Polveri e sabbie e furtarelli estivi

Geologia - Due episodi in apparenza lontani che hanno la stessa origine
/ 08.06.2020
di Alessandro Focarile

Potenti correnti calde sciroccali di origine sahariana – specialmente durante i mesi primaverili – convogliano verso l’Europa e fino in alta quota immense quantità (si calcola 700mila tonnellate ogni anno) di sabbia e di polveri minute («löss») fino sulle Alpi. La regione del Basòdino, la seconda vetta delle Alpi ticinesi, 3272 metri slm, si trova sulla traiettoria di queste correnti di scirocco, da Sud verso Nord.

Occorre ricordare che il Sahara è il più vasto deserto esistente sulla Terra: cinque milioni e 550mila chilometri quadrati dall’Oceano Atlantico fino al Mare Rosso. In questa vastità, 500mila chilometri quadrati sono coperti di sabbia e della sua frazione più minuta costituita di pulviscolo, i cui granuli hanno un diametro inferiore a 0,02 millimetri, detti per l’appunto «löss».

Giungendo sulle regioni alpine, che fanno da barriera allo scirocco, questi materiali di lontana origine si depositano anche sui nevai e sui ghiacciai, sui quali sono facilmente visibili per il loro contrastato colore. Un deposito che aumenta lo scioglimento degli stessi, rendendolo più rapido in seguito al maggiore assorbimento solare. Narrano le antiche cronache medievali che verso il 1400, Ibnetto, signore valdostano di Challand in Valle d’Ayas, facesse cospargere della terra sui campi innevati delle sue proprietà, per favorire in primavera un più rapido scioglimento della neve, e quindi una più rapida messa a coltura dei terreni. La penisola italiana, comprese le due isole maggiori (Sicilia e Sardegna), ha uno sviluppo costiero di oltre 8mila chilometri, dei quali una lunga parte è costituita di litorali sabbiosi dove la costa è bassa. Si aggiunge lo sviluppo rivierasco dei fiumi e dei torrenti dove sono ubicate le cave per lo sfruttamento della sabbia e della ghiaia: si tratta di decine di migliaia di chilometri. Chi è proprietario di questi materiali? Presso i cittadini è generalizzata la convinzione che la sabbia e la ghiaia non appartengano a nessuno, siano senza proprietario. Ma non è così.

Questi materiali stanno assumendo un elevato valore economico a causa del loro utilizzo, che sta divenendo sempre più eccessivo per le disponibilità naturali. Secondo le statistiche degli organi internazionali preposti alla quantificazione delle risorse naturali esistenti sulla Terra, ogni anno vengono utilizzati 45 miliardi di tonnellate di sabbia. Soltanto l’Emirato del Dubai ne importa dall’Australia per 450 milioni di dollari americani. Sabbia utilizzata per costruire avveniristiche strutture architettoniche e, persino, creare isole artificiali nell’antistante Oceano Indiano.

È spontaneo domandarsi perché un Paese sabbioso, un deserto coperto di sabbia, debba importarla. La risposta è che la loro «sabbia» non è materiale utile, bensì è composta prevalentemente di «löss», che non dà coesione alla mescolanza con il cemento. Per quanto attiene l’Italia, sulla terra ferma le rive di fiumi, di torrenti e di laghi sono di proprietà comunale, concessa se del caso in usufrutto ai privati. Per contro, i litorali marini, cioè le spiagge sabbiose – dal mare alla linea di risacca verso la terra ferma – sono di proprietà demaniale, cioè dello Stato. In entrambi i casi, usufrutto e gestione dei materiali (sabbia e ghiaia) sono regolati da precise normative legislative dettagliatamente definite. Ma, in realtà ci si occupa soltanto dell’attività delle cave: escavo e lavorazione nei greti dei corsi d’acqua. Eppure, della sabbia che ricopre i litorali sabbiosi dove la costa è bassa di competenza dei Comuni, pare che nessuna autorità se ne occupi. D’altro canto la legge sancisce un responsabile. In tal modo, il cittadino in costume da bagno ritiene che la sabbia sia da considerare «res nullius», senza proprietari. E si trasforma in predone delle spiagge.

Durante la scorsa estate la razzia è stata veramente quotidiana. Soltanto negli ultimi mesi estivi (2019) sono stati recuperati ben 400 chilogrammi di sabbia nei lidi di Villasimius nella Sardegna settentrionale. All’imbarco a Porto Torres (sempre in Sardegna), sono stati sorpresi due turisti stranieri, che avevano nei loro camper ben 40 chilogrammi di sabbia, raccolti durante le loro vacanze balneari. Doverosamente sanzionati e multati, difficilmente pagheranno il dovuto alle autorità italiane.

Questo ennesimo episodio, che ha beneficiato di un ampio riscontro sulla stampa, ha rivelato l’esistenza di un fenomeno nuovo: l’esagerata e abusiva raccolta di sabbia marina particolarmente vistosa per il suo attraente colore. Rosa, quella dell’isola di Budelli, nell’arcipelago della Maddalena tra la Corsica e la Sardegna. Bianca e costituita di splendido quarzo ialino, quella della spiaggia di Is Arutas. E poi c’è la sabbia verde, per il contenuto di cromo; la sabbia nera che è composta di granuli di minerali di ferro (ematite, magnetite), oppure di lucente ossidiana di origine vulcanica. E via enumerando.

La sabbia è un prezioso e istruttivo museo di mineralogia in miniatura. Tutti ambìti souvenir per ricordare belle vacanze in luoghi suggestivi.

La Natura è particolarmente generosa su molti litorali mediterranei, non occorre sognare lontani lidi tropicali. Nel caso specifico della Sardegna, sono state sequestrate durante la scorsa estate dieci tonnellate di sabbia nei porti e aeroporti sardi («La Stampa», 18 agosto 2019). Difficile immaginare come migliaia di PET e di sacchetti delle più svariate dimensioni possano contenere simili quantitativi! La sabbia è oggetto di un attivo collezionismo in tutto il mondo (Ayer et al., 2002).

Esiste un’associazione che riunisce numerosi appassionati «sabbiofili». Si apprende che un americano possiede una collezione di 11mila campioni di sabbia. A Is Arutas, la località più incantevole della costa in provincia di Oristano, hanno provato in ogni modo a scoraggiare i furti di sabbia. Cartelli piazzati sulle passerelle di accesso alla spiaggia, volantini e volontari che sorvegliano tra gli ombrelloni, e le guardie forestali non sono stati sufficienti. Secondo Antonio Casula, comandante del Corpo forestale della Sardegna, forse i Comuni proprietari delle spiagge dovrebbero fare di più dato che i forestali sono impiegati soprattutto nel combattere gli incendi. («La Stampa», 18 agosto 2019).

«Ogni granello di sabbia rubato è un pezzo di futuro che se ne va», dice l’Assessore all’ambiente in Sardegna, Gianni Lampis. «Dobbiamo spiegare ai cittadini che, per garantire il futuro della nostra Terra, certi comportamenti vandalici vanno combattuti».

Bibliografia
- Jacques Ayer et al., Le sable, Musée d’Histoire naturelle (Neuchâtel, 2002), 127 pp.
- Raymond Siever, Sabbia, Zanichelli Editore (Bologna, 1997), 354 pp.