​​​​​​Perché si ama?

Scienza e relazioni – Anna Machin, antropologa evoluzionista della Oxford University, risponde a questa domanda con le più recenti scoperte delle neuroscienze, della genetica e della psicologia
/ 25.07.2022
di Stefania Prandi

«Vorrei che inventassi un qualche modo per rendermi felice senza di te. Ad ogni ora mi concentro sempre più su di te; ogni altra cosa e tutto il resto ha un sapore di paglia nella mia bocca». La lettera d’addio del poeta inglese John Keats alla «stella leggiadra» Fanny Brawne, vicina di casa con cui ebbe una liaison intensa e che non riuscì a dimenticare fino alla morte, racconta lo strazio della fine di un amore. Per secoli letteratura, filosofia, poesia e musica hanno indagato le molte sfumature di questo sentimento. Ma oltre all’amore romantico – invenzione relativamente recente nella storia umana – passionale e struggente, «accecato dal fuoco che cova dentro», per usare le parole di Friedrich Nietzsche, ce ne sono altri. Esistono quello amicale, filiale, spirituale e artistico. E con il progredire dell’intelligenza artificiale, un giorno magari ci si innamorerà anche di un avatar oppure di un robot.

Ma perché si ama? Se lo domanda Anna Machin, antropologa evoluzionista al dipartimento di Psicologia sperimentale della Oxford University, nel suo ultimo libro Why We Love: The New Science Behind Our Closest Relationships (Weidenfeld & Nicolson). La studiosa, già autrice di testi sull’intricato intreccio tra biologia e cultura alla base di buona parte dei comportamenti umani, si inserisce nel recente dibattito scientifico internazionale sulle origini, il senso e i meccanismi dell’amore. Machin cita le più recenti scoperte delle neuroscienze, della genetica e della psicologia, passando per la chimica e la biologia, accompagnando ricerche accademiche a interviste.

L’idea di un libro sul tema le è venuta cinque anni fa quando è stata incaricata di moderare un dibattito pubblico alla Oxford University, dal titolo «Che cos’è l’amore?». Dopo aver chiesto ai circa trecento partecipanti di fissare i loro pensieri, in forma anonima, su un pezzo di carta, si è resa conto «dell’incredibile soggettività delle risposte». Alcuni hanno espresso sentimenti romantici mentre altri hanno fatto riferimento all’amore per i propri figli, per gli animali domestici e, addirittura, per gli oggetti inanimati. «L’amore è un frutto dell’immaginazione che confonde il cervello», ha dichiarato uno dei partecipanti. «È uno stato mentale nel quale la logica scompare», ha ribadito un altro.

Al di là delle singole prospettive, frutto di esperienze personali e vicende familiari, secondo Machin l’amore, riproponendo ciò che già diceva Arthur Schopenhauer, nasce come un inganno della natura, il riflesso della volontà di riprodursi della specie. Così spiega ad «Azione»: «A livello più elementare amiamo per riuscire a restare in vita. Gli esseri umani devono cooperare tra loro per mangiare, imparare e crescere i figli, ma la collaborazione non è sempre serena, e a volte minaccia la nostra sopravvivenza. Quindi per convincerci a farlo, anche quando è difficile, con l’evoluzione è arrivato l’amore. Fondamentalmente si tratta di una “corruzione biologica”, un insieme di sostanze neurochimiche che ci motivano e ci premiano per iniziare e poi per mantenere le nostre relazioni fondamentali».

Non possiamo neppure definire l’amore un’emozione, essendo un fenomeno troppo complesso. «Meglio considerarlo uno stimolo, una necessità indispensabile al pari del cibo e dell’acqua». La sua potenza travolgente, nelle diverse forme, può arrivare a fare perdere la ragione – Astolfo, in sella all’ippogrifo, dovette perfino recarsi sulla luna per recuperare il senno di Orlando, raccontava Ludovico Ariosto – anche perché dell’amore non abbiamo un’idea condivisa, contrariamente a quanto si tende a pensare. Pretendiamo che gli altri ci capiscano e crediamo di riuscire a fare lo stesso, ma in realtà non funziona così: il punto di vista varia da persona a persona, in base a due dimensioni chiave, la biologia e la cultura. «I nostri geni e l’educazione, così come la religione, la politica e la storia, influenzano la modalità in cui lo sperimentiamo e lo viviamo». I geni non sono deterministici, cioè non è detto che il «messaggio» che contengono si avveri. Certo, si è scoperto che alcuni sono più influenti di altri, ma non si attivano da soli: interagiscono tra di loro e con l’ambiente. In generale, aumentano le possibilità che una particolare caratteristica o un certo comportamento si esprimano nel corso della vita. «I geni hanno un impatto importante sulla nostra ricerca dell’amore, sulla felicità sentimentale, sull’abilità di empatizzare ma anche di scoprire i tradimenti», spiega Machin. «E influiscono sulla capacità di mantenere le relazioni, sulle nostre ossessioni, manie e risposte ai rifiuti».

La commistione tra genetica e psicologia fa sì che alcuni abbiano bisogno di un rapporto esclusivo per sentirsi appagati e realizzati mentre altri stiano bene da soli. Siamo dei casi particolari, con le pretese, le aspirazioni e le aspettative più disparate, nonostante restino tuttora presenti, nelle diverse società, modelli prestabiliti e dominanti basati sulla monogamia e l’eteronormatività, cioè la propensione a considerare l’eterosessualità come l’unico orientamento sessuale legittimo. L’amore romantico prevale anche se non è più la regola né la priorità per tutti. C’è chi, ad esempio, non crede alla fedeltà assoluta e sceglie relazioni multiple consensuali e contemporanee, attraverso il «poliamore». Stando alle ricerche dell’Ufficio di statistica nazionale della Gran Bretagna, soltanto una persona su sei è ancora convinta che esista il principe azzurro o il suo corrispettivo femminile. Oltre a essere uno stereotipo limitante, l’amore romantico può trasformarsi in una fonte di rischio, assumendo forme manipolatorie e violente. «Ogni tipo di amore ha dei lati oscuri e forse la narrazione romantica non aiuta perché ci predispone ad aspettative irrealistiche: può intrappolare, con l’idea che esista davvero l’anima gemella. Mi piace incoraggiare la gente a non vederlo come l’espressione più importante di affetto e passione. L’amore non segue delle gerarchie: è uno “spettro” che dispensa gioie e benefici».