Come stanno i Comuni ticinesi? Sono sensibili e socialmente responsabili? Per i Comuni la responsabilità sociale dovrebbe essere scontata, perché sono le amministrazioni più vicine ai cittadini. Ma non è per niente scontato, in quanto le sensibilità sociali, culturali, ambientali e, infine, politiche, sono diverse. Perciò la Sezione enti locali del Dipartimento delle istituzioni lancia un progetto in questo ambito. Essere socialmente responsabili significa promuovere la qualità di vita delle politiche locali di sviluppo sostenibile, conformemente all’Agenda 2030 e coerentemente con l’impegno che la Svizzera ha assunto in tal senso in quanto membro dell’ONU. «Il concetto di qualità della vita – spiega l’Ufficio federale di statistica – serve a misurare il benessere della popolazione nelle sue svariate dimensioni. Il benessere, infatti, dipende sia da alcune condizioni di vita materiali che dalla percezione individuale della qualità di vita. Tra le condizioni materiali rientrano reddito e lavoro e la situazione abitativa. Le dimensioni non materiali della qualità di vita, invece, comprendono la salute, la formazione, la qualità dell’ambiente, la sicurezza personale, l’impegno civico e la conciliabilità tra lavoro e vita privata».
Per capire quali sono i punti forti e i punti deboli delle amministrazioni comunali in questi settori, la SUPSI ha realizzato un sondaggio, dal giugno al settembre dell’anno scorso, che ha coinvolto 108 comuni. Hanno risposto in 81, pari al 75% del campione totale. I temi in cui i Comuni si dimostrano più attivi sono: gli spazi verdi attrezzati, la promozione di eventi sportivi, la promozione del trasporto pubblico. Positive le risposte anche per quanto riguarda la valorizzazione del territorio, la moderazione del traffico i servizi extrascolastici. «Il Comune di oggi – ci dice Marzio Della Santa, responsabile della Sezione enti locali del Dipartimento delle istituzioni – non è quello di 30 anni fa. Ai nostri giorni l’ente comunale deve essere infatti in grado di rispondere ai bisogni dei propri cittadini che sono diventati nel tempo dei veri e propri consumatori, per certi versi molto esigenti. Quello che la cittadinanza vuole, infatti, è vivere in un luogo a misura d’uomo con una qualità di vita elevata. In questo senso è quindi normale che i nostri Comuni siano maggiormente sensibili su alcune tematiche, come quelle che ha menzionato, che stanno molto a cuore a tutta la popolazione residente. I Comuni saranno però sempre più confrontati con un’altra sfida: rendere sostenibile l’insieme dei beni e servizi offerti alla cittadinanza. Non so quanto sia estesa la consapevolezza che in alcuni casi ciò potrebbe comportare la revisione delle prestazioni offerte e, in taluni casi, la rinuncia a quelle divenute insostenibili dal profilo sociale, ambientale ed economico».
La maggioranza dei Comuni interpellati non è ancora intervenuta attivamente nei seguenti campi: riduzione del CO2, promozione della salute, riqualificazione urbanistica, adattamento ai cambiamenti climatici, integrazione degli stranieri, lotta allo spopolamento. Poco pollice verde nei nostri Comuni e anche disattenzione nei confronti degli stranieri e sul tema del ripopolamento. Un numero consistente, tra i 25 e i 30 Comuni, afferma che si sta preparando a intervenire su questi temi. Per Marzio Della Santa le sfide che attendono la nostra società sono epocali: «Comuni, Cantoni e Confederazione devono reinterpretare la propria missione. Nel caso degli enti locali si tratta in primo luogo di rendere sostenibile lo sviluppo della qualità di vita residenziale offerta alle persone e alle aziende. Da questo punto di vista i Comuni hanno potenzialmente le competenze e i mezzi per contribuire efficacemente ai cambiamenti climatici, per esempio promuovendo la produzione e l’utilizzo di energie rinnovabili, o per riqualificare gli ambienti urbani, rivalorizzando i nuclei storici. Perché questo si traduca in fatti è di fondamentale importanza che la politica comunale comprenda l’esigenza di coinvolgere e ascoltare i propri cittadini, per creare il necessario consenso attorno a scelte anche difficili che occorrerà prendere nei prossimi anni. Penso in modo particolare al coinvolgimento e all’ascolto delle nuove generazioni che dovranno vivere nel mondo che noi imporremo loro con le decisioni di oggi».
