Quando i figli partono da soli

Il caffè delle mamme – Qual è l’età giusta per la prima vacanza con gli amici? Come devono comportarsi i genitori?
/ 23.07.2018
di Simona Ravizza

In viaggio per crescere. Al Caffè delle mamme è impossibile non essere tutte d’accordo: la partenza per un’esperienza lontana da casa senza mamma né papà, ma solo con coetanei è fondamentale per crescere adolescenti – e poi futuri uomini e donne – consapevoli e liberi. Oltre che per farli divertire. Tenere i figli sotto una campana di vetro è l’errore più grosso che possiamo fare. Ma la domanda è: qual è l’età giusta per la prima vacanza da soli con gli amici?

Lo psicoterapeuta Mario Beggiu – che con la collega Anna Rita Colasanti, anche lei docente all’Università Pontificia di Roma, è autore proprio del saggio In viaggio per crescere (ed. Franco Angeli) – mette sull’avviso: «Non esiste l’adolescenza, ci sono gli adolescenti – ricorda ad «Azione» –. Motivo per cui è difficile indicare un’età che valga per tutti. Ciascuno ha la propria storia». La sfida è capire quando il proprio figlio è pronto. Con una consapevolezza: la vacanza da soli fa parte – sia in modo pratico sia in modo simbolico – del rito del distacco che dev’essere preparato fin dalla prima infanzia. I figli devono vivere il rischio, ma noi dobbiamo renderli capaci di non farsi schiacciare dai pericoli; i figli devono diventare indipendenti, ma noi li dobbiamo aiutare a vivere gradualmente la separazione; i figli devono godere della nostra fiducia, ma noi dobbiamo conoscere a fondo i loro valori. Così la vacanza da soli è una cartina di tornasole anche – e soprattutto – di come gli adolescenti si stanno preparando alla vita da adulti.

Becciu fa riflettere: «Più i genitori controllano i bambini, meno loro sviluppano l’autocontrollo. Nello stesso tempo l’autonomia per crescere ha bisogno di essere guidata». Qual è, allora, il giusto equilibrio? Tra i 16 e i 18 anni, l’età in cui i giovanissimi manifestano di solito per la prima volta il desiderio di partire da soli, mamme e papà possono adottare una serie di accorgimenti per accontentarli, ma allo stesso tempo contenere i pericoli. «È importante – spiega Becciu – farli andare in vacanza con amici che si conoscono e di cui si frequentano le famiglie: è la regola fondamentale per evitare cattive compagnie. Bisogna poi avere testato – e non certo un mese prima della partenza, ma durante tutta la fase di crescita – la loro capacità di dire no (per sottrarsi ad alcol, droghe, incidenti stradali e rapporti sessuali a rischio). È evidente: un figlio che fa la “pecora” si sottopone a più rischi. Bisogna, inoltre, averli abituati a non demoralizzarsi davanti ai problemi». Insomma: insegnare ai figli a viaggiare in sicurezza è insegnare loro a vivere.

Per Daniele Novara, pedagogista e fondatore della Scuola Genitori a Piacenza, l’ideale è che la prima vacanza da soli avvenga sotto un minimo di controllo da parte di un adulto: «L’adolescenza è l’età in cui il senso del pericolo è il più basso in assoluto – rimarca ad «Azione» –. L’attrazione per la trasgressione è spesso inevitabile. Di qui, magari, l’adozione di qualche precauzione. L’ideale sarebbe mandarli in un posto dove nei paraggi c’è un familiare o un conoscente che può buttare un occhio su come sta procedendo la vacanza. È preferibile, poi, che ci siano già state esperienze lontano da casa in contesti protetti come campus estivi. Viaggi educativi di questo tipo possono essere fatti già dai 7-8 anni, iniziando da una settimana».

Il timore maggiore è che il gruppo possa fare da amplificatore alla voglia di «fare cretinate» come fumare e bere. C’è, poi, la questione dell’altro sesso: come comportarsi se il pargolo con gli ormoni impazziti vuole prendere le valigie con l’amore del momento? Novara sorride: «E che differenza fa? Comunque sia in vacanza si può conoscere qualcuno».

I protagonisti del manuale In viaggio per crescere sono Angela, Greg, Gessica, Jonny, Singh, Tanino, Mario, Maria Pia e Ugo, tutti in piena adolescenza. Il loro viaggio in treno da Roma a Milano è l’occasione per riflettere su quanto avviene nella vita: «L’ipotesi di fondo è che, a parità di condizioni sfavorevoli della vita (come malattie, difficoltà familiari, difficoltà economiche, storie affettive, amare, tradimenti da parte di amici) coloro che riescono a far maggiormente leva sulle proprie risorse personali e sociali subiscono meno gli effetti dannosi delle avversità – sottolinea Becciu –. Di fronte ai problemi, alcuni ragazzi subiscono, si lasciano andare e peggiorano la loro situazione; altri, al contrario, sanno reagire trovando soluzioni intelligenti ed efficaci, ponendosi obiettivi realistici e raggiungibili, traendo forza e sicurezza dai valori che orientano la propria vita». Così il viaggio è un banco di prova.

Carolina Facchi, 23 anni di Arcisate, è una leader del Cisv (che sta per Children’s International Summer Villages), una delle più importanti associazioni internazionali senza scopo di lucro, specializzate in campi estivi e scambi in famiglia in oltre 70 Paesi per fare incontrare ragazzi di tutto il mondo (a partire dagli 11 anni). L’obiettivo è favorire l’amicizia tra culture diverse. Carolina è appena partita con quattro giovanissimi per Michigan City (a due ore da Chicago), dove per un mese vivranno in un campus insieme con compagni provenienti da ogni parte del mondo. Su un tabellone, prima di salire in aereo, ognuno scrive le proprie speranze e le proprie paure legate alla vacanza senza mamma e papà (anche se in un ambiente protetto). Un inizio per imparare a credere nelle prime e combattere le seconde. Del resto, come scrive il poeta statunitense Edgar Lee Masters ne l’Antologia di Spoon River, la vita non può essere affrontata come una barca con vele ammainate in un porto.