Quali scelte per un futuro sostenibile

Saggi - Sette nazioni in crisi studiate come fossero individui: quando la terapia individuale diventa terapia di una società intera, secondo lo statunitense Jared Diamond
/ 17.08.2020
di Lorenzo De Carli

«Ma non c’è dubbio che in futuro Los Angeles e le altre grandi città americane saranno teatro di nuove sommosse, scaturite dalla sperequazione economica e dal senso di impotenza frutto della discriminazione razziale». È Jared Diamond, che scrive. Geografo, antropologo, ornitologo ma anche storico, autore del famoso Armi, acciaio e malattie, con cui voleva rispondere alla «domanda di Yali», un nativo della Nuova Guinea: «perché la ricchezza è fiorita in Occidente e non lì da loro?», Diamond, ottantaduenne, è in giro per il mondo per parlare del suo ultimo studio: Crisi. Come rinascono le nazioni, dove un lungo capitolo dedicato al suo paese, gli Stati Uniti, anticipava ciò che le cronache di questi giorni hanno messo sotto gli occhi di tutti: le disuguaglianze sociali e il razzismo: «gli Stati Uniti cominceranno a prendere sul serio i loro problemi quando gli americani ricchi e potenti si renderanno conto di non poter fare nulla per proteggere la propria incolumità finché la maggioranza dei loro connazionali sarà incollerita, delusa e disperata».

Per certi versi, il recente Crisi è la pars construens di Collasso del 2005, dove Jared Diamond descriveva la traiettoria di alcune civiltà del passato che, forzando fino ad un punto di non più ritorno gli equilibri ecologici e rifiutando di riconoscere l’inadeguatezza dei loro modelli di sviluppo, soccombettero sotto il peso di carestie, danni ambientali e depauperamento delle risorse. Tuttavia Crisi è caratterizzato da una peculiarità metodologica tanto coerentemente applicata, quanto suscettibile un po’ di perplessità. Un po’ come fece Gian Battista Vico, Jared Diamond sostiene che è possibile studiare le nazioni come si studiano gli individui, e – in questo caso specifico – trovare una soluzione alle crisi delle nazioni con le stesse strategie usate per venire a capo delle crisi personali.

Diamond applica il metodo dello psichiatra Eric Lindemann denominato «terapia della crisi» a sette casi di studio: la Finlandia in guerra con l’Unione sovietica, il Giappone ottocentesco dei Meiji costretto ad aprirsi dal commodoro Perry, il Cile e il regime liberticida di Pinochet, l’Indonesia degli anni Sessanta tra indipendenza e genocidio, la Germania che prende coscienza della sua storia, l’Australia razzista abbandonata dall’Inghilterra, e gli Stati Uniti di oggi, sordi alla necessità di svolte consensuali. Lindemann ha un posto di rilievo nella storia della psichiatria per l’attenzione prestata ad un caso molto specifico di crisi: il lutto, momento di dolore che il medico americano suggeriva di superare attraverso un esame della situazione presente e la ricerca di una svolta positiva mediante un «cambiamento selettivo». Secondo Diamond, «questo vale tanto per le nazioni quanto per gli individui».

In questa prospettiva, prima di cominciare l’esame comparato delle crisi nazionali oggetto del suo studio, Diamond elenca i fattori che gli individui tendono ad usare per la risoluzione delle crisi personali: 1. Riconoscere lo stato di crisi, 2. Accettare la responsabilità personale, 3. Circoscrivere il problema, 4. Chiedere aiuto agli altri, 5. Usare gli altri come modello, 6. Far leva sulla forza dell’Io, 7. Essere autocritici, 8. Valorizzare le esperienze pregresse, 9. Sviluppare la pazienza, 10. Essere flessibili, 11. Disporre di valori fondanti, 12. Essere liberi da costrizioni. Ognuno di noi, nei momenti di crisi, fa ricorso a uno o più di questi fattori, i quali – osserva Diamond – non sono privi di relazione con le culture e le consuetudini sociali nelle quali siamo cresciuti. Cosicché, se siamo immersi in una cultura che addita come debolezza la flessibilità o l’autocritica, siamo esposti al rischio di non affrontare adeguatamente la crisi; e ciò che accade agli individui, accade anche alle nazioni.

Forse proprio perché Diamond dedica agli Stati Uniti un capitolo ricco di dettagli sulla crisi in corso, l’esempio del suo paese è ricco di esemplificazioni in merito all’incapacità di affrontare una crisi nazionale. Negli Stati Uniti, la prima reazione ai segnali di crisi è la negazione: non è vero che c’è razzismo così come non è vero che urgono problemi ambientali. Sebbene il vicino Canada, per esempio, abbia affrontato la crisi del Coronavirus in maniera molto migliore degli Stati Uniti, questi ultimi né hanno chiesto aiuto ad altri, né hanno assunto l’esempio di altri: «ci rifiutiamo di imparare dagli altri perché crediamo nell’eccezionalismo americano: nel fatto cioè che il nostro paese sia unico al mondo, e di conseguenza non possa trarre alcun beneficio dalle ricette applicate in altri paesi».

Il progetto di ricerca di Diamond cominciato con Armi, acciaio e malattie, in cui l’autore aveva messo in luce le oggettive condizioni ecologiche facilitanti di alcune regioni rispetto ad altre in ordine allo sviluppo delle civiltà; proseguito con Collasso per illustrare come la mancata comprensione degli equilibri ecologici è stata la causa della scomparsa di numerose società; si conclude con una prospettiva illuminista, vale a dire presumendo che le nazioni maturino la capacità di acquisire piena consapevolezza delle proprie condizioni e sappiano progettare strategie di sviluppo concordate.

Gli arsenali nucleari, i cambiamenti climatici, l’esaurimento dei combustibili fossili, lo sviluppo delle energie alternative e le diseguaglianze sono – secondo Diamond – tra le maggiori sfide per un mondo che, proprio perché globalizzato, è diventato più piccolo e più fortemente interconnesso. L’atteggiamento illuminista di Diamond si basa sulla ricerca di soluzioni guardando non genericamente al passato, ma ad un passato che sarebbe stato possibile. Con Crisi. Come rinascono le nazioni, Diamond chiede di rinunciare ai nazionalismi nello stesso modo in cui gli individui che vogliono davvero superare le crisi personali debbono accettare di liberarsi selettivamente di quel passato che non consente loro l’accesso ad un futuro sostenibile.