Per gli esseri umani e, in generale, per gli animali è molto semplice: per generare una vita bastano una cellula-uovo e un seme maschile, poi si aspetta. Ma può non essere l’unica «ricetta», secondo due studi appena pubblicati nelle riviste scientifiche «Cell» e «Nature». Usando cellule staminali – quelle che hanno la capacità di dare origine a tutti i vari tipi cellulari di un essere vivente completo – due gruppi di ricerca in Gran Bretagna e negli USA hanno fatto sviluppare embrioni di ratti fino a un’età di otto giorni e mezzo, quasi la metà del tempo di gestazione naturale in questi animali. Non solo. Questi embrioni artificiali hanno già abbozzati alcuni organi: un intestino, un cuore che batte, un cervello rudimentale e si vedono chiaramente i punti dove si svilupperanno la testa e la coda e la simmetria destra-sinistra. Tutto ben lontano dalla perfezione, s’intende, ma l’esito dell’esperimento è davvero notevole, mai raggiunto prima.
Per ottenere gli embrioni è stata usata un’apparecchiatura appositamente sviluppata: sostanzialmente, un tubo di vetro rotante, un sistema per controllare l’afflusso di ossigeno e anidride carbonica e la loro giusta pressione nella provetta, un miscela per nutrire le cellule. La forma degli embrioni è molto simile, ma non identica a quella dei corrispondenti embrioni naturali. Le cellule staminali sono state prelevate da embrioni naturali di ratto, di tre diversi tipi in modo da garantire un corretto sviluppo degli embrioni artificiali.
È importante chiarire subito che non si tratta di un esperimento fine a sé stesso, tanto per provare a «creare» un essere vivente artificiale: una procedura del genere permette di osservare in laboratorio come avviene lo sviluppo nelle prime fasi di vita e cercare di capire attraverso quali meccanismi cellulari e biochimici avviene, anche intervenendo per modificarli. Un esempio fra i tanti. Uno dei gruppi di lavoro ha provato a bloccare il funzionamento del gene Pax6, fondamentale per lo sviluppo del cervello: il risultato è che negli embrioni sui quali si è intervenuto in questo modo, il cervello ha gravi malformazioni, quindi è stato così possibile confermare il ruolo di questo gene nel corretto sviluppo cerebrale. In tal modo, si cerca di capire i meccanismi alla base dello sviluppo corretto o delle malformazioni degli organi, non solo del cervello: negli embrioni naturali impiantati nell’utero questo è molto difficile.
Negli esseri umani tutto ciò è possibile? No, o almeno non ancora. Diversamente dai ratti, nell’uomo occorre attendere almeno un mese di sviluppo dell’embrione per ottenere un risultato simile a quello nei ratti: è solo dopo questo tempo che si possono osservare gli abbozzi degli organi in formazione e difficilmente si potrà far sviluppare in provetta un embrione per tutto questo tempo. Chiaramente, è impossibile il completo sviluppo di un embrione e di un feto al di fuori dell’utero.
Sperimentazioni su embrioni si fanno già da diversi anni, secondo la regola dei 14 giorni. Questa regola fu fissata – o meglio suggerita – da diverse Società scientifiche nel 1979: si suggerì che le sperimentazioni sugli embrioni umani fossero interrotte al 14esimo giorno dello sviluppo (corrispondenti a 6 giorni nel ratto), quando l’embrione non è più una «pallina» microscopica (la blastocisti) ed è pronto per impiantarsi nell’utero. Su quali embrioni si può sperimentare? Su quelli disponibili dopo la fecondazione artificiale «in vitro», in provetta: precisamente sugli embrioni soprannumerari (ES), quelli che non sono impiantati nell’utero. Secondo la raccomandazione, al 14esimo giorno gli ES vanno distrutti o, come avviene solitamente, sono congelati.
Molti Paesi hanno accolto la raccomandazione del 1979, facendola diventare una legge, anche se non dappertutto: in Austria, Germania e Svizzera, per esempio non è permesso usare gli ES interi a scopo sperimentale, ma solo le singole cellule che li compongono. Nel 2021, tuttavia, una importante Società scientifica per lo studio delle cellule staminali (la International Society for Stem Cell Research, ISSCR) ha cancellato questo limite di tempo, ritenendolo troppo ristretto ai fini sperimentali: per la precisione, non ha posto un limite più ampio (men che meno un «fate come volete»), ha semplicemente constatato che lo sviluppo scientifico pone la questione se superare la regola dei 14 giorni, proponendo un nuovo limite, per esempio 3 o 4 settimane.
Torniamo a questo punto agli embrioni artificiali di ratto: è possibile ottenere allo stesso modo embrioni umani, senza la riproduzione sessuale? Ci hanno provato con successo nel 2017, mettendo insieme varie cellule staminali umane in uno speciale strumento che permette di farle riprodurre, usando un mezzo di sviluppo in tre dimensioni. In questo esperimento, non è stato possibile ottenere embrioni con le caratteristiche tipiche del 14esimo giorno, ma la tecnica ha solo 4-5 anni di vita ed è probabile venga perfezionata. Che utilità potrebbero avere questi embrioni umani artificiali, in un certo senso «asessuati»? Un vantaggio di non poco conto è che non sarebbe più necessario ricorrere a ES umani, o meglio si potrebbero usare meno ES e più embrioni artificiali: beninteso, solo se si ha la certezza che lo sviluppo dei due tipi di embrioni avvenga nello stesso modo.
Si pone tuttavia una questione. Questi embrioni artificiali sono embrioni umani? Valgono anche per loro le raccomandazioni – e le leggi, come citato – fatte per gli ES? Teoricamente no, in quanto non ottenuti tramite fecondazione in vitro con cellule sessuali, quindi non ci sarebbero limiti né al loro utilizzo sperimentale, né limiti di tempo per farli sviluppare: per il momento siamo in una «zona grigia» dove tutto è incerto. Nel frattempo, la ricerca scientifica sta realizzando embrioni del tutto speciali, impiantando cellule umane in animali e viceversa. Come vedremo in un prossimo articolo, le «chimere» (embrioni ibridi uomo-animale) sono già tra noi.