È un giorno di primavera come un altro a Lugano. Alcune decine di turisti si godono il sole sul ponte superiore del Morcote, uno dei tredici battelli della flotta della Società di Navigazione del Lago di Lugano. Il battello segue il litorale, scivola accanto a Villa Favorita, i navigatori possono vedere Paradiso all’orizzonte, nella scia della nave.
Mentre il Morcote lascia la baia di Lugano e si dirige verso Gandria, un uomo si alza improvvisamente dal suo posto e punta una pistola contro i passeggeri. Aggressivo e violento, urla e inveisce, terrorizzando i viaggiatori. Allertato dalle grida, un marinaio chiama il capitano. Quest’ultimo capisce subito la gravità della situazione, senza esitare chiama il 117, numero del centro di emergenza della polizia cantonale, e riferisce che il suo battello è confrontato con una presa d’ostaggi.
Questo duro scenario in cui l’Eden si trasforma in inferno è stato immaginato dal capitano Andrea Cucchiaro, capo del Reparto Interventi Speciali della Polizia cantonale, per quella che è stata battezzata Operazione Timone. L’obiettivo dell’esercitazione è quello di simulare un evento reale che gli agenti di polizia d’élite potrebbero dover affrontare un giorno. L’esercitazione richiede un intervento rapido e mirato, con tempi precisi, contraddistinto dall’arrivo simultaneo dei gruppi d’intervento sul Morcote.
Portati dall’elicottero che sorvola in perpendicolare il battello, gli agenti di polizia si calano lungo una corda per assicurare il ponte superiore della barca, mentre altre due squadre a bordo di gommoni accostano il Morcote intervenendo dalla poppa e guadagnando il ponte inferiore con apposite scale.
Molti specialisti militari fanno risalire le origini delle forze speciali contemporanee ai diversi reggimenti d’élite attivi durante la Seconda guerra mondiale, tra i quali il più famoso è certamente il SAS, lo Special Air Service britannico, passato alla storia per l’addestramento che fornirono a francesi e americani. Dopo il 1945, la maggior parte delle forze speciali furono sciolte, ma i conflitti di decolonizzazione e le crescenti tensioni della Guerra fredda portarono presto alla loro riattivazione. La tragica presa di ostaggi ai Giochi Olimpici di Monaco nel 1972 segnò una svolta in questo senso: da quel momento in poi la lotta contro il terrorismo è diventata centrale anche nell’attività delle forze speciali, che hanno ampliato la gamma dei loro interventi.
Fu in questi stessi anni, per la precisione nel 1974, che il Ticino creò le unità d’élite del Reparto Interventi Speciali. I loro membri sono riconoscibili dai caschi, dai giubbotti antiproiettile, dalle armi speciali in loro dotazione, ma soprattutto dal passamontagna che nasconde i loro volti, per proteggerne l’anonimato.
I compiti di queste unità sono molteplici e vanno dalla cattura di criminali in condizioni rischiose all’intervento in casi di rapimenti, presa d’ostaggi o allarmi bomba, scorta e protezione di personaggi pubblici e l’impiego di tiratori scelti. Mediamente i Gruppi di Intervento sono impegnati in un’operazione a settimana. Prossimo importante appuntamento: il 4 e 5 luglio per garantire la sicurezza durante la quinta conferenza sull’Ucraina a Lugano alla quale dovrebbe partecipare anche il presidente Zelensky. Mentre le esercitazioni come quella alla quale assistiamo sono organizzate circa quattro volte all’anno. Il gruppo, che attualmente conta una trentina di membri, tutti uomini, garantisce una capacità di intervento 24 ore su 24 ed è posto alle dirette dipendenze di un «triumvirato» composto dal consigliere di Stato Norman Gobbi, capo del Dipartimento delle Istituzioni, dal comandante della polizia cantonale Matteo Cocchi e dal capitano Andrea Cucchiaro, capo del Reparto Interventi Speciali.
Tutti i membri delle forze speciali hanno completato la formazione di base della polizia, che in Svizzera dura due anni: il primo in una delle sei scuole di polizia del Paese, il secondo sul campo nei corpi della Polizia cantonale. Una volta prestato il giuramento, i poliziotti ticinesi possono fare domanda per entrare nel Reparto Interventi Speciali. La maggior parte di loro lavora prima come agenti di polizia e matura anni di esperienza professionale per poi candidarsi al concorso interno. Per due giorni, i candidati sono sottoposti a prove scritte e fisiche, sessioni di tiro, sotto stress costante e con poco sonno, al fine di valutare le loro capacità professionali così come le loro capacità emotive e la resistenza mentale.
Una volta intervenuti sul Morcote, la quindicina di agenti speciali mettono in sicurezza il battello e i suoi passeggeri, senza esitare a usare la forza e i mezzi coercitivi se l’assalitore resiste. Tuttavia, la protezione delle persone rimane la loro priorità, anche rispetto alla neutralizzazione stessa dell’aggressore. Una volta che il criminale è stato arrestato e non vi è più pericolo per i passeggeri, l’Operazione Timone finisce. Gli agenti di polizia e i loro istruttori si riuniscono per un debriefing tecnico, allo scopo di ripercorrere le varie fasi dell’intervento correggendo e migliorando eventuali aspetti tecnici e tattici.