Elena Grandi lavora per il Centro diurno Alzheimer dell’Inrca di Ancona ed è esperta di cura del paziente con demenza senile. Nel 2011 ha pubblicato per le Edizioni Erickson il volume Se faccio, ricordo e recentemente è uscito Costruire la storia di vita con la persona con demenza, edito anche questo da Erickson. Si tratta di un manuale con schede e indicazioni per i parenti e gli operatori che desiderano costruire un album a partire da fotografie e documenti della persona anziana.
Quando mi sono sposata, mia nonna purtroppo era già morta. Allora sua sorella, molto anziana e con la memoria fragile, mi ha scritto e regalato un quaderno con scritti pezzi della loro storia, cartoline del loro paese d’origine e ricette di famiglia. Non sembrava una biografia, ma per me e mia sorella (e mia cugina e persino mia mamma) questo quadernetto con la scrittura tremolante che saltava di palo in frasca è diventato un preziosissimo pezzo di noi stesse. Per questo, l’ultimo libro di Elena Grandi, messo su un tavolo in biblioteca tra le novità, ha subito attirato la mia attenzione. E le ho telefonato.
«Ascoltare la storia di vita di un anziano, indipendentemente dallo stato della sua memoria, è sempre stato emotivamente rilevante, sia per me che per lui», mi spiega Elena Grandi. «Gli anziani, anche quelli che sembrano dimenticare tutto, ricordano con gli occhi e con le mani e con le mani possono raccontare la loro storia. Quindi costruendo, toccando, guardando e facendo, si possono ripercorrere meglio anche le vicende del passato. Per questo partiamo da materiale concreto, stimoliamo la memoria con fotografie, documenti, oggetti conosciuti e tutto ciò che racconta una vita e poi creiamo insieme a loro l’album o la scatola che conterrà questi ricordi».
Sono anni che Elena Grandi costruisce album autobiografici insieme ai suoi pazienti. «È molto emozionante quando le persone ti danno in mano la loro vita, ti fanno confidenze, ti raccontano i dolori. Sono frammenti di storia che bisogna raccogliere con molto rispetto e amore. Chiunque può accompagnare l’anziano in questo percorso, non solo i professionisti. L’attività è utile per la manualità della persona coinvolta, per stimolare la sua capacità di ricordare, per conservare i ricordi passati e presenti, per rispecchiarsi e trovarvi le proprie radici e infine anche per la memoria positiva dei parenti che potranno serbare il frutto di tale lavoro. In questo album la persona potrà rileggere e vedere ciò che è stata, cosa ha fatto, da dove viene e cosa sta facendo.».
Il manuale presenta anche molti altri tipi di attività, dalla costruzione di una bambola con i vestiti del proprio nipotino a quella dei festoni per Carnevale, ma qui ci interessa soprattutto raccontare della raccolta autobiografica. Elena Grandi propone un possibile svolgimento dell’attività in modo dettagliato, anche se poi l’operatore la svilupperà a seconda della sua sensibilità, del suo rapporto con il paziente e del materiale che avrà in mano.
Prima di tutto c’è la richiesta ai parenti dei documenti e delle immagini che rappresentano la persona: fotografie, attestati, pagelle, cartoline, biglietti, lettere, tutto quello che essi avranno voglia di fornire. Si possono poi separare in diverse buste a seconda delle fasi della vita: infanzia, giovinezza, età adulta, fase attuale. In base al materiale si può iniziare a creare un archivio, con la busta che riguarda il matrimonio, quella per la nascita dei figli, dei nipoti, eventuali traslochi e così via. Mentre si svolge il lavoro, l’operatore si fa raccontare. Prende appunti o registra.
«Se intraprendiamo questo percorso diventiamo dei mediatori, le pietre sulle quali ci si appoggia per attraversare un fiume senza bagnarsi. Dobbiamo trovare il modo per rispettare le memorie del paziente, senza manipolarle, difendendolo da esse e dalle ripercussioni che queste potrebbero avere sui suoi familiari più stretti», sottolinea l’autrice. Si tralasciano gli episodi dolorosi, non si insiste su quelli bui, si mette in risalto un corso della vita pieno e unico. Si fa di tutto affinché questo sia un momento piacevole, quindi non si domanda ciò che risulta difficile: non si chiede di parlare oltre al desiderio dell’utente, non lo si fa scrivere se scrivere gli costa fatica, si cura l’aspetto estetico del quaderno senza mai renderlo infantile.
Le domande: tutti amiamo che qualcuno si interessi con sincerità a noi e ci faccia parlare di quello che ci sta a cuore. Le domande dell’operatore sono importanti, così come il modo in cui si pone all’ascolto. Elena Grandi propone una lunga lista di punti che si possono toccare per farci raccontare la storia di vita della persona, dal mestiere dei nonni al nome della maestra di scuola, dagli amici ai fidanzamenti, dai mobili di casa agli animali domestici. «La memoria è identità e l’identità è importantissima. Infatti non ho mai trovato qualcuno che non fosse interessato a costruire il suo album e tutti hanno accresciuto la propria autostima mostrando loro stessi nei vari momenti della vita, che fosse a una laurea o in cucina a zuccherare frittelle…».
E il risultato è sorprendente: scatole (per chi ricorda poco) o veri e propri tomi con capitoli e racconti per chi è ancora ricco di molti ricordi. «Ho una paziente con cui ho creato il suo libro, molto particolare, perché sulla copertina è stata collocata l’impronta della sua mano, fatta su una piastra di argilla. Una volta le ho chiesto, tramite un suo nipote, di prestarmelo per una presentazione. Non si ricordava di me, mi ha riferito il nipote; allora le ho scritto la mia richiesta per lettera, allegandole una fotografia di noi due al lavoro. La donna mi ha riconosciuta e ha acconsentito subito a prestarmi l’album… ma non l’originale! Una copia, perché questo libro, lei lo tiene in salotto, se lo guarda spesso e lo mostra a chi va a trovarla. I suoi parenti sono stati felici di scoprire certe cose di lei e di sapere che lei aveva piacere a condividerle.
Il mestiere di Elena Grandi è aiutare a far scivolare vecchi cassetti. «La memoria», scrive infatti nel suo manuale, «è come un comò pieno di abiti. Per chi ha l’Alzheimer, i cassetti sono ancora pieni ma è diventato difficile aprirli. Ci vuole dunque qualcosa che stimoli, che eserciti l’apertura di questi cassetti».