Merita un’osservazione particolare la risposta alla domanda: «Avete un piano regolatore che applica il principio federale dello sviluppo centripeto?». Rispondono di sì solo 11 enti su 81. E, è bene ricordarlo, si tratta di un tema sensibile, visto che la Legge federale sulla pianificazione del territorio prescrive di dimensionare le zone edificabili secondo il fabbisogno prevedibile per almeno 15 anni. Se ci sono troppe zone edificabili, bisogna ridurle e cioè, «dezonare». 29 Comuni affermano che questo tema è «in fase di attuazione».
«Quello della pianificazione è indubbiamente uno dei temi che maggiormente riflette i meccanismi del federalismo elvetico. – precisa Marzio Della Santa – Il territorio è la risorsa principale del Comune, che ne dispone cercando di raggiungere l’obiettivo fissato dalla comunità. Per molto tempo questo è stato quello di massimizzare gli interessi individuali e collettivi, estendendo generalmente le zone edificabili a scopo residenziale o economico. Bisogni non sempre sostenibili e Comuni troppo piccoli hanno indotto i Cantoni dapprima e la Confederazione poi a intervenire per cercare di frenare un utilizzo estensivo del territorio. A livello nazionale si sono quindi poste le basi per una politica di sviluppo centripeto, che i Comuni sono ora chiamati ad attuare, tra molte difficoltà di natura politica, tecnica e finanziaria. Difficoltà che in realtà vanno ricondotte alla necessità di creare un ampio consenso popolare attorno a misure ritenute spesso ingiuste da parte di coloro che vedono così minacciati i propri interessi. È dunque anche in quest’ottica che si può inserire il supporto offerto dal Cantone con il progetto di buon governo, che mira a favorire l’adozione di approcci partecipativi nei processi di definizione delle politiche comunali allo scopo di creare il necessario consenso in merito a obiettivi e misure da adottare per soddisfare i bisogni della popolazione».
In che misura il sondaggio ha messo in luce differenze fra i centri e le periferie? «Dall’analisi dei dati raccolti è emersa una chiara e ampia sensibilità verso il tema della responsabilità sociale. – afferma Marzio Della Santa – L’attuazione di buone pratiche non è però distribuita in maniera uniforme. Quindi abbiamo realtà comunali che applicano iniziative consolidate che sono diventate prassi nell’Amministrazione comunale mentre in altri casi le politiche in materia sono invece ancora poco adottate». La SUPSI prosegue l’indagine fra i Comuni e solo in autunno potranno essere messe a fuoco le differenze fra città e valli.
I Comuni ticinesi oggi sono 106. Nel 1980 erano 247, nel 2010 157. Il processo di aggregazione va avanti lentamente. In Ticino sopravvivono criticità secolari. Rivalità tra villaggi, interessi personali, contrasti politici, antiche tradizioni. Il Dipartimento da anni sta spingendo perché si incrementino le fusioni comunali in tutte le regioni del Ticino. Le aggregazioni rimangono un obiettivo, assieme a quello della riforma del rapporto tra Cantone e Comuni (Ticino 2020). La responsabilità sociale è il terzo progetto da sviluppare.
Il Dipartimento delle istituzioni – precisa Norman Gobbi – entro fine estate intende proporre una risoluzione governativa che sancirà l’avvio della fase esecutiva del progetto, con particolare riferimento al modello di rapporto di sostenibilità che tiene conto delle varie tipologie del Comune. In questa fase saranno coinvolti nei lavori anche alcuni rappresentanti comunali.
La Sezione enti locali, da parte sua, «ha identificato sei strumenti volti a rafforzare la capacità dei Comuni di mettere in atto politiche e azioni utili a promuovere la qualità di vita residenziale in una prospettiva di sviluppo sostenibile: il rapporto di sostenibilità; il portfolio delle buone pratiche che può offrire esempi da condividere; il confronto intercomunale; la certificazione per verificare la correttezza di quanto dichiarato; la formazione e la sensibilizzazione». Inoltre verrà istituito un premio per il Comune più socialmente responsabile. Chissà se l’idea di conquistare l’alloro stimolerà le amministrazioni a darsi da fare in questo campo?