Per l’uomo e per la natura

Il progetto di Parco Nazionale del Locarnese è entrato nella sua fase finale, la popolazione voterà l’anno prossimo
/ 20.11.2017
di Roberto Porta

Questa è decisamente una lunga storia. Da quindici anni i comuni e i patriziati della regione stanno lavorando per dar forma e contenuti al nuovo Parco Nazionale del Locarnese (PNL). Seguito e sostenuto dalle autorità cantonali, questo percorso è ora entrato nella sua fase finale, con all’orizzonte la votazione popolare dell’anno prossimo, quando saranno i cittadini della regione a vagliare questo progetto e a decretarne il futuro. Un’iniziativa che vuole essere il motore di rilancio per l’intera regione, come ci dice Tiziana Zaninelli, presidente del PNL: «Va detto che il parco nazionale di nuova generazione non corrisponde ad una riserva naturale integrale come è il caso del Parco nazionale svizzero in Engadina, ma favorisce la convivenza tra uomo e natura. Esso è lo strumento migliore di sviluppo territoriale in grado di sostenere le realtà locali di quelle zone periferiche definite “a basso potenziale” e delle zone della cintura urbana. Sono quelle zone, in particolare le Centovalli e la Valle Onsernone, che nel secolo scorso hanno visto gran parte della loro popolazione emigrare verso luoghi dove è più facile coltivare, produrre, lavorare. Questo ha portato alla diminuzione delle attività economiche produttive. A questo cambiamento epocale si è poi aggiunta la soppressione degli aiuti federali agli investimenti per le regioni di montagna (LIM), penalizzando i nostri Comuni che ad oggi faticano a promuovere e sostenere iniziative di sviluppo all’infuori della gestione ordinaria del territorio. È di fronte a queste sfide che i nostri enti si sono messi a cercare nuove risorse capaci di rispondere alle esigenze della nostra regione dando valore al loro patrimonio più grande, un territorio sempre più in evoluzione naturale e dall’altissima qualità paesaggistica». 

Nuove risorse che in termini concreti significano un budget di circa 5,2 milioni all’anno, garantito in gran parte dalla Confederazione e dal Canton Ticino. Prevista anche una partecipazione dei Comuni della regione e il sostegno di fondazioni o sponsor privati. Fondi che avranno un indotto economico indiretto stimato attorno ai 20 milioni all’anno, con la creazione di almeno 200 posti di lavoro nei settori economici destinati a gravitare attorno al PNL. Gli impieghi legati direttamene alla gestione del parco saranno invece una ventina. C’è da dire che in questi anni alcuni progetti di sviluppo territoriale sono già stati concretizzati, come ad esempio la ristrutturazione del Rifugio Corte Nuovo di proprietà del Patriziato di Borgnone, nelle Centovalli, e la valorizzazione del «Castelliere» di proprietà del Patriziato di Tegna. «In più il Parco offre al territorio, a chi lo abita e a chi vi lavora – come produttori ed artigiani – una maggiore visibilità e delle ricadute economiche positive dirette e indirette tramite il marchio “Parco Nazionale” – fa notare la presidente Zaninelli – A questo proposito, proprio quest’anno la Valle Onsernone e la sua farina bona, presidio Slow-Food, sono stati al centro della campagna di promozione internazionale “Ritorno alla natura” di Svizzera Turismo». In altri termini il PNL rappresenta un’opportunità da non perdere, almeno così ritengono i suoi promotori. 

Il 2017 però ha visto naufragare in votazione popolare un altro parco nazionale, quello dell’Adula. Non c’è il timore che attorno al PNL possa generarsi una sorta di «effetto Adula» e con esso una «sindrome» anti-parco? «La votazione del progetto Parc Adula ha dimostrato quanto la democrazia sia uno dei pilastri dei Parchi di nuova generazione – replica Tiziana Zaninelli – Noi facciamo tesoro di quest’esperienza, ma andiamo avanti e guardiamo all’approvazione del nostro progetto. Sono fiduciosa nell’intenso lavoro che il Parco sta svolgendo con i suoi Comuni e Patriziati a stretto contatto con il territorio, lavorando con la gente su progetti e attività, vicino alle esigenze degli abitanti; un lavoro reso sicuramente possibile dalle dimensioni più ridotte del futuro Parco Nazionale del Locarnese rispetto a quelle del progetto di Parc Adula, che era cinque volte più grande, estendendosi addirittura su 2 Cantoni e 3 regioni culturali e linguistiche». 

Il PNL si estende su una superficie di 218 chilometri quadrati e comprende 8 Comuni e 12 Patriziati (vedi cartina). È costituito da una zona periferica – pari al 72% della superficie totale – in cui sarà possibile fare tutto quello che è già permesso oggi. Altre saranno invece le disposizioni in quelle che vengono chiamate «zone centrali», dove vi saranno delle limitazioni legate alla protezione della natura e del territorio. Non sarà ad esempio possibile muoversi in rampichino sui sentieri di montagna, raccogliere funghi o frutti di bosco. Ma ciò che ha suscitato critiche e opposizione al progetto sono soprattutto le disposizioni legate alla pratica della caccia, come fa notare Renato Fiscalini, presidente della Società «Cacciatori Diana delle Valli» di Auressio, in Val Onsernone. «Da sempre la nostra società, quelle del distretto di Locarno e la Federazione Ticinese dei Cacciatori si sono dette contrarie in particolare a queste “zone centrali” perché generano un bacino chiuso nel quale vi sono rischi di impoverimento genetico della fauna e vi è il pericolo di creare un rifugio inespugnabile per specie come il lupo e il cinghiale. Inoltre se consideriamo quanto è stato esposto nel piano di gestione del Parco, non possiamo fare altro che constatare come il progetto abbia davvero sottovalutato diversi aspetti legati proprio alla gestione della fauna, il ritorno dei grandi predatori e i pericoli legati alla proliferazione di specie vegetali invasive». 

Per la presidente del PNL Tiziana Zaninelli però già oggi le aree destinate all’attività venatoria sono limitate dalle aree di tutela, come le bandite di caccia, che rappresentano già il 40% delle future zone centrali. «Zone inventate da Comuni e Patriziati senza valutare l’impatto negativo sul territorio e la biodiversità. Queste aree sono inoltre in contrasto con il nuovo concetto sulla creazione delle bandite, entrato in vigore nel 2015, che mira a promuovere bandite di caccia dalle dimensioni più ridotte. Le zone centrali proposte comportano l’avanzata del bosco a danno dei pascoli e l’impoverimento del territorio rendendolo sterile. E questo porta alla sparizione di camosci, marmotte e in particolare, del fagiano di monte, della coturnice, del francolino di monte e della lepre variabile, che proprio nelle zone aperte e nei pascoli alpini trovano il loro nutrimento. Il bosco chiuso e fitto mette in pericolo l’esistenza di queste specie animali. È necessario promuovere spazi aperti e pascoli fioriti, con un aumento dell’agricoltura di montagna, anche a favore del turismo pedestre». Questi argomenti saranno con diversi altri temi al centro della campagna politica in vista della votazione dell’anno prossimo. 

Va detto che quello del Locarnese potrebbe essere l’unico nuovo parco approvato a livello nazionale, da quando nel 2000 le autorità federali avevano varato la nuova strategia per la creazione di parchi naturali di nuova generazione. L’appuntamento con le urne dell’anno prossimo verrà guardato con attenzione da tutto il nostro Paese.