Tra i molti volumi che affollano il panorama editoriale ticinese vale la pena di segnalare a un pubblico anche di non specialisti una stupenda guida d’arte, proposta nelle scorse settimane nientemeno che dall’editore Skira. Il sacro del Ticino, curato da Salvatore Maria Fares e da Stefano Zuffi è un volume che raccoglie sei itinerari artistici attraverso il nostro cantone, alla scoperta (o riscoperta) dei maggiori cicli figurativi e delle opere singole che costellano alcuni luoghi di culto. Uno degli elementi importanti che caratterizzano questa operazione è sicuramente il suo carattere divulgativo: pur essendo compilato da Martina Degl’Innocenti e Micaela Mander con evidente e solida competenza, il libro propone di fatto delle agili e pratiche schede da consultare per inquadrare gli elementi fondamentali di ogni edificio sacro e coglierne gli aspetti fondamentali, prima di affrontarne la visita.
L’operazione è molto originale, soprattutto per quello che riguarda la sua funzionalità pratica. Gli itinerari proposti infatti raggruppano, come è logico, le proposta in sezioni regionali: l’itinerario 1 guida il lettore da Chiasso a Lugano; l’itinerario 2 spazia su Lugano e dintorni; il terzo ci porta da Brissago a Bellinzona; il quarto si sofferma sull’area della capitale; il quinto esplora la regione da Biasca al Lucomagno; l’ultimo la regione da Giornico al San Gottardo. Si tratta quindi di una proposta oltremodo concreta, percorribile realmente e che può fungere da pretesto per tutti noi e spingerci a godere di una delle caratteristiche uniche del nostro cantone.
Già qualche anno fa ci era capitato di segnalare come molte regioni a vocazione turistica cercassero di offrire ai potenziali visitatori delle mappe «microartistiche» che valorizzassero il patrimonio figurativo locale nell’ottica di una riscoperta del territorio. Il primo fattore utile in questo contesto era sicuramente la messa in rete delle varie proposte, cioè la creazione di un repertorio e di un percorso, i quali, opportunamente pubblicizzati tramite i media potessero fungere da stimolo all’interesse dei potenziali visitatori. L’esempio che avevamo citato era quello della rete degli affreschi della Brianza, ma in tutta l’Italia si sono strutturati negli ultimi anni progetti di questo genere, dalla Toscana alle Marche al Friuli. Qui, in particolare, merita di essere segnalata la «Via Maestra della pittura. Il Rinascimento nelle chiese dello Spilimberghese», un percorso artistico-spirituale attraverso un territorio per molti versi simile al Ticino.
Ora, il volume di cui stiamo parlando giunge perfettamente a inserirsi in tale contesto e ci auguriamo che costituisca un suggerimento in più per gli stessi ticinesi a voler rivalutare la ricchezza del patrimonio artistico e soprattutto a goderne la bellezza. Proprio quest’ultimo fattore sembra inserirsi in un movimento culturale e di costume molto attuale: sulle pagine culturali di un periodico italiano negli scorsi giorni si faceva insistentemente menzione del valore della bellezza come elemento di scoperta ma anche di acquisizione di «verità». Persino la bellezza di certe formule matematiche veniva portata ad esempio.
A noi, invece, pensando al valore della bellezza che caratterizza il nostro cantone, non può non tornare alla memoria un articolo redatto oltre cent’anni fa da uno scrittore ticinese: «Poiché il sentimento estetico, benché impoverito e spurio in parecchie sue manifestazioni, è, mi pare, la forza più antica, costante, vivace che operi in noi. (...) E questa nativa costante inclinazione della gente nostra ad una concezione artistica della vita si manifesta, forse anche più evidente, a chi visiti il paese e osservi la struttura e la postura dei villaggi, le chiese, le cappelle, le case. (...) Il Cantone Ticino è, ripeto, un paese in cui il senso della bellezza è antico e popolare».
C’è da riflettere. /AZ