La modella italiana trentottenne Bianca Balti, di recente, si è sottoposta a una mastectomia preventiva. Lo ha annunciato lei stessa: quando ha scoperto di essere portatrice della mutazione genetica BRCA1 (dall’inglese Breast Cancer gene 1), ha scelto di sottoporsi all’intervento per ridurre il rischio di contrarre un tumore al seno. Nel 2013 la stessa diagnosi era toccata ad Angelina Jolie che raccontò di aver ereditato la mutazione genetica dalla madre, morta di cancro alle ovaie a 56 anni. Aveva fatto scalpore la decisione della nota attrice quando optò per una scelta preventiva radicale, sottoponendosi alla mastectomia bilaterale e all’asportazione di tube e ovaie. Entrambe hanno preso questa decisione in seguito al test genetico BRCA raccomandato nei pazienti con un rischio famigliare elevato e documentato da un’accurata consulenza genetica.
«La doppia mastectomia preventiva non è raccomandata per tutte: in ogni caso deve trattarsi di una decisione informata e consapevole». Così la dottoressa Francesca Borzani, specialista in oncologia alla Clinica Sant’Anna di Sorengo, introduce il tema dell’oncologia genetica e della consulenza oncogenetica che oggi permette di individuare nel DNA le mutazioni dei geni in presenza di diverse tipologie di tumori.
Dal canto suo, la specialista FMH in genetica medica Giuditta Filippini chiarisce che «tra quelli ereditari più frequenti ci sono il tumore al seno, il tumore all’ovaio, il tumore del colon , il melanoma, il tumore al pancreas e quello alla prostata; mentre ve ne sono altri più raramente ereditari come, ad esempio, i tumori onco-ematologici».
La pertinenza della genetica oncologica è supportata da chiari dati statistici: «Per il tumore al seno e all’ovaio, per esempio, una quota tra il 5 e il 10% dei casi è attribuibile alla forma ereditaria (ndr: quando la sua insorgenza è dovuta a una mutazione genetica trasmessa dai genitori)», prosegue la genetista che puntualizza: «Le mutazioni presenti nei genitori hanno il 50% di probabilità di essere trasmesse ai figli che, sia chiaro, non ereditano la neoplasia dovuta a quell’alterazione ma, eventualmente, la predisposizione a sviluppare più frequentemente quel tumore rispetto alla popolazione generale».
Ciò spiega come la consulenza oncogenetica è parte integrante di un processo il cui obiettivo guarda alla gestione globale di tutte le persone a rischio o affette, provenienti da famiglie predisposte a forme ereditarie o famigliari di cancro. «I criteri d’accesso ai test oncogenetici e al relativo diritto alla richiesta di rimborso da parte delle casse malati si possono consultare sul sito della Società svizzera di oncologia», spiega la dottoressa Borzani, invitando poi ad approfondire: «In caso di famigliarità, o di forte sospetto di tumore ereditario, è importante affidarsi allo specialista che sarà in grado di valutare la necessità di eseguire o no i relativi test genetici».
L’oncologa ricorda che la consulenza genetica oncologica è rivolta a persone con sospetta predisposizione ereditaria allo sviluppo di tumori e soprattutto deve essere effettuata da un gruppo multidisciplinare che comprende un genetista, un oncologo (eventualmente un esperto specialista della patologia in esame) e uno psicologo. Quest’ultimo mira a garantire un adeguato supporto e a favorire un’autonomia decisionale, considerata la complessità degli argomenti trattati, della scelta di sottoporsi al test e/o di intraprendere in seguito specifici percorsi di sorveglianza o riduzione del rischio: «Il paziente che vi si sottopone è invitato a fornire dati sulla sua famiglia di appartenenza, sulla sua malattia e quella dei suoi famigliari; dopo la stesura dell’albero genealogico e un’esaustiva analisi dei dati anamnestici, il genetista verifica la presenza o meno dei criteri di accesso al test genetico».
Esame che si effettua tramite un campione di sangue da cui si estrae il DNA per leggerne le sequenze dei geni interessati dal tumore in questione, chiarisce Filippini: «In sede di consulenza vengono date tutte le informazioni disponibili sulla malattia e sul rischio di svilupparla, sull’indagine genetica e i suoi limiti, sul rischio di malattia associato al risultato del test e sulle possibilità preventive e/o terapeutiche disponibili».
Dal test genetico è quindi possibile ottenere «un risultato chiaramente informativo – spiega Filippini – in quanto viene individuata la mutazione famigliare predisponente, oppure un risultato in cui questa non viene identificata perché non è presente nella persona testata, o perché si trova su altri geni non noti o non identificabili dall’analisi attualmente disponibile».
Scoprire il reale rischio di sviluppare un tumore, ad esempio del seno o dell’ovaio, permette di attuare un’adeguata strategia difensiva adatta alla situazione specifica personale, afferma Barzani: «La persona può decidere di partecipare a programmi di sorveglianza ad alto rischio, godendo di una possibilità di controllo maggiore rispetto agli screening esistenti per la popolazione in generale; può inoltre fornire ai propri famigliari informazioni importanti; infine può decidere in tutta autonomia e coscienza per una scelta più radicale come ad esempio hanno fatto la Jolie e la Balti per le quali il test genetico BRCA è risultato positivo, con le relative scelte che ne sono conseguite».
La genetista illustra l’esempio riportato: «I geni BRCA1 e BRCA2 producono proteine in grado di correggere eventuali errori a livello del DNA, prima della replicazione cellulare. Quando queste sono mutate, cioè difettose, il DNA non viene riparato correttamente e le mutazioni aumentano fino a indurre le cellule a dividersi in modo incontrollato, dando così vita a una massa tumorale. Una mutazione di questo tipo, ereditata da un genitore, determina quindi la predisposizione a sviluppare il tumore più frequentemente rispetto alla popolazione in generale: queste mutazioni aumentano l’insorgenza di tumori, con un rischio di cancro al seno che varia dal 60 all’80%, e un rischio tra il 15 e il 60% di contrarre un tumore all’ovaio, secondo il tipo di mutazione e la storia famigliare».
La popolarità delle due persone che hanno divulgato la propria scelta permette di sensibilizzare i lettori sull’importanza dei test oncogenetici laddove la storia famigliare è predisponente per lo sviluppo di un tumore, e apre la strada a un’eventuale monitoraggio di prevenzione del tutto individuale.