Quando il Ticino si muoveva su rotaia

Storia – A pochi giorni dell’entrata in servizio della galleria di base del Ceneri lanciamo uno sguardo al passato quando nel nostro cantone si contavano diverse linee ferroviarie e tramviarie
/ 07.12.2020
di Rocco Bianchi

In Ticino il prossimo treno dei desideri passerà verso metà dicembre quando, con l’entrata in servizio della galleria di base del Monte Ceneri, diverrà operativa la prima tappa di AlpTransit. Mentre i più ottimisti prevedono una rivoluzione per il trasporto pubblico pari a quella che avvenne nel 1882 dopo l’apertura della linea del San Gottardo e parlano già di «metro-Ticino», i realisti frenano, poiché diverse delle tessere che dovrebbero comporre questa futura rete, tra cui il tracciato a sud di Lugano, ancora mancano. In sovrappiù gli immancabili scettici ricordano non solo questo, ma anche la fine ingloriosa che fecero la maggior parte delle linee ferroviarie e tramviarie del bel tempo che fu.

In effetti l’amore dei ticinesi per le rotaie, Gottardo a parte, non è mai sbocciato. Non sorprende quindi che negli anni 60, mentre nel resto della Svizzera la maggior parte degli amministratori in vista del pronosticato e poi avvenuto esponenziale aumento del traffico privato decise di rammodernare e potenziare i trasporti pubblici, il Ticino virò in direzione contraria. Cosicché solo due linee superarono gli anni del boom economico: la Centovallina e la Lugano-Ponte Tresa (FLPT). Tutte le altre scomparvero.

E non furon poche. Arrivando da nord ad esempio già a Biasca si poteva cambiare e risalire la Valle di Blenio fino ad Acquarossa. La concessione, rilasciata nel 1899, a dir la verità prevedeva che la linea arrivasse fino ad Olivone. La seconda tratta non fu però mai realizzata; in compenso nel 1911 vide la luce la prima, che appunto collegava Biasca ad Acquarossa. Sopravvisse fino al 1973, quando fu sostituita da un servizio di autopostali. Autorità e popolazione tra il vecchio treno e le promesse, poi mantenute, di migliorie stradali ebbero pochi dubbi su cosa scegliere (sarebbe interessante sapere cosa ne pensano oggi).

A Bellinzona i viaggiatori potevano inoltre risalire la Mesolcina fino a Mesocco. Anche in questo caso si trattò del primo tratto di una linea mai completata: il progetto prevedeva infatti di raggiungere Coira attraverso il San Bernardino, ma non se ne fece mai nulla. La prima e poi unica tratta venne comunque inaugurata nel 1907, e pure lei, seguendo un percorso simile a quello della sua «sorella» bleniese, sopravvisse fino al 1972 (la linea turistica tra Castione e Cama attiva dal 1995 al 2013 è pura aneddotica). Pure a lei fatale fu la strada (la cantonale del S. Bernardino prima, la N13 e il tunnel sotto il passo poi), nonché l’orientamento del Consiglio federale, contrario fin dai primi del ’900 alla realizzazione di una linea alternativa a quella del Gottardo. Aggiungeteci che il capolinea di Bellinzona non coincideva con la stazione FFS (malgrado i progetti non venne mai spostata), e capirete perché il destino di questa linea era segnato fin dall’inizio.

Pure al sud del cantone i progetti non mancarono. Ad esempio dal 1910 si poteva viaggiare in tram da Chiasso fino a Riva San Vitale passando per i principali centri del Mendrisiotto. Malgrado la concorrenza del treno, la linea conobbe un buon successo iniziale, anche grazie ai collegamenti con la rete di Como e la ferrovia del Monte Generoso. Fu tuttavia un fuoco di paglia: già nel 1948 fu soppressa la tratta tra Mendrisio e Riva; il resto seguì nel 1951. L’idea di sostituirla con un servizio di filobus non attecchì.

Da Mendrisio si poteva inoltre raggiungere Stabio e da lì recarsi in Italia fino a Castellanza tramite la ferrovia della Valmorea, una linea in parte resuscitata con l’attuale Mendrisio-Malpensa. Inaugurata nel 1904, fu completata oltre vent’anni dopo, nel 1926. Per di più fu internazionale solo per altri due anni, ché nel 1928 Roma posò sui binari un cancello al confine e interruppe il collegamento. Da allora, anche se in Italia il servizio passeggeri chiuse nel 1952, tra Mendrisio e Stabio circolarono solo merci. Nel 1990 è iniziato un progetto di recupero a fini turistici ad opera del Club del San Gottardo e dell’associazione Amici della ferrovia Valmorea, progetto che continua tuttora.

Il centro delle reti ferroviarie e tramviarie ticinesi furono comunque i due poli turisti per eccellenza, Locarno e Lugano. 

Sembra incredibile a chi oggi si ritrova giornalmente intasato nel traffico del Luganese, ma una volta la regione era solcata dai binari: oltre alla già citata Lugano-Ponte Tresa vi erano infatti la Lugano-Tesserete, la Lugano-Cadro-Dino/Sonvico e un’estesa rete cittadina di tram (8 km). Quest’ultima vide la luce nel 1896: tre linee collegavano il centro con Cassarate, Molino Nuovo e Paradiso. Visti i buoni risultati, fu ampliata fino a Castagnola a est e al cimitero a nord. Nel 1910 venne poi inaugurata una quarta linea, che andava dal centro a Besso passando per la stazione FFS. Nel 1959 però arrivarono i filobus, e tutto finì.

All’epoca insomma c’era già quello che oggi si vorrebbe ricostruire a suon di milioni. Il men che si può dire è che gli amministratori di allora non brillarono in lungimiranza…

Ai tram cittadini sopravvissero per un decennio le due ferrovie. La Lugano-Cadro-Dino/Sonvico fu in attività dal 1911 al 1970. Fatale le fu in particolare la soppressione della tratta urbana nel 1965: chiamate a scegliere tra il potenziamento del trasporto privato e quello pubblico, le autorità cittadine ebbero pochi dubbi. Decorso simile ebbe la Lugano-Tesserete, attiva dal 1909 al 1967 (anche se fu ufficialmente soppressa nel 1970, le corse cessarono tre anni prima a causa del cedimento di un ponte). Come la sua sorella, sostituita da autobus. Oggi parte del suo percorso è diventato una ciclopista.

A Locarno, prevedendo l’importanza che la ferrovia avrebbe assunto per lo sviluppo della regione, a fine ’800 l’allora sindaco Francesco Balli progettò addirittura tre ferrovie regionali, che sarebbero state collegate con le linee internazionali. Di queste una sopravvive ancora (la Locarno-Domodossola), una è scomparsa e l’ultima mai vide la luce. Quest’ultima doveva passare sulla sponda destra del lago e raggiungere Gravellona attraverso la Valmara, in modo da creare un ulteriore collegamento tra le linee del Gottardo e del Sempione. Si fosse completata la Coira-Bellinzona, oggi si potrebbe viaggiare da est a ovest della Svizzera, non solo da nord a sud. Non un solo binario però venne posato. In compenso si realizzò una linea da Locarno fino a Bignasco, in Valle Maggia, per il turismo e per collegare le cave di granito ai trasporti internazionali. Fu detta appunto la Valmaggina, e operò dal 1907 al 1965. Fu la prima ferrovia a scartamento ridotto del Ticino e la prima elettrificata. Malgrado ciò, e malgrado l’opposizione della popolazione, anch’essa soccombette alla concorrenza della strada.

A Locarno c’erano pure i tram, che invero non riscossero mai un grande successo. Fu in effetti costruita una sola linea, attiva dal 1908 al 1960. Al momento della sua massima espansione collegava la città con Muralto e Minusio a est e Solduno a ovest. Stranamente non raggiunse mai il centro turistico per eccellenza della regione, Ascona, che dunque ha avuto sul suo territorio un aeroporto ma mai una stazione. Insondabili misteri cantonticinesi.