 59 anni, architetto paesaggista di respiro internazionale – da trent’anni dirige lo studio di architettura del paesaggio e progettazione LAND, acronimo di «Landscape Architecture Nature Development» con diverse filiali in Europa, incluso Lugano che conosce bene – offre una singolare lettura al dibattito sull’opportunità di realizzare una spiaggia di sabbia dalla Foce al LAC. Il tema ha riconquistato le prime pagine dei giornali alla luce della discussione che lo scorso 6 agosto, in una gremita biblioteca cantonale, è stata lungamente dibattuta da esperti e dal sindaco, Marco Borradori, a otto mesi dalla cerimonia cittadina di capodanno, quando il suo promotore – il linguista Alessio Petralli – ne aveva parlato per la prima volta come di un sogno da esaudire.

Il «designer del paesaggio» Kipar è stato fra i relatori dell’importante dibattito svoltosi alla sala Tami, le cui vetrate si aprono direttamente sull’oggetto dei desideri: il lago, per cui si auspicano finalmente una migliore accessibilità e fruibilità. È davanti a questo orizzonte che il celebre architetto ci illustra la sua filosofia di progettatore di spazi e luoghi, forte di esperienze portate a compimento in numerose realtà del pianeta. «Quando Alessio Petralli mi ha interpellato su questo tema ho pensato: ecco un altro Comune – Lugano – che si sta interrogando sul proprio futuro attraverso un desiderio primordiale, che si chiama: spazio e rapporto con la natura. Per me la spiaggia è un sinonimo per un desiderio di libertà. Per un desiderio di rapporto con la natura, in questo caso con l’acqua. Per un desiderio di nuova socialità. Non è tanto la spiaggia intesa come luogo fisico, «adriatico», quanto piuttosto si tratta di un luogo quasi metafisico d’incontro, fuori dagli schemi consolidati della città di Lugano, che sono altrimenti codificati».

Dichiara il fondatore di LAND: «Noi stiamo attraversando un periodo in tutta l’Europa, l’antico mondo, di liberazione dagli schemi codificati. Le persone, i cittadini desiderano spazi indefiniti, spazi appunto liberi. E nel caso della proposta di spiaggia a Lugano la reputo un inizio di un movimento che vuole sostanzialmente ridiscutere il proprio rapporto con la natura. La polarizzazione – dire sì o no, in questo caso alla spiaggia – è figlia dei nostri tempi. I dibattiti non sono ormai più lineari. Spiaggia sì, spiaggia no. Invece noi architetti del paesaggio – che sappiamo che la vita va al di là delle polarizzazioni – abbiamo un po’ il compito di chiederci, «ma dietro a questa domanda, quale desiderio si cela?». La risposta è: la natura, il paesaggio. La ridefinizione di un nuovo paesaggio urbano, che magari parte dall’immagine-cartolina di Lugano che a noi tutti suscita ancora emozione».

Ma secondo la sua visione, concretamente, il progetto di una spiaggia a Lugano è fattibile? «Concretamente tutto è fattibile. Una spiaggia ce la vedo, ma una «spiaggia luganese», non una spiaggia «copiata», bensì individuata secondo una sua localizzazione. Prima o poi – vedasi l’esempio del nostro progetto in corso di risanamento del fondovalle ad Airolo – la strada dovrà porsi sotto. Sopra invece dovranno trovarsi gli spazi. E questo credo sia anche il ragionamento alla base di questo dibattito sulla spiaggia».

«Riconnettere la popolazione alla natura» rappresenta uno dei motti di LAND. Ma come si può realizzare concretamente questo proposito? «Le faccio un esempio: laddove noi con i nostri progetti tiriamo via le fortificazioni, i muri di sostegno, la natura comincia a riadattarsi. È quanto è avvenuto con il progetto della città di Lugano di rinaturazione del fiume Cassarate. Lo stesso si può dire con il «Raggio verde» del Cassarate, dove da cinque anni stiamo lavorando: si sono tolti i muri di sostegno. Togliere, togliere. Siamo in un’epoca che va verso la riduzione. E la libertà della natura stessa crea una nuova estetica. Non più un’estetica tutta ordinata e lineare, ma un’estetica dinamica, movimentata. E questo, lo vediamo, è un po’ l’esito di quanto è accaduto alla Foce. La gente avverte il bisogno di spazi così, non cementificati, bensì liberati. «Reconnecting people with nature» vuol dire anche liberarsi da eccessivi schemi di design e lasciare spazio a una processualità. Le città che guardano avanti – vedasi New York, Londra, vedasi oggi Mosca, vedasi Riad – promuovono strategie libere, verso una nuova naturalità».

A suo avviso la politica recepisce questo bisogno primordiale di natura che lei evoca? «C’è bisogno di sostenibilità. La politica intercetta immediatamente. La gente vuole natura, la vuole in città, nello spazio urbano. E anche una natura umanizzata. A Milano abbiamo il bellissimo esempio del “bosco verticale”. Lecco ha lanciato un concorso internazionale attraverso il quale sta ragionando a una spiaggia di 10 chilometri. Como dal canto suo percepisce che a Lugano si sta muovendo qualcosa. Lugano a sua volta guarda all’esempio della spiaggia realizzata a Ginevra (alla Plage publique des Eaux-Vives, ndr.). Ci sarà presto in atto una competizione».Un altro aspetto non trascurabile: le finanze.

A suo avviso si stanno liberando le risorse finanziarie per questo tipo di progetti? «Noi siamo in un’economia circolare. Se io penso che per il progetto di Airolo il Gran Consiglio ticinese ha votato all’unanimità 50 milioni di franchi e altri 50 milioni sono stati recuperati all’interno del progetto, vuole che non si trovino 100 milioni per Lugano? Cosa vuole che siano oggi 100 milioni rispetto al futuro delle nostre città? Con questo progetto di spiaggia su cui si sta ragionando, Lugano si colloca di nuovo sulla mappa geografica dei luoghi interessanti. E questo credo valga più di 100 milioni».

E ora il ragionamento – come lo chiama Andreas Kipar – come proseguirà? Nel corso del dibattito svoltosi a inizio agosto alla biblioteca cantonale il tema di una spiaggia a Lugano è stato scandagliato da più esperti. Il geologo, Urs Lüchinger, ha escluso che sull’intero lungolago, dalla Foce al LAC, si possano posare depositi di sabbia per edificarvi l’agognata spiaggia. Ha tuttavia indicato due precise zone nelle quali è senz’altro possibile realizzare la «croisette»: nella lunghezza di circa 180 metri tra piazza Rezzonico e la fine di via Nassa (escluso il LAC) e nel tratto lungo circa 250 metri tra la fine dei pontili del Belvedere al Lido Riva Caccia. Dal canto suo, il sindaco, Marco Borradori, ha dichiarato di condividere il progetto solo al 30% – «una lunga spiaggia sul golfo banalizzerebbe il lungolago» – informando che il Municipio sta lavorando a uno studio per sfoltire il traffico delle auto nel centro cittadino e sul lungolago. L’ideatore Alessio Petralli, linguista e direttore della Fondazione Möbius: «Alla luce di quanto emerso durante il dibattito ho in parte emendato quello che è il mio sogno, sostenendo che allora si potrebbe pensare a una spiaggia dal LAC a Paradiso. Con una battuta, a “una spiaggia che porta… in paradiso”. Seguendo le indicazioni di Lüchinger è concepibile realizzare due “tratti di croisette” distinti; e sul tratto di Riva Caccia si è detto d’accordo anche il sindaco».Dalle parole, lei ha chiesto che si passi ai fatti. «Sì, ora mi aspetto che si concretizzi uno studio di fattibilità, che si concluda in pochi mesi. Si comincino a realizzare queste due spiagge che daranno nuova vita alla città. Facendo tesoro dell’esempio ginevrino, in quattro o cinque anni al massimo il progetto si potrebbe portare a termine: entro il 2024. Un altro punto importante sarà promuovere la discussione con tutte le associazioni toccate dal progetto, penso in particolare alle varie istanze ambientaliste, quali la Società ticinese per l’arte e la natura (Stan), il WWF, l’Associazione traffico e ambiente (Ata), i Verdi, i Verdi liberali, ecc. Questo anche per evitare quanto accaduto all’inizio a Ginevra, dove un ricorso del WWF ha provocato un ritardo di parecchi anni sui lavori per l’edificazione della spiaggia, mentre i pur impegnativi lavori veri e propri sono invece stati conclusi in soli due anni».

Insomma, spiaggia, riva lacustre naturale ricostruita – come l’ha definita il geologo Lüchinger – poco importa il nome. Sì, perché tutti sembrano almeno d’accordo su un punto: occorrono nuove vie al lago per renderlo finalmente accessibile